1 Corinzi 14




1 Corinzi 14 – Lingue, Profezie e Adorazione Pubblica

A. Il contrasto tra le lingue e la profezia.

1. (1) I principi guida.

Desiderate l’amore e cercate ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto che possiate profetizzare.

a. Desiderate l’amore: In 1 Corinzi 13 Paolo, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, ha proclamato brillantemente la preminenza dell’amore. Dunque, essendo l’amore la cosa più grande, dobbiamo desiderarlo.

b. Cercate ardentemente i doni spirituali: Non c’era nulla di sbagliato nel desiderio dei cristiani di Corinto di voler i doni spirituali. Tuttavia, essi trasformarono un buon desiderio in una ricerca ossessiva, quando la ricerca principale dei cristiani dovrebbe essere l’amore.

c. Soprattutto che possiate profetizzare: In 1 Corinzi 12, Paolo ha parlato della profezia e del dono delle lingue solamente nel contesto degli altri doni dello Spirito. Ora, rivolgerà l’attenzione sui doni di profezia e delle lingue e su come questi debbano operare nella vita della chiesa. Ovviamente, nella chiesa dei Corinzi, c’era un’enfasi eccessiva posta sulle lingue e poca attenzione rivolta alla profezia.

d. Che possiate profetizzare: Che cosa significa profetizzare? Molti di coloro che credono che i doni miracolosi non vengano più elargiti da Dio, considerano la profezia come una “predicazione ispirata”, piuttosto che qualcosa di “ispirato” in maniera diretta.

i. Paolo ci dirà molto di più riguardo alla profezia in questo capitolo. Eppure, sappiamo che egli non dice che la profezia è identica alla predicazione, perché c’era un’altra parola in greco antico per “predicazione” (kerusso), e Paolo non l’ha utilizzata.

ii. “La predicazione è essenzialmente l’unione dei doni dell’insegnamento e dell’esortazione, mentre gli elementi principali della profezia sono la predizione e la rivelazione.” (Farnell, citato da Kistemaker)

2. (2-3) La profezia e le lingue si differenziano nel destinatario: a chi sono rivolti.

Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo comprende, ma egli in spirito proferisce misteri. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione.

a. Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio: Con il dono delle lingue, colui che parla si rivolge a Dio, non agli uomini. Ignorare questo principio porta ad una delle più grandi interpretazioni sbagliate di questo dono – ovvero credere che le lingue siano un tipo di comunicazione soprannaturale tra gli uomini stessi, piuttosto che tra l’uomo e Dio.

i. Se fraintendiamo questo, allora fraintendiamo Atti 2 e iniziamo a pensare che i discepoli stessero predicando in lingue alle folle nel giorno di Pentecoste. Invece, essi stavano parlando a Dio e la folla composta da persone provenienti da ogni dove, sentì le loro lodi rivolte al Signore. Atti 2:11 dice, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue! Più avanti, Atti 10:46 descrive quello che le persone sentivano: li udivano parlare in altre lingue e magnificare Dio.

ii. Se fraintendiamo questo, allora fraintendiamo cosa accade realmente quando qualcuno prova ad interpretare una lingua e indirizza il suo messaggio agli uomini. Una vera interpretazione del dono delle lingue sarà indirizzata a Dio, non agli uomini. Si tratterà di una preghiera, di lode, o qualche altro tipo di comunicazione rivolta a Dio.

iii. Se fraintendiamo questo, possiamo essere portati a credere che il dono delle lingue sia solamente l’abilità di parlare altre lingue, e quello che intende Paolo qui è semplicemente la traduzione del sermone nella lingua nativa di chi ascolta. Tuttavia, Dio non ha bisogno che il sermone venga interpretato per Lui.

iv. Se fraintendiamo questo, possiamo usare in modo sbagliato il dono delle lingue, in maniera da attirare inutilmente l’attenzione su di noi. Dio non dà il dono delle lingue per il bene degli altri (sebbene questi ne siano indirettamente edificati), ma solamente per essere utilizzato tra il credente e Dio.

b. Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio: Molti di coloro che credono che i doni siano cessati, hanno difficoltà con questo versetto, perché questa semplice dichiarazione distrugge l’idea che le lingue siano semplicemente un linguaggio umano dato per il beneficio degli uomini. Alcuni addirittura dicono che Paolo qui stia parlando in maniera sarcastica e che stia criticando i cristiani di Corinto per aver usato il dono delle lingue per comunicare con Dio piuttosto che con gli uomini.

i. Paolo usa molto sarcasmo nelle lettere ai Corinzi, ma certamente non qui. Se diciamo che qui l’apostolo intende l’esatto opposto delle sue parole, finiremo per trovarci su un terreno pericoloso. Perché, infatti, non applichiamo lo stesso principio interpretativo (“egli intende l’opposto di quello che sembra stia dicendo”) agli altri passaggi della Scrittura?

c. Poiché nessuno lo comprende: Paolo sapeva che, normalmente, quando qualcuno parlava in lingue, nessun altro poteva comprenderlo. La ragione è semplice: l’intenzione del dono delle lingue è di parlare con Dio non con l’uomo. Dunque, va bene se nessuno lo comprende, perché Dio capisce cosa sta dicendo.

i. L’eccezione per nessuno lo comprende avviene quando le lingue vengono interpretate pubblicamente. Anche allora, non è la lingua stessa ad essere compresa, ma la sua interpretazione.

d. Ma egli in spirito proferisce misteri: Quando le lingue di colui che parla non possono essere comprese, non significa che non sta parlando un linguaggio effettivo, o che sta dicendo cose “a vanvera”; significa che parla in spirito e proferisce misteri.

i. Molti hanno fatto delle analisi linguistiche di persone che parlavano in lingue ed hanno “concluso” che le lingue non erano “reali”, ma solamente un “farfugliare”. È ovvio che non abbiano molto senso per l’orecchio umano perché non sono mai state designate per essere indirizzate all’uomo. Dovremmo, infatti, aspettarci che non abbiano senso perché Paolo ha detto chiaramente, in spirito proferisce misteri.

ii. Tuttavia, questo non vuol dire che tutto il parlare incomprensibile sia veramente il dono delle lingue. Alcuni, non comprendendo il dono, lo imitano, o falsificano, solamente per “dimostrare” qualcosa.

iii. In spiritosi riferisce allo spirito di chi parla o allo Spirito Santo? Potrebbe essere l’uno o l’altro, perché entrambi sono veri. I traduttori della versione della New King James credono si riferisca allo spirito dell’uomo, perché è stata usata una “s” minuscola nella parola spirito.

e. Chi profetizza, invece, parla agli uomini: In contrasto al dono delle lingue, il dono di profezia è diretto agli uomini. Dio parla in maniera soprannaturale (spesso ”naturalmente in maniera soprannaturale”) attraverso le persone per raggiungere altre persone.

f. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione: Non solo il dono di profezia è diretto agli uomini, ma è per natura un messaggio positivo. Spesso, quando viene data una parola “negativa”, non è per niente una parola da Dio, o può esserlo, ma è indirizzata solamente ad un individuo nello specifico e a nessun altro.

i. Edificazione significa “costruire”. È un termine edile, ed indica la nostra “edificazione” nel Signore. Una parola profetica edificherà qualcuno, non lo abbatterà.

ii. Esortazione è incoraggiamento. È come il discorso dell’allenatore negli spogliatoi prima della grande partita, incoraggiando la squadra ad uscire e a giocare così come sono stati preparati. Una parola profetica incoraggerà qualcuno, non lo scoraggerà.

iii. Consolazione non solo dà l’idea di consolare, ma anche di fortificare. Oltre a piangere con chi soffre, avvolge le proprie braccia attorno agli altri e gli dà forza per portare il peso. Una parola profetica fortificherà qualcuno, non lo indebolirà.

3. (4-5) La profezia e le lingue si differenziano nel chi viene edificato.

Chi parla in altra lingua edifica sé stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa. Io vorrei che tutti parlaste in lingue, ma molto più che profetizzaste, perché chi profetizza è superiore a chi parla in lingue a meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione.

a. Chi parla in altra lingua edifica sé stesso: Alcuni hanno interpretato erroneamente queste parole, pensando che Paolo dica questo con un tono critico. Essi credono che Paolo intendesse qualcosa di questo genere: “Voi cristiani di Corinto egoisti! Voi usate le lingue solo per edificare voi stessi, quando dovreste usarle per edificare gli altri!”. Questo è sbagliato. Paolo sta semplicemente attestando la natura del dono delle lingue. Dato che colui che parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio (1 Corinzi 14:2), ne sussegue che questo sia principalmente un dono per l’edificazione personale, e non per quella della chiesa.

b. Chi profetizza edifica la chiesa: Proprio perché la profezia può essere compresa da tutti, una vera parola profetica edifica tutti.

c. Io vorrei che tutti parlaste in lingue: Paolo aveva un atteggiamento positivo verso il dono delle lingue. A causa del tono di questo capitolo, è facile pensare che egli lo disprezzasse. Niente affatto; Paolo dava grande valore al dono delle lingue nella sua propria vita. In 1 Corinzi 14:18, Paolo ha scritto Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti. Questo passaggio dimostra che Paolo desiderava che anche gli altri cristiani parlassero in lingue.

i. Perché Paolo desiderava che tutti parlassero in lingue? Perché ne riconosceva indubbiamente il valore nella sua propria vita. Paolo era in grado – quando nello spirito proferiva misteri – di denudare la sua anima davanti a Dio in un modo che va oltre il linguaggio e l’intelletto umano. Egli poteva pregare, lodare ed intercedere aldilà delle sue abilità di comprendere e comunicare. Paolo voleva che tutti i cristiani sperimentassero questa stessa benedizione.

d. Ma molto più che profetizzaste: Per quanto buono sia il dono delle lingue, secondo Paolo la profezia è di più grande edificazione per la chiesa nel suo insieme. Perché? Perché chi parla in altra lingua edifica sé stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa. L’enfasi è posta qui affinché la chiesa ne riceva edificazione, non solamente l’individuo.

i. Il contesto di Paolo in 1 Corinzi 14 è più focalizzato su quello che i cristiani di Corinto fanno quando si incontrano come chiesa piuttosto che su quello che fanno nella loro vita devozionale individuale. Ci sono determinate cose che possono andare bene per un cristiano nella sua vita devozionale privata che possono, però, risultare disgreganti, fastidiose o autoesaltanti durante un culto. Il dono delle lingue è una di queste. Dato che Paolo si concentra più su quello che avviene quando i cristiani di Corinto si incontrano come chiesa, è chiaro il motivo per cui egli considera superiore il dono di profezia.

ii. Tuttavia, se uno chiedesse a Paolo, “Qual è superiore per la vita devozionale privata: il dono delle lingue o il dono di profezia?” Senza esitare egli direbbe, “il dono delle lingue”, perché a chi profetizzi quando sei da solo con il Signore nella tua stanza di preghiera?

4. (6) Nel suo ministero, Paolo parlava cosicché tutti potessero beneficiarne.

Ma ora, fratelli, se venissi a voi parlando in lingue, che vi gioverei se non vi parlassi per mezzo di rivelazione, o di conoscenza, o di profezia, o di insegnamento?

a. Se venissi a voi parlando in lingue, che vi gioverei: Paolo riconosceva il valore del dono delle lingue per la sua vita privata, perché in 1 Corinzi 14:18 ha scritto Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti. Non era lo stesso, però, in relazione agli altri. Se parlava in lingue pubblicamente, gli altri non potevano comprenderlo, e, di conseguenza, non potevano essere edificati.

b. Se non vi parlassi per mezzo di rivelazione, o di conoscenza, o di profezia, o di insegnamento?Qui Paolo descrive modi differenti attraverso cui può comunicare per edificare gli altri.

i. Rivelazione: Paolo potrebbe riferirsi alla sua consapevolezza di essere ispirato in maniera speciale come apostolo. Probabilmente ci sono stati momenti nei quali egli sapeva con autorità apostolica che le sue parole provenivano direttamente ed infallibilmente da parte di Dio.

ii. Conoscenza: Paolo potrebbe riferirsi alla sua conoscenza, o alla conoscenza soprannaturale data dallo Spirito Santo. In ogni caso, la conoscenza veniva comunicata in un linguaggio comune a tutti, così che tutti potessero giovarne.

iii. Profezia: Paolo sapeva di poter parlare per mezzo dell’ispirazione dello Spirito Santo, il quale guidava e benediceva le sue parole.

iv. Insegnamento: Paolo poteva giovare agli altri anche attraverso la Scrittura stessa, insegnando loro come era solito fare con le chiese che aveva istituito (Atti 15:35, 18:11, 28:31).

5. (7-9) Esempi che dimostrano l’importanza di parlare in maniera tale da giovare agli altri.

Le cose inanimate stesse che emettono un suono, come il flauto e la cetra, se non danno suoni distinti, come si riconoscerà ciò che si suona con il flauto o con la cetra? Se infatti la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? Così anche voi, se con la lingua non proferite un parlare intelligibile, come si comprenderà ciò che è detto? Sarebbe infatti come se voi parlaste all’aria.

a. Se non danno suoni distinti, come si riconoscerà ciò che si suona con il flauto o con la cetra? Gli strumenti musicali devono provvedere la giusta tonalità e il giusto ritmo per poter trasmettere una canzone. Se non lo fanno, non ci sarà alcuna musica disponibile per l’ascoltatore. C’è del suono, che però è incomprensibile. Lo stesso è vero per la tromba che dà un suono sconosciuto. Non giova nulla agli altri.

i. Forse per un bambino è divertente colpire i tasti di un piano, e magari pensa di produrre un bel suono, ma per tutti gli altri non è così. Allo stesso modo, qualcuno che parla con Dio usando il dono delle lingue può essere benedetto, ma nessun altro lo è. Dunque, se qualcuno produce un suono sconosciuto (parlare in lingue a Dio), che lo faccia nel privato, non davanti agli altri.

b. Sarebbe infatti come se voi parlaste all’aria: Parlare in lingue durante un culto non porta beneficio a nessuno; viene semplicemente prodotto un suono, che però non sono parole o idee che toccano le menti o i cuori degli altri.

i. Ascoltare qualcuno parlare in lingue potrebbe soddisfare la nostra curiosità, ma non ci edificherebbe spiritualmente. Magari pensiamo che sia incredibile sentire qualcuno che parla in lingue, ma sarebbe solamente una curiosità e non una edificazione spirituale.

6. (10-11) Tutte le lingue possono essere comprese se si conosce il loro significato.

Vi sono, ad esempio, tante varietà di suoni di lingua nel mondo, e nessuno di essi è senza significato. Se dunque io non comprendo il significato del suono, sarò come uno straniero per chi parla, e chi parla sarà uno straniero per me.

a. Nessuno di essi è senza significato: Il linguaggio in sé è un dono di Dio. Possiamo comunicare con le lingue perché siamo stati creati nell’immagine di Dio.

b. Tante varietà di suoni di lingua nel mondo: I linguisti moderni sanno che l’uomo non avrebbe mai potuto inventare il linguaggio, così come non avrebbe mai potuto inventare il proprio sistema circolatorio. Molti linguisti moderni che rigettano Dio credono che il linguaggio sia così unico che “deve” essere per forza stato parte di un processo evolutivo speciale. Ha molto più senso credere che Dio ha creato l’uomo con questa capacità unica, che rispecchia la Sua immagine.

i. Il linguaggio non può essere il prodotto dei suoni messi insieme dall’uomo. Per esempio, ci sono molti suoni umani universali (come la “pernacchia”), che non fanno parte del linguaggio umano. Se l’uomo avesse inventato il linguaggio da solo, avrebbe senso se quel suono venisse usato per comunicare.

ii. Il linguaggio è così complesso perché le lingue esistono come sistemi a sé, non come piccole parti messe insieme. La maggior parte dei linguisti moderni crede che tutte le lingue derivino da un’unica lingua dalla quale hanno avuto origine.

c. Tante varietà di suoni di lingua nel mondo: Il linguaggio comprensibile è un dono di Dio, e tutte le lingue hanno un significato, e per questo possiamo confidare nel fatto che se parliamo utilizzando il dono delle lingue, Dio ci comprende, anche se nessun altro – incluso noi stessi – può farlo.

7. (12-14) Motivo per cui la natura del dono delle lingue lo rende meno adatto per l’edificazione di tutta la chiesa.

Così anche voi, poiché siete desiderosi di avere doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare, perché, se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa.

a. Cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa: Durante i culti, l’obiettivo deve essere il bene reciproco. Se qualcuno parla in lingue, deve esserci anche l’interpretazione, affinché possa esserci edificazione.

i. Se le lingue sono dirette a Dio, come può l’interpretazione essere di edificazione per gli altri? Allo stesso modo in cui lo è leggere i Salmi. I nostri cuori possono identificarsi in maniera potente con la preghiera, la lode o la supplica di qualcun altro dirette a Dio, e possiamo essere in accordo con quello che qualcun altro sta dicendo al Signore.

b. Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare: Qui, Paolo indica un modo per dare l’interpretazione della lingua, senza necessariamente parlare in lingue ad alta voce. Egli suggerisce a colui che parla in lingue di pregare egli stesso di poter interpretare. Così, il suono sconosciuto di 1 Corinzi 14:8 non ha la necessità di essere reso pubblico, edificando, comunque, tutta la chiesa con l’interpretazione delle lingue.

c. Il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa: Parlare in lingue significa comunicare con Dio su un livello spirituale, andando oltre la nostra mente. La mente non trova alcun beneficio quando parlo in lingue (rimane infruttuosa), ma il mio spirito ben prega.

i. Dicendo il mio spirito ben prega, Paolo enfatizza di nuovo la funzione essenziale del dono delle lingue: comunicare con Dio e non con l’uomo.

ii. Non tutti desiderano questa comunicazione che va al di là della nostra comprensione (mente). Queste persone non vogliono mai relazionarsi con Dio se non attraverso il loro intendimento. Mentre diamo importanza al nostro intelletto e al nostro intendimento e mentre ci dedichiamo ad amare Dio con tutta la nostra mente (Matteo 22:37), dobbiamo anche accettare i limiti del nostro intendimento e ringraziare Dio per averci dato un modo attraverso cui relazionarci a Lui che sorpassa il nostro intelletto.

iii. Se qualcuno è pienamente soddisfatto della propria abilità di relazionarsi a Dio con la propria mente, allora questo non ha bisogno del dono delle lingue. Tuttavia, se inizia a desiderare di voler relazionarsi a Dio andando oltre la propria capacità di comprensione, allora dovrebbe iniziare a chiedere a Dio il dono delle lingue.

iv. Se la mente rimane infruttuosa, allora come può qualcuno effettivamente parlare in lingue? L’esperienza di ognuno varia da persona a persona, ma generalmente, possiamo fare le nostre osservazioni.

· Dio non “prende il sopravvento” quando apriamo semplicemente la bocca.

· Dio non “prende il sopravvento” quando iniziamo a muovere la lingua.

· Dio non “prende il sopravvento” quando ci viene detto di ripetere una parola senza senso o una frase sempre più velocemente.

v. In realtà, il dono delle lingue funziona più o meno nello stesso modo delle lingue che tutti noi già comprendiamo. Una parola o un suono ci viene in mente e noi gli diamo voce. Con il dono delle lingue, colui che parla ripete ad alta voce ciò che semplicemente gli viene in mente, confidando nel fatto che sia Dio ad ispirarlo e che Egli comprenda ciò che viene detto e che ciò che si dice in quel momento nello Spirito si adatta perfettamente a quel momento.

vi. È possibile che qualcuno, mentre parla in lingue, possa inconsapevolmente pronunciare le bestemmie peggiori? No, non è possibile. Paolo ha cominciato questa sezione sui doni spirituali con il seguente principio: Perciò vi faccio sapere che nessuno, parlando per lo Spirito di Dio, dice: «Gesù è anatema» (1 Corinzi 12:3). Inoltre, Gesù ci ricorda: Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa. E chi è tra voi quel padre che, se il figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra? O se gli chiede un pesce gli dà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli dà uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (Luca 11:10-13). Non dobbiamo temere di trovare Satana quando cerchiamo Dio con tutto il nostro cuore.

vii. Possiamo, inoltre, ricordare anche un altro principio generale che riguarda i doni dello Spirito Santo: Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti (1 Corinzi 14:32). Lo Spirito Santo non ci fa fare cose strane o bizzarre. Egli non costringerà mai nessuno a gridare in lingue o a parlare in lingue in un modo strano, sebbene possano farlo di propria spontanea iniziativa. Tuttavia, non dovrebbero mai ritenere lo Spirito Santo responsabile di ciò che essi stessi hanno aggiunto.

8. (15-19) Il risultato: quando usare e quando non usare il dono delle lingue.

Che si deve dunque fare? Pregherò con lo spirito, ma lo farò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente. Tuttavia, se tu lodi Dio con lo spirito, colui che occupa il posto del profano, come dirà “amen” al tuo ringraziamento, poiché egli non comprende ciò che tu dici? Infatti, tu puoi anche rendere un bel ringraziamento, ma l’altro non è edificato. Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti. Ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole in altra lingua.

a. Pregherò con lo spirito, ma lo farò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente: Paolo usa il dono delle lingue molto spesso, sia nella preghiera che nel canto. Ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza… piuttosto che diecimila parole in altra lingua. Pertanto, Paolo usa il dono delle lingue nella sua vita devozionale con il Signore.

i. Paolo qui fa riferimento a come possiamo cantare con lo spirito. Dio può darci la libertà di esercitare il dono delle lingue in maniera melodica, così da fluire con l’adorazione. Tuttavia, basandoci sui principi che troviamo in questo capitolo, se questo avviene, non dovrebbe mai essere fatto in maniera tale da attirare l’attenzione su sé stessi o distrarre gli altri.

b. Tuttavia, se tu lodi Dio con lo spirito, colui che occupa il posto del profano, come dirà “amen” al tuo ringraziamento: Se nessuno può comprendere la mia benedizione rivolta al Signore, se nessuno comprende i miei ringraziamenti, nessuno può dire “Amen” insieme a me. Quando sono radunato insieme ad altri credenti, non posso fare ciò che voglio e dire, “Beh, io sono benedetto”. Devo considerare anche gli altri.

i. Apparentemente, era usanza nella chiesa dire “Amen” quando qualcun altro pregava, e forse durante l’esposizione di un messaggio. “Nei tempi antichi, era molto frequente esprimere la propria approvazione nelle assemblee pubbliche con Amen. Questa pratica, trattata con serietà e santità, può ancora essere di grande utilità per la Chiesa di Cristo.” (Clarke)

ii. Secondo Clarke, alcuni antichi ebrei pensavano fosse molto importante dire “Amen”, fino al punto tale di “aver promesso la remissione dei peccati, l’annichilimento della sentenza di dannazione, l’apertura delle porte del paradiso a coloro che dicono Amen con fervore.”

iii. Di certo non c’è nulla di sbagliato oggi nel dire “Amen” nella congregazione, a patto che tutti vengano benedetti, e non solamente colui che lo dice.

c. Tu puoi anche rendere un bel ringraziamento, ma l’altro non è edificato: Paolo continua ad essere coerente ponendo l’enfasi sul fatto che le lingue siano dirette a Dio. Soltanto in questo passaggio, egli sottolinea cosa faccia col dono delle lingue: preghiamo, cantiamo, lodiamo e rendiamo grazie. Tutte queste cose non sono rivolte verso l’uomo, ma verso Dio, attraverso il dono delle lingue.

d. Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue più di voi tutti: Con questo vediamo il grande valore che Paolo dava al dono delle lingue nella sua vita devozionale con il Signore: Eppure, quando si riuniva con altri cristiani, la sua preoccupazione era quella di essere una benedizione, non come ottenerla per sé stesso

9. (20-25) Il dono delle lingue e i non credenti che partecipano ai culti.

Fratelli, non siate bambini di senno, ma siate bambini in malizia e uomini compiuti in senno. Sta scritto nella legge:

«Io parlerò a questo popolo
In lingue straniere e con labbra straniere,
Ma neppure così mi ascolteranno»,

Dice il Signore. Pertanto, le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti. Se dunque, quando tutta la chiesa è riunita insieme, tutti parlano in lingue ed entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno? Ma se tutti profetizzano ed entra un non credente, egli è convinto da tutti, è giudicato da tutti. In questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati e così, gettandosi con la faccia a terra, adorerà Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi.

a. Non siate bambini di senno: Con il loro desiderio egoistico di edificare sé stessi durante i culti alle spese degli altri, i Corinzi si dimostrano dei bambini, egoisticamente immaturi. Paolo gli indica una chiamata più elevata.

b. Sta scritto nella legge: Qui Paolo cita Isaia 28:11-12. In Isaia 28, il profeta annuncia il giudizio sul popolo di Israele. Essi non ricevettero la parola dei profeti pronunciata in ebraico; quindi, ora avrebbero udito una voce in lingue straniere e con labbra straniere. Gli invasori Assiri parlavano una lingua che gli israeliti non comprendevano, e questo fu un esempio di giudizio per gli israeliti. “«Ma neppure così mi ascolteranno», dice il Signore”.

c. Le lingue sono un segno: Nel passaggio in Isaia 28, le lingue erano un segno di giudizio sugli Israeliti. Gli stranieri che parlavano lingue sconosciute erano coloro che invadevano il loro paese. Paolo sta dicendo che anche oggi le lingue sono un segno.

i. In Isaia 28, le lingue straniere non erano una benedizione, ma una maledizione. Paolo dà questo avvertimento, “State attenti che questo non sia il caso oggi: ovvero, che focalizzandovi sul dono, vi dimentichiate di Colui che lo elargisce, e ciò che è stato destinato ad essere una benedizione, non si dimostri per voi una maledizione… o che Dio maledica le vostre benedizioni.” (Clarke)

d. Non per i credenti, ma per i non credenti, mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti: Qui, la lettura del testo presenta uno dei passaggi più difficili del Nuovo Testamento. Ad una prima lettura del testo, vediamo che Paolo sta dicendo chiaramente che le lingue sono un segno per i non credenti, e che la profezia è un segno per i credenti.

i. Il problema giunge quando vediamo ciò che Paolo dice in 1 Corinzi 14:23-25. Prima di tutto, vediamo che se i non credenti ascoltano qualcuno parlare in lingue durante il culto, non saranno benedetti, ma diranno che voi siete fuori di senno. In secondo luogo, se un non credente sente una profezia e viene compunto nel suo cuore, la sua reazione sarà quella di adorare Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi. Quindi, in 1 Corinzi 14:23-25, sembra che Paolo stia dicendo che le lingue non sono di beneficio quando ministriamo ai non credenti, mentre la profezia lo è. Dunque, in che modo le lingue sono un segno per i non credenti, e la profezia è, invece, un segno migliore per i credenti? Sembra esserci una contraddizione tra 1 Corinzi 14:22 e 1 Corinzi 14:23-25.

ii. Forse Paolo intende dire che le lingue sono effettivamente un segno per i non credenti, ma non un buon segno. Esse sono un segno di giudizio, così come la lingua sconosciuta degli Assiri ai tempi di Isaia. In questo senso, le lingue sono un segno per i non credenti, ma è un segno che li condanna perché considerano fuori di senno coloro che le parlano.

iii. Altri credono che il vero problema riguardi in realtà un errore di copiatura di questo verso durante i primi anni della storia della Bibbia. Per esempio, il rispettabile traduttore J.B. Phillips, crede che uno scriba abbia invertito l’ordine delle parole di Paolo in 1 Corinzi 14:22, e che il versetto dovrebbe essere: Questo significa che le lingue sono un segno della potenza di Dio, non per coloro che non credono ma per coloro che credono. La predicazione della Parola di Dio, dall’altra parte, è un segno della potenza di Dio per coloro che non credono piuttosto che per quelli che credono. È importante notare che Phillips non sta dicendo che sia stato lo Spirito Santo a commettere un errore, ma ciò che lo Spirito Santo ha ispirato è stato copiato in maniera sbagliata.

e. Un buon principio che riguarda la comprensione della Bibbia è quello di interpretare ciò che è difficile da comprendere alla luce di ciò che è più semplice. 1 Corinzi 14:23-25 sembra più facile da capire perché è chiaro vedere come un non credente possa pensare che un cristiano che parla in lingue sia fuori di senno. È anche chiaro come la profezia possa convincere il cuore di un non credente, portandolo a ravvedersi, e ad adorare Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi. Dunque, mentre non comprendiamo esattamente ciò che Paolo vuole dire con le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti, sappiamo che egli non sta dicendo che le lingue “ministrano” o edificano i non credenti. Il dono delle lingue non fa nulla per portare il non credente più vicino a Dio; potrebbe, in realtà, farli allontanare da Lui.

i. Capiamo anche che questo non è lo scopo primario del dono delle lingue. Non è inteso da Dio per essere principalmente un segno per i non credenti. Anche presumendo che questo sia ciò che Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, abbia scritto originariamente, egli ha tanto altro da dire riguardo al ruolo che le lingue ricoprono nella comunicazione personale con Dio. Forse Paolo intende qualcosa del genere: “Se insistete nel parlare in lingue durante i vostri culti, piuttosto che nella vostra vita di preghiera privata, l’unico bene che ne verrà sarà quello di essere un segno di giudizio per i non credenti. Il fatto di credere che siete fuori di senno quando vi sentono parlare in altre lingue, dimostra semplicemente che non hanno alcun senso delle cose di Dio e sono diretti verso il giudizio. Sarebbe meglio se enfatizzaste la profezia al di sopra delle lingue, cosicché tutti possano essere benedetti, sia il credente che il non credente”.

f. In questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati: Questo può avvenire tramite il dono di profezia: o attraverso una chiara parola profetica, o per mezzo di una parola profetica “nascosta” nel messaggio di un insegnante o un predicatore. Molti vengono compunti dallo Spirito Santo in questo modo.

B. L’applicazione di questi principi all’adorazione collettiva.

1. (26) Un principio generale per guidare gli incontri in chiesa: si faccia ogni cosa per l’edificazione.

Che conviene dunque fare, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi parole in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione.

a. Quando vi riunite: Come già ha fatto precedentemente in questo capitolo, Paolo scrive riguardo alla condotta dei cristiani di Corinto quando si riuniscono per avere comunione l’uno con l’altro e per la Parola.

b. Avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi parole in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione: Paolo vede il culto come un tempo nel quale le persone vengono per essere attive e dare gli uni agli altri, non semplicemente per ricevere in maniera passiva.

i. Possiamo facilmente immaginare come questa dinamica avveniva tra i cristiani di Corinto. Essi, per necessità, si incontravano in piccoli gruppi in diverse case. C’erano diverse piccole chiese diffuse in tutta la città di Corinto. Incontrandosi in questi piccoli gruppi, c’era la libertà ma anche la responsabilità di non solo ricevere, ma anche dare. Quindi, qualcuno poteva leggere o cantare un salmo. Un altro poteva offrire una parola di insegnamento. Un altro poteva pregare in altra lingua, insieme all’interpretazione. Un altro ancora poteva avere una rivelazione, una parola dal cuore e dalla mente di Dio per la chiesa. Questo è quello che dovrebbe avvenire nel contesto della chiesa che si incontra in piccoli gruppi.

ii. Quando il numero delle persone radunate aumenta, questa condivisione diviene più difficile. Dieci persone possono condividere facilmente tra di loro. Ma per trenta, sessanta o cento persone, non c’è tempo a sufficienza affinché tutti riescano a dire qualcosa. Inoltre, in gruppi di persone più numerosi, è più facile voler cercare di attirare l’attenzione su sé stessi. La stessa cosa può succedere anche tra dieci persone, ma quanto di più è probabile che avvenga tra cento persone! Per questo motivo molti sono benedetti e sperimentano grande crescita spirituale in gruppi più piccoli, perché è più facile per tutti condividere con gli altri. Questa stessa fame ha fatto sì che queste “cellule” aumentassero, soprattutto nella nostra generazione.

iii. Al tempo stesso, questo approccio nasconde delle possibili insidie. È facile per quelle persone che non hanno una buona dottrina o un carattere debole di predominare nel gruppo. Per il gruppo è facile focalizzarsi su come uno “percepisce” la Parola, piuttosto che sulla verità stessa della Parola. Una volta Spurgeon descrisse il momento nel quale un uomo chiese al suo amico, il quale stava tornando da un incontro del genere, “Com’è andato l’incontro?”. “Oh, è stato bellissimo. Nessuno sapeva niente e ci siamo ammaestrati a vicenda”.

iv. Certo è che, per quanto riguarda la questione delle “cellule” o delle “mega-chiese”, non c’è veramente “giusto” o “sbagliato”. Dio ha usato entrambe, usa entrambe ancora e continuerà a farlo. Entrambe sono essenziali e necessarie per il benessere e la forza di tutto il corpo di Cristo oggi.

v. Allo stesso modo, quella stessa condivisione può avvenire anche nelle chiese più grandi. Però, piuttosto che condividere qualcosa con tutti, si condivide qualcosa con qualcuno. Questo atteggiamento dice, “Sto andando in chiesa, ma non solamente per ricevere una benedizione. Sto andando in chiesa anche per benedire qualcuno, e prego che Dio mi dia l’opportunità di farlo oggi”. Questa mentalità può trasformare i quindici minuti prima e i trenta minuti dopo il culto, in una delle migliori e più entusiasmanti opportunità ministeriali. È sbagliato pensare che se non siamo sul pulpito, allora non possiamo ministrare a nessuno. Piuttosto, dovremmo cercare l’opportunità per pregare con le persone, incoraggiarle, aiutarle, salutarle, amarle ogni volta che vengono in chiesa.

c. Si faccia ogni cosa per l’edificazione: L’obiettivo di radunarsi insieme come una chiesa non è quello di divertirsi, e nemmeno quello di “accontentarsi” di una “benedizione”. Ci riuniamo per l’edificazione spirituale di cui abbiamo bisogno per condurre vite che glorificano Gesù Cristo al di fuori delle quattro mura della chiesa. Come Paolo ha detto in Efesini 4:12, l’obiettivo è il perfezionamento dei santi, l’opera del ministero e l’edificazione del corpo di Cristo. Le nostre vite cristiane vengono vissute all’esterno, e quando ci raduniamo insieme come chiesa, veniamo fortificati, edificati ed equipaggiati.

i. Si faccia ogni cosa per l’edificazione è rivolto anche verso gli altri. Non significa, “si faccia ogni cosa per la mia edificazione”, ma “ognuno venga in chiesa con il desiderio di edificare qualcun altro.”

ii. “L’auto condiscendenza spirituale è un male mostruoso; eppure, lo vediamo ovunque. Questi fannulloni vogliono essere ben nutriti. Essi ricercano quei sermoni che possano sfamare le loro anime. A queste persone non passa minimamente per la testa che c’è altro oltre al solo mangiare.” (Spurgeon)

2. (27-28) Istruzioni riguardo all’utilizzo delle lingue in pubblico.

Se uno parla in altra lingua, si faccia questo da due o tre al più, e l’un dopo l’altro, e uno interpreti. Ma se non vi è chi interpreti, si taccia nella chiesa chi parla in altra lingua, ma parli a sé stesso e a Dio.

a. Se uno parla in altra lingua: Ovviamente, Paolo non proibisce il parlare in lingue durante il culto, anche se dobbiamo tenere a mente che l’apostolo parla nel contesto delle cellule. Egli non lo proibisce, perché se c’è un’interpretazione, allora può esserci anche una benedizione per gli altri. Tuttavia, anche se non lo proibisce, egli non lo incoraggia.

b. Dunque, il dono delle lingue nel contesto della chiesa deve essere disciplinato attentamente.

· Da due o tre al più: Se devi parlare in lingue durante il culto, fallo con moderazione. Non focalizzarti sulle lingue.

· L’un dopo l’altro: Nella congregazione, bisogna parlare in lingue uno alla volta.

· E uno interpreti: Se non c’è l’interpretazione, nessuno parli in lingue – nemmeno due o tre al più o l’un dopo l’altro.

i. È sbagliato parlare in lingue durante un culto e non osservare queste linee guida scritturali. Anche se la motivazione e l’atteggiamento sono giusti, è comunque sbagliato, perché va contro il chiaro insegnamento della Bibbia.

ii. In che modo alcune chiese giustificano il parlare in lingue contemporaneamente, ad alta voce e mettendosi in mostra? Molti fanno una falsa distinzione tra il parlare in lingue ed usare un linguaggio di preghiera. Dicono che Paolo dà istruzioni circa il parlare in lingue, ma non dice nulla riguardo a questo linguaggio di preghiera. Questa è una falsa distinzione, ed una scusa per non obbedire alle Scritture.

iii. Cosa possiamo dire riguardo a quelle occasioni nelle quali sembra che molte persone parlarono in lingue nello stesso momento, senza alcuna interpretazione, come nel giorno di Pentecoste in Atti 2? Potremmo dire che nel loro entusiasmo e zelo, essi andarono oltre l’ordine Scritturale. Non fu provocato alcun danno, sebbene in Atti 2 i non credenti pensavano che i credenti che parlavano in lingue fossero ubriachi. Non dobbiamo mai avere paura di un piccolo eccesso occasionale, il quale può essere sempre ricondotto all’ordine Scritturale. Se abbiamo paura, non saremo mai in grado di essere guidati nella libertà dallo Spirito Santo, ma saremo piuttosto simili ad un corpo morto. In un certo senso è “sicuro”, ma non c’è vita.

c. Ma se non vi è chi interpreti, si taccia nella chiesa: Paolo qui rende chiaro che il dono delle lingue è sottoposto alla persona che possiede tale dono. Essi non sono “mossi” dallo Spirito Santo a gridare in lingue. Se non vi è chi interpreti, colui che parla in lingue è perfettamente in grado di tacere nella chiesa.

i. Si taccia nella chiesa ci ricorda, inoltre, che Paolo si riferisce al dono delle lingue nel contesto del culto, non alla vita devozionale personale.

d. Ma parli a sé stesso e a Dio: In un certo senso, il problema non è se una persona può parlare in lingue oppure no durante il culto. Il problema è se può parlare in lingue pubblicamente durante il culto. Egli è libero di parlare in lingue a sé stesso e a Dio.

i. Dio ci ricorda nuovamente a chi sono rivolte le lingue: a Dio, e non all’uomo. Sebbene le lingue siano un segno per gli uomini (1 Corinzi 14:22), non vuol dire che siano indirizzate agli uomini e che siano destinate principalmente agli uomini. Quando qualcuno parla in lingue, parla a Dio.

3. (29-33) Anche la profezia deve essere condotta con ordine.

Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino. Ma se è rivelata qualcosa ad uno che è seduto, si taccia il precedente. Tutti, infatti, ad uno ad uno, potete profetizzare affinché tutti imparino e tutti siano incoraggiati. Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace, e così si fa in tutte le chiese dei santi.

a. Parlino due o tre profeti: Così come il dono delle lingue deve seguire delle linee guide durante i culti, lo stesso vale per il dono di profezia. Il culto non dovrebbe essere interamente dedicato dalla profezia, ma solamente due o tre dovrebbero parlare durante la riunione.

i. Sebbene Paolo sia più propenso all’uso del dono di profezia che al dono delle lingue durante il culto, egli comunque crede che il dono di profezia debba seguire un ordine. I doni dello Spirito non devono mai diventare il centro dell’attenzione della vita della comunità. L’adorazione e la Parola sono il fulcro, e i doni seguono la direzione di Dio in relazione all’adorazione e alla Parola.

b. E gli altri giudichino: Anche quando i profeti parlano, gli altri devono giudicare. Nessuna “parola dal Signore” dovrebbe essere ricevuta senza un’attenta valutazione della leadership della chiesa presente all’incontro. Come Giovanni ha detto in 1 Giovanni 4:1, Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono sorti nel mondo.

i. Paolo ha infatti scritto in Galati 1:8, Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Anche se un angelo dal cielo venisse con un messaggio, anche questo dovrebbe essere provato e giudicato.

ii. Quali sono gli standard secondo i quali una profezia dovrebbe essere giudicata? Prima di tutto, dovrebbe essere giudicata secondo la Parola stabile e rivelata di Dio. Egli non contraddice mai Sé Stesso. Inoltre, Egli non elargisce più la stessa capacità di udire perfettamente la Sua voce che diede ai profeti e agli apostoli che scrissero il Nuovo Testamento e stabilirono le fondamenta della chiesa (Efesini 2:20). È sbagliato presumere che ci sia qualcuno che possa sentire Dio perfettamente, così come è altrettanto sbagliato porre troppa fiducia e fede in una profezia. Probabilmente è un’idea sbagliata quella di registrarle e meditare su di esse. Ringrazia Dio per l’edificazione, l’esortazione e la consolazione che vengono attraverso la profezia (1 Corinzi 14:3), ma non lasciare che questa eclissi la Parola eterna di Dio.

iii. Tom Stipe, nella prefazione del libro Counterfeit Revival (Il Falso Risveglio), parla del problema della profezia che offusca la Parola:

Soltanto dopo un paio di anni, i profeti sembravano parlare con tutti di tutto. Centinaia di… membri ricevettero il ‘dono’ di profezia ed iniziarono ad esercitarlo sia tra i leader che tra i fedeli. Le persone iniziarono a portarsi dietro piccoli quaderni pieni di predizioni che avevano ricevuto dai profeti e dai veggenti. Accorrevano alle conferenze profetiche che ormai avevano preso piede ovunque. Quelle stesse persone che portavano con sé quel piccolo quaderno si affrettavano alle riunioni nella speranza di essere scelte per ricevere altre profezie da aggiungere ai loro diari profetici…

Poco dopo che ‘la profezia del giorno’ era diventata la fonte primaria dalla quale ricevere direzione, una lunga fila di credenti sconvolti iniziò a formarsi fuori dai nostri uffici di consulenza pastorale. Molti giovani, a cui era stato promesso successo e fama attraverso varie profezie, si trovavano ora a raccogliere i pezzi delle loro speranze infrante perché apparentemente Dio aveva cambiato idea circa le Sue promesse. I leader furono sommersi da membri arrabbiati, i quali avevano ricevuto profezie riguardo ai grandi ministeri che avrebbero avuto, ma che non furono riconosciuti dai leader della chiesa locale, i quali non avrebbero ‘agevolato’ la loro ‘nuova unzione’.

Dopo una dieta costante a base di profezia, alcune persone divennero ignoranti biblicamente molto velocemente, scegliendo uno stile di vita cristiano del tipo ‘seleziona ora un profeta’ piuttosto che una vita basata sullo studio della Parola di Dio. Molti vennero abbandonati ad una vita che passava da una ‘dose’ profetica all’altra, e con le loro speranze sempre in pericolo di essere distrutte perché la voce di Dio era così specifica nella parola data, ma molto elusiva nel suo adempimento. Avere il numero di telefono di un profeta era come avere accesso ad un deposito di consigli preziosi. I piccoli quaderni rimpiazzarono le Bibbie, divenendo il materiale di lettura preferito durante i culti.

iv. C’è un altro standard secondo cui giudicare una profezia: l’approvazione. 2 Corinzi 13:1 dichiara un principio che viene ripetuto almeno sei volte nella Bibbia: Ogni parola sarà confermata per la bocca di due o tre testimoni. Dio confermerà la Sua Parola nel cuore della leadership presente all’incontro. Dunque, una “profezia” può essere giudicata come non proveniente da Dio non perché contraddice le Scritture, ma semplicemente perché la leadership ha giudicato che quella non fosse la parola che il Signore aveva per la congregazione in quel momento.

v. Cosa dovrebbe accadere quando qualcuno dà una profezia che però viene giudicata come una parola che non viene da Dio? Considerando l’ambiente nel quale molti culti vengono svolti, la leadership della chiesa dovrebbe dire con delicatezza che non rende testimonianza a quella parola. E, la persona, dando per scontato che abbia buone intenzioni, non dovrebbe mai essere marchiata come un “falso profeta” o un pericolo. Forse ha semplicemente preso quello che era indirizzata a lei come individuo, o a qualcun altro, e l’ha applicata a tutto il gruppo. Oppure, forse non ha detto tutto ciò che Dio voleva dicesse, o ha aggiunto qualcosa che ha cambiato sostanzialmente il messaggio. Se una persona ha buone intenzioni, questa deve essere incoraggiata a continuare a fare passi di fede e credere che Dio voglia usarla. Ovviamente, se una persona non ha buone intenzioni o pronuncia sempre profezie errate, deve essere affrontata.

vi. Tuttavia, usato nel modo giusto, il dono di profezia può essere di grande benedizione per la chiesa. Non solo opererà spontaneamente attraverso la predicazione, ma anche attraverso i membri della chiesa. Alla fine del secondo secolo e all’inizio del terzo, uno dei primi leader della chiesa, Tertulliano (160-215) descrisse come funzionavano i culti all’epoca:

Vi è tra di noi una sorella che ha ricevuto per grazia il dono di profezia, il quale essa riceve nello Spirito durante le funzioni sacre della chiesa nel Giorno del Signore: essa parla con gli angeli, e qualche volta anche con il Signore; essa vede e ode cose misteriose; conosce il cuore di alcuni uomini, e distribuisce aiuto a coloro che sono nel bisogno. Sia che avvenga attraverso la lettura della Scrittura, o il canto dei salmi, o attraverso la predicazione di sermoni, o nell’innalzare una preghiera, le viene concessa l’opportunità di vedere visioni… Finite le funzioni sacre e licenziata la folla, è sua abitudine venire da noi per comunicarci tutte le cose che ha visto nella sua visione; tutte le sue comunicazioni vengono esaminate in maniera assolutamente scrupolosa, affinché la loro veridicità venga provata… l’apostolo aveva predetto senza dubbio (1 Corinzi 12:1-11) che dovevano esserci doni Spirituali nella Chiesa. (Tertulliano, “La Testimonianza dell’Anima”, capitolo 9 – Ante Niceno Fathers, Volume III, pagina 188)

vii. Questo testo di Tertulliano sembra descrivere l’utilizzo dei doni spirituali, il quale è sia dinamico che equilibrato biblicamente. Vediamo un individuo che profetizza. La donna sente la voce del Signore, ha visioni e parla parole di conoscenza e incoraggiamento. Una cosa in particolare da notare è che le sue “rivelazioni” non vengono pronunciate ad alta voce durante il culto, ma vengono umilmente portate davanti alla leadership della chiesa dopo che la riunione è finita. La leadership della chiesa non riceve le sue parole in maniera incredula, ma le giudica con saggezza e discrezione. Dio può ancora parlare in questo modo.

c. Si taccia il precedente. Tutti, infatti, ad uno ad uno, potete profetizzare… Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti: Paolo qui rende chiaro che nessuno viene “sopraffatto” dalla profezia. Colui che ha il dono, ha sempre il controllo del suo utilizzo, anche quando lo Spirito Santo si muove su di lui. Lo Spirito Santo non prende il controllo nello stesso modo in cui un demone prende possesso di un corpo nella possessione demoniaca.

i. Come spieghiamo le azioni di coloro che gridano, si dimenano, saltano o si comportano in modo bizzarro, quando – presumibilmente – sono sotto l’ispirazione dello Spirito Santo? Spesso, in realtà, questi resistono allo Spirito Santo, causando stress, il quale trova una valvola di sfogo con questi strani comportamenti.

d. Affinché tutti imparino e tutti siano incoraggiati: Questo è l’obiettivo. I doni sono semplicemente degli strumenti per raggiungere questo scopo. Il fine non è mai quello di esercitare il dono delle lingue o di profezia durante il culto. Puoi avere centinaia di lingue o centinaia di profezie, ma se nessuno impara o viene incoraggiato, è tutto inutile. E se Dio sceglie di insegnare ed incoraggiare aldilà del dono di profezia o delle lingue, questo spetta a Lui. Il successo di un culto non viene giudicato dalla presenza dei doni delle lingue o di profezia, ma dall’ammaestramento, incoraggiamento, edificazione e equipaggiamento del popolo di Dio.

e. Dio non è un Dio di confusione: Se durante il culto c’è confusione o disordine, non dipende da Dio. Egli può operare in modi che non comprendiamo e fare cose che possono sembrarci strane o imprevedibili, ma il clima generale non sarà di confusione o stranezza.

i. Alcuni, per giustificare le pratiche bizzarre e non bibliche presenti durante i culti, hanno dichiarato il seguente principio spirituale: “Dio non può raggiungere il cuore senza offendere la mente”. Questa è un’assurdità non biblica. Ciò porta ad assumere una mentalità dove più una cosa è confusa, assurda e strana, più proviene da Dio. Ciò è totalmente diverso dall’insegnamento di Paolo che vediamo qui!

4. (34-35) Le donne non dovrebbero giudicare le profezie o disturbare durante gli incontri.

Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa.

a. Tacciano le vostre donne nelle chiese: Paolo ha già stabilito il diritto delle donne di pregare o profetizzare pubblicamente (come dichiarato in 1 Corinzi 11:1-16). Qui, egli probabilmente intende dire che le donne non hanno il diritto di giudicare le profezie, perché ciò è riservato alla leadership maschile della chiesa.

i. Piuttosto che giudicare la profezia, le donne dovrebbero essere sottomesse al giudizio dato dalla leadership della chiesa riguardo alle parole profetiche.

b. Se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa: Nel mondo antico, così come in alcune culture moderne, le donne e gli uomini si sedevano in gruppi differenti in chiesa. Tra i cristiani a Corinto, sembrava esserci un problema con le donne che chiacchieravano o disturbavano durante i culti facendo delle domande. Paolo sta dicendo, “Non interrompete il culto. Fate le vostre domande a casa.”

i. Nelle sinagoghe ebraiche, gli uomini e le donne si sedevano separati. Se una donna chiacchierava o chiamava suo marito che era seduto lontano, essa veniva trattata duramente. La chiesa di Corinto aveva adottato lo stesso tipo di disposizione logistica, ma avendo molte donne di origine gentile, non sapevano come comportarsi durante il culto. Per questo motivo, ora Paolo li istruisce al riguardo.

c. Perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa: Di nuovo, proprio perché Paolo aveva già confermato il diritto delle donne di pregare e profetizzare sottomesse alla giusta autorità in 1 Corinzi 11:1-16, il contesto suggerisce che parlare si riferisce o al giudicare le profezie (cosa che la leadership della chiesa deve fare) o al troppo chiacchierare.

i. Alan Redpath evidenzia che Paolo utilizza l’antico verbo greco laleo, che significa “parlare, domandare, discutere, professare o chiacchierare”. Redpath dice, “Non ha nulla a che vedere con la profezia o la preghiera; pertanto, non si riferisce a quel tipo di parlare in pubblico.”

5. (36-38) Paolo rinforza la sua autorità in queste questioni.

È la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli? Se uno si stima essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che vi scrivo sono comandamenti del Signore. E se uno lo vuole ignorare, lo ignori.

a. È la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli? Paolo si chiede se alcuni dei cristiani di Corinto vogliano contendere con lui circa queste cose. In tal caso, Paolo non lo permetterà. La Parola di Dio non è proceduta dai cristiani di Corinto; essa giunse a loro tramite Paolo. Essi devono sedersi, ascoltare ed avere un atteggiamento ammaestrabile, piuttosto che contendere con l’apostolo Paolo.

b. Se uno si stima essere profeta o spirituale: Possiamo immaginare alcuni dei cristiani di Corinto alzarsi durante il culto con una “parola da parte del Signore” e dire, “Paolo ha completamente torto!”. Paolo li avverte dicendo che se qualcuno è veramente un profeta o è spirituale, allora sarà d’accordo con Paolo.

i. Alcune persone credono che essere veramente spirituali significa non essere obbligati ad obbedire a quello che la Parola di Dio ha da dire circa questi argomenti. Pensano di essere talmente spirituali che le regole non valgono per loro. Tuttavia, se siamo realmente spirituali, ci atterremo alla Parola di Dio e non andremo “oltre”.

c. E se uno lo vuole ignorare, lo ignori: Paolo, in parole povere, descrive il modo in cui vede quei cristiani di Corinto che vogliono contendere con lui su questi argomenti; ignoranti.

6. (39-40) Un riassunto appropriato del capitolo.

Perciò, fratelli miei, cercate ardentemente il profetizzare e non impedite di parlare in lingue. Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine.

a. Cercate ardentemente il profetizzare: Quando veniamo insieme come chiesa, è molto meglio essere di benedizione per qualcun altro; perciò, la profezia è più utile del parlare in lingue.

b. Non impedite di parlare in lingue: Sebbene Paolo regolamenti attentamente e scoraggi l’uso del dono delle lingue in chiesa, egli non lo impedisce. Contemporaneamente ne incoraggia grandemente l’utilizzo nella propria vita di preghiera personale.

i. Il dono delle lingue non deve essere disprezzato. Ha un ruolo importante soprattutto nella vita devozionale personale. Tuttavia, la chiesa, quando radunata insieme, dovrebbe enfatizzare la profezia e la benedizione reciproca.

c. Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine: Dio è un Dio di ordine e di pace, ed Egli vuole ordine nella chiesa quando si raduna insieme. Quando si pone un’enfasi non biblica sui doni dello Spirito, la vera opera dello Spirito Santo viene screditata, e spesso questo porta le persone a rinnegare i doni perché vedono un eccesso non biblico.

i. “Quante volte l’opera di Dio viene macchiata e screditata dalla stoltezza degli uomini! Poiché la natura, così come Satana, cercheranno sempre di mescolarsi all’opera genuina dello Spirito, per screditarla e distruggerla”. (Clarke)

d. Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine: Tuttavia, l’ordine dovrebbe essere sempre quello dei vivi e non dei morti! Alcuni hanno sviluppato un’atmosfera cupa e deprimente tra i cristiani in nome di Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine.

i. “Perché, fratelli, la vera lode fa risuonare il cuore e alza le sue bandiere. Non alzate le vostre bandiere a mezz’asta quando lodate Dio; no, mostrate tutti i colori, sbandierate ogni stendardo nella brezza, e lasciate che tutte le facoltà e passioni del vostro spirito esultino e gioiscano in Dio il vostro Salvatore. Essi gioirono. Per qualche motivo abbiamo estremamente paura di essere troppo felici. Alcuni cristiani ritengono che la gioia sia una follia troppo pericolosa, se non un difetto dannoso.” (Spurgeon)

ii. “Il decoro si oppone fortemente alla lode a volte innalzata dai primi Metodisti; le loro grida e i loro alleluia vengono considerati scioccanti da alcune menti delicate. Io, tuttavia, non li condanno, che talora io non venga annoverato tra i Farisei, i quali dicevano, “Maestro, sgrida i tuoi discepoli”. Vorrei che più persone fossero zelanti e veementi tanto quanto lo erano i Metodisti un tempo. Ai tempi del Signore, vediamo che le persone esprimevano la gioia che sentivano; non sono sicuro se veniva espressa nel modo più armonioso, ma, ad ogni modo, veniva espressa con un grido forte dal cuore.” (Spurgeon)

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