1 Corinzi 9 – I Diritti di un Apostolo
A. Paolo dichiara i suoi diritti come un apostolo.
1. (1-2) Paolo difende la sua posizione di apostolo.
Non sono io apostolo? Non sono io libero? Non ho io veduto Gesù Cristo, il nostro Signore? Non siete voi la mia opera nel Signore? Se non sono apostolo per gli altri, lo sono almeno per voi, poiché voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore.
a. Non sono io apostolo? Ricordiamo il contesto: Paolo affronta i cristiani di Corinto circa il loro “diritto” fondato sulla “conoscenza” del mangiare la carne sacrificata agli idoli nella mensa del tempio.
i. Paolo chiede loro di rinunciare al loro “diritto” di mangiare carne sacrificata agli idoli, così come lui ha rinunciato ai suoi diritti di apostolo. Tuttavia, Paolo usa questa occasione per difendere la sua posizione apostolica davanti agli increduli cristiani di Corinto.
b. Non sono io apostolo? Una verità così ovvia non dovrebbe aver bisogno di essere espressa. Ovviamente Paolo era un apostolo! Per quanto ovvio fosse, alcuni cristiani di Corinto dubitavano e rigettavano questa verità.
c. Non sono io apostolo? La prova della qualifica di Paolo come un apostolo si trova nelle seguenti dichiarazioni:
· Non sono io libero? Paolo non era sotto alcuna autorità se non quella di Gesù Cristo, ma altri cristiani erano sotto l’autorità apostolica.
· Non ho io veduto Gesù Cristo, il nostro Signore?Paolo non ha visto una semplice visione di Gesù, ma un’autentica apparizione di Gesù dopo la resurrezione.
· Non siete voi la mia opera nel Signore? Provare per credere. L’opera di Dio tra i cristiani di Corinto era così evidente da convalidare le credenziali apostoliche di Paolo. Infatti, essi erano il sigillo del suo apostolato nel Signore.
i. Alcuni oggi, a causa di visioni ed esperienze che dichiarano di aver avuto, dicono di essere apostoli dello stesso livello di Paolo. Tuttavia, aver visto Gesù risorto non è l’unica qualifica di un vero apostolo. Paolo fu commissionato specificatamente ad essere un apostolo quando Gesù gli apparve sulla Via di Damasco (Atti 26:12-18).
d. Se non sono apostolo per gli altri, lo sono almeno per voi: Anche se alcuni tra i cristiani di Corinto avevano dubitato dell’apostolato di Paolo, non avrebbero, però, dovuto farlo. I cristiani di Corinto, più di altri, dovevano sapere che Paolo era un vero apostolo, perché avevano osservato il suo lavoro da vicino.
i. Questo rende il dubbio tra i cristiani di Corinto ancora più ironico, e Paolo cerca di farglielo capire.
2. (3-6) La rivendicazione di Paolo dei suoi diritti di apostolo.
Questa è la mia difesa nei confronti di coloro che fanno inchieste a mio riguardo. Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno una moglie, che sia una sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli, i fratelli del Signore e Cefa? O soltanto io e Barnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
a. La mia difesa: Paolo non rivendica i suoi diritti di apostolo, come se fosse un avvocato che discute un caso. Le parole difesa (apologia) e inchieste (anakrino) sono entrambe termini legali, derivanti dal tribunale Romano. Paolo si sente sotto processo, e già considerato “colpevole” dai cristiani di Corinto.
b. Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere: Paolo, come tutti gli apostoli aveva il diritto di mangiare e di bere. I cristiani di Corinto non stavano mettendo in dubbio il suo diritto di mangiare, ma Paolo intende dire che egli ha il diritto di mangiare e di berea spese delle chiese alle quali ministra.
c. Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno una moglie, che sia una sorella in fede: Paolo, come tutti gli altri apostoli, aveva il diritto di condurre attorno una moglie. Di nuovo, ai cristiani di Corinto non importava se avesse una moglie o no, purché non dovessero sostenere entrambi finanziariamente. Tuttavia, Paolo rende chiaro che egli non è il solo ad avere il diritto di ricevere il sostentamento, ma anche la sua famiglia.
i. Come fanno anche gli altri apostoli: Apparentemente, la maggior parte degli altri apostoli erano sposati, e le loro mogli andavano con loro nei loro viaggi ministeriali. Questo è interessante, soprattutto per quanto riguarda Pietro (Cefa), il quale era ovviamente sposato, ma viene comunque considerato dalla chiesa Romana Cattolica il primo papa, in contraddizione al requisito del celibato obbligatorio.
d. O soltanto io e Barnaba: La maggior parte degli altri apostoli venivano finanziati dalle chiese alle quali ministravano. A tal proposito, Paolo e Barnaba erano unici perché avevano scelto di lavorare e autofinanziarsi, affinché nessuno potesse accusarli di predicare per denaro.
i. Potremmo pensare che questo li avrebbe fatti rispettare di più dai cristiani di Corinto, ma stranamente, sono stati rispettati di meno. Sembrerebbe che questo sia stato il loro pensiero, “Se Paolo e Barnaba fossero veramente apostoli, li sosterremo, ma dato che non ricevono alcun sostegno, allora supponiamo che non siano veri apostoli”.
3. (7-14) Il motivo per cui Paolo ha il diritto di essere sostenuto da coloro ai quali ministra.
Chi mai va alla guerra a proprie spese? Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto? O chi si prende cura di un gregge e non mangia del latte del gregge? Dico queste cose secondo l’uomo? Non dice queste cose anche la legge? Nella legge di Mosè, infatti, sta scritto: «Non mettere la museruola al bue che trebbia». Si dà forse Dio pensiero dei buoi? Ovvero, dice tutto questo per noi? Certo queste cose sono scritte per noi, perché chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia deve trebbiare con la speranza di avere ciò che spera. Se abbiamo seminato fra voi le cose spirituali, è forse gran cosa se mietiamo i vostri beni materiali? Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l’avremmo noi molto di più? Noi però non ci serviamo di questo diritto, ma sopportiamo ogni cosa per non porre alcun ostacolo all’evangelo di Cristo. Non sapete voi che quelli che fanno il servizio sacro mangiano delle cose del tempio, e quelli che servono all’altare hanno parte dei beni dell’altare? Così pure il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l’evangelo, vivano dell’evangelo.
a. Chi mai va alla guerra a proprie spese: I soldati di un esercito vengono sostenuti. Il contadino vive del frutto del suo campo (Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto?). Il sostentamento del pastore deriva dalle pecore di cui si prende cura (O chi si prende cura di un gregge e non mangia del latte del gregge?). Dunque, i cristiani di Corinto non dovrebbero considerare strano il fatto che Paolo abbia il diritto di essere sostenuto dalle persone alle quali ministra.
b. Non dice queste cose anche la legge? Il diritto di Paolo viene anche espresso nella Legge Mosaica. Egli si appella alla Scrittura, non solo a illustrazioni umane (Dico queste cose secondo l’uomo?).
i. In Deuteronomio 25:4, Dio ha comandato, Non mettere la museruola al bue che trebbia. Questa legge regolava semplicemente il trattamento degli animali da parte degli uomini. A quei tempi, il frumento veniva staccato dal suo involucro da un bue, il quale vi camminava sopra ripetutamente (di solito in cerchio). Costringere il bue a camminare su tutto quel grano era crudele, ancora di più lo era mettergli una museruola affinché non ne mangiasse.
ii. Si dà forse Dio pensiero dei buoi? Il principio che troviamo in Deuteronomio 25:4 ha a che fare con qualcosa di molto più importante dei bisogni di un bue. Dio stabilisce che un ministro ha il diritto di essere sostenuto dalle persone alle quali ministra. Come dice Wiersbe, “Visto che i buoi non sanno leggere, questo versetto non è stato scritto per loro”.
iii. La legge riguardo ai buoi stabilisce un criterio che ha una più ampia applicazione. Tuttavia, “Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che Paolo voglia spiegare quel comandamento in maniera allegorica, perché alcune zucche vuote usano questa come una scusa per trasformare ogni cosa in un’allegoria, così cambiano i cani in uomini, alberi in angeli, trasformando tutta la Scrittura in un gioco divertente.” (Calvino)
c. Perché chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia deve trebbiare con la speranza di avere ciò che spera: Sarebbe crudele far morire di fame coloro che provvedono e preparano il tuo cibo. Fare questo li priverebbe di tutta la loro speranza. Li fa sentire sfruttati e non apprezzati.
d. Se abbiamo seminato fra voi le cose spirituali: Qui, Paolo rende chiaro che è giusto che l’opera spirituale compiuta dai ministri di Dio venga ripagata con il sostentamento materiale da parte delle persone ministrate.
e. Se gli altri hanno tale diritto: I cristiani di Corinto non si rifiutavano di sostenere chiunque fosse nel ministero. No, gli altri hanno tale diritto. Il problema dei credenti di Corinto è che si rifiutavano di sostenere Paolo, e pensavano male di lui perché non veniva sostenuto.
f. Noi però non ci serviamo di questo diritto… per non porre alcun ostacolo all’evangelo di Cristo: Nello stesso modo in cui Paolo afferma il suo diritto di essere finanziato dalle persone alle quali ministra, così afferma il suo diritto di non avvalersi di tale diritto, se questo pone un ostacolo all’evangelo di Cristo.
i. Qui vediamo il vero cuore di Paolo. A lui non importava di ricevere uno stipendio oppure no. Ciò che gli stava a cuore era l’opera dell’evangelo. Se ricevere una paga era più efficace per l’evangelo, allora l’accettava. Se lavorare e autofinanziarsi era più efficace per l’evangelo, allora questo era quello che faceva. L’importante è che l’evangelo non venisse ostacolato in alcun modo.
ii. Se Paolo era disposto a rinunciare ad un diritto così importante per il bene dell’evangelo e dei cristiani di Corinto, allora non avrebbero dovuto rinunciare anche loro al proprio “diritto” di mangiare carne sacrificata agli idoli per lo stesso motivo?
g. Il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l’evangelo, vivano dell’evangelo: Questa dichiarazione è inconfutabile. Alcuni potrebbero dire, “Sì, gli apostoli avevano il diritto di essere pagati, ma nessuno oggi ha quel diritto.” Tuttavia, questo ordine da parte del Signore indica che chiunque predichi l’evangelo ha il diritto di essere sostenuto da coloro ai quali predica.
i. I ministri di oggi dovrebbero rivendicare o rinunciare al diritto di essere sostenuti? Essi dovrebbero fare ciò che è meglio per il vangelo e la chiesa. Tuttavia, se un ministro viene finanziato, dovrebbe lavorare duramente per meritare quel denaro.
ii. “Se un uomo pigro che non lavora prende il suo sostentamento dalla Chiesa di Dio, non solo commette un furto ma anche un sacrilegio. Colui che rinuncia al suo tempo per dedicarlo a quest’opera ha il diritto di supportare sé stesso e la sua famiglia: colui che prende più di quello che è necessario per questo scopo è un mercenario avaro. Colui che non fa nulla per la causa di Dio e della religione, e comunque obbliga la Chiesa a sostenerlo, di ministrare alla sua pigrizia, agli abusi, alla lussuria, avarizia e all’ambizione è un mostro per cui la lingua umana ancora non ha un nome.” (Clarke)
h. Il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l’evangelo, vivano dell’evangelo: Non troviamo da nessuna parte queste parole specifiche di Gesù, ma afferma questo principio in due diverse occasioni. In Matteo 10:10 (perché l’operaio è degno del suo nutrimento) e Luca 10:8 (E in qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate di ciò che vi sarà messo davanti).
B. Il desiderio di Paolo di non rivendicare i suoi diritti.
1. (15-18) La ricompensa di Paolo: predicare senza appoggiarsi sul sostegno di alcun uomo.
Ma io non ho fatto alcun uso di queste cose né ve ne scrivo, affinché si faccia così con me, perché è meglio per me morire, piuttosto che qualcuno renda vano il mio vanto. Infatti, se io predico l’evangelo, non ho nulla da gloriarmi, poiché è una necessità che mi è imposta; e guai a me se non predico l’evangelo! Se perciò lo faccio volontariamente, ne ho ricompensa, ma se lo faccio contro voglia, rimane sempre un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque il mio premio? Questo: che predicando l’evangelo, io posso offrire l’evangelo di Cristo gratuitamente, per non abusare del mio diritto nell’evangelo.
a. Io non ho fatto alcun uso di queste cose: Paolo aveva il diritto di essere sostenuto, ma non lo ha rivendicato.
b. Né ve ne scrivo: Nello scrivere queste cose, Paolo non stava “insinuando” che i cristiani di Corinto avrebbero dovuto sostenerlo. Egli gli mostra il valore e le motivazioni per cui uno rinuncia ai propri diritti.
c. È meglio per me morire, piuttosto che qualcuno renda vano il mio vanto: Il vanto di Paolo non era il fatto di aver predicato il vangelo. Egli doveva farlo (è una necessità che mi è imposta); piuttosto, il suo vanto era di poter predicare senza dovere chiedere ai suoi ascoltatori di sostenerlo.
i. Dobbiamo ricordare che la cultura greca, la quale era altamente stimata dai cristiani di Corinto, disprezzava ogni tipo di lavoro manuale. Sebbene i Corinzi credenti avessero una bassa stima di Paolo perché lavorava con le sue stesse mani per provvedere ai suoi bisogni, l’apostolo non ne era affatto imbarazzato. Per lui era un vanto!
d. Guai a me se non predico l’evangelo: Il ministero di Paolo non era semplicemente una questione di scelta o ambizione personale; era qualcosa alla quale era stato chiamato, qualcosa che doveva fare. Egli non aveva la “mania del predicatore”. Egli era stato chiamato a predicare e si sentiva in dovere di adempiere a quella chiamata.
e. Se perciò lo faccio volontariamente: Alcuni non ricevono alcun sostentamento dal ministero, ma ciò non è per scelta, ma a causa delle loro circostanze. Tuttavia, se uno non viene supportato per scelta personale (volontariamente), allora ne ha una ricompensa. Se, però, lo fa contro voglia, rimane sempre un incarico che gli è stato affidato.
f. Io posso offrire l’evangelo di Cristo gratuitamente: Ai tempi di Paolo, c’erano molti religiosi imprenditori, i quali predicavano qualsiasi messaggio per denaro. Paolo era felice di prendere le distanze da costoro non accettando mai nessuna offerta affinché nessuno pensasse che stesse abusando del suo diritto nell’evangelo. Questa era la ricompensa di Paolo.
i. Forse non ci troveremo mai di fronte alla stessa decisione davanti alla quale Paolo si è trovato – accettare o no di essere sostenuti per il bene dell’evangelo. Tuttavia, tutti noi abbiamo una domanda importante alla quale rispondere: quale diritto sono disposto a sacrificare per la causa di Gesù?
2. (19-23) La flessibilità di Paolo nel ministero.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero. Mi sono così fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; mi sono fatto come uno che è sotto la legge con coloro che sono sotto la legge, per guadagnare quelli che sono sotto la legge; tra quanti sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza la legge (benché non sia senza la legge di Dio, anzi sotto la legge di Cristo), per guadagnare quanti sono senza la legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per poterne salvare in qualche modo alcuni. Or io faccio questo per l’evangelo, affinché ne sia partecipe anch’io.
a. Libero da tutti… per guadagnarne il maggior numero: Paolo era libero di fare ciò che voleva, ma portare le persone a Gesù era molto più importante dell’usare la sua libertà egoisticamente.
b. Mi sono così fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei: Gli osservatori esterni avrebbero potuto avere l’impressione che la vita di Paolo fosse incoerente, ma egli perseguiva coerentemente un unico obiettivo: conquistare la gente per Gesù.
i. In Atti 21:23-26, Paolo ha partecipato a delle cerimonie di purificazione ebraiche, le quali egli sapeva non essere necessarie per la sua vita, ma – così facendo, sperava di costruire un ponte ministeriale verso gli ebrei. Allo stesso modo, in Atti 16:3 Paolo fa circoncidere Timoteo – e di nuovo, non perché fosse necessario, ma perché sarebbe potuto essere di aiuto nel ministero agli ebrei.
ii. “Con i gentili si comportava come se egli stesso fosse stato un gentile, ovvero, non seguiva la Legge Levitica, verso la quale i gentili non avevano mai avuto obblighi.” (Poole)
iii. “Paolo cercava di conquistare le persone per Gesù ponendo attenzione ai loro bisogni e identificandosi con loro. Dovremmo cercare di tendere la mano verso gli altri, lì dove si trovano oggi, e aspettarci in seguito di vedere dei cambiamenti.” (Smith)
c. Mi sono fatto tutto a tutti, per poterne salvare in qualche modo alcuni: Non dobbiamo pensare che Paolo cambiasse la sua dottrina o il suo messaggio per attrarre diversi gruppi (egli, infatti, va contro questo atteggiamento in 1 Corinzi 1:22-23), egli però cambiava il suo comportamento e il modo in cui si approcciava.
i. “Questo passaggio è stato spesso interpretato come un modo per ‘accomodare’ gli altri nell’evangelizzare, cioè, adattare il messaggio al modo di comunicare e alla prospettiva dei destinatari. Purtroppo, nonostante la necessità di portare avanti questa discussione, non è questo quello di cui questo passaggio parla in maniera diretta. Infatti, ha a che fare con il modo di vivere o di comportarsi tra coloro che si desidera evangelizzare.” (Fee)
ii. “Coloro che supportano l’adattamento (del messaggio) sulla base dell’esempio di San Paolo considerino il fine che egli aveva in mente e il modo in cui perseguiva quel fine. Non era per ricevere denaro, ascendenza o onore, ma per salvare anime! Non era per facilitarsi la vita ma per accrescere la sua fatica. Non era per salvare la sua vita, ma piuttosto sacrificarla per il bene di anime immortali!” (Clarke)
d. Or io faccio questo per l’evangelo: Paolo sapeva che le persone si sarebbero offese per il Vangelo, ma voleva che si offendessero solo per il Vangelo.
3. (24-27) L’atteggiamento di Paolo: l’atteggiamento di un atleta.
Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio, corrono bensì tutti, ma uno solo ne conquista il premio? Correte in modo da conquistarlo. Ora, chiunque compete nelle gare si autocontrolla in ogni cosa, e quei tali fanno ciò per ricevere una corona corruttibile, ma noi dobbiamo farlo per riceverne una incorruttibile. Io dunque corro, ma non in modo incerto; così combatto, ma non come battendo l’aria; anzi disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato.
a. Corro… combatto: Gli eventi sportivi erano importanti ai giorni di Paolo così come lo sono ai giorni nostri. Per i Corinzi, questo era particolarmente significativo perché la città era il centro dei Giochi Istmici, secondi in prestigio solamente alle antiche Olimpiadi.
i. Paolo spesso usa immagini ispirate alle competizioni nell’arena (nelle sue lettere ci sono almeno 12 diversi riferimenti), soprattutto esempi di corridori, pugili, gladiatori, aurighi e trofei.
b. Correte in modo da conquistarlo: Paolo ci dice di addestrarci e competere come quegli atleti che vogliono veramente vincere. Non si può vincere in un evento sportivo senza impegnarsi.
c. Chiunque compete nelle gare si autocontrolla in ogni cosa: Per competere da atleti, bisogna avere autocontrollo. Questo termine si riferisce al modo in cui gli atleti romani dovevano allenarsi per dieci mesi prima di poter essere ammessi ai giochi.
i. Un atleta deve rinunciare a cose che di per sé non sono negative, ma che potrebbero essere un ostacolo per il raggiungimento del suo obiettivo. A maggior ragione, i Corinzi devono rinunciare a quelle cose che di per sé non sono malvagie (come la carne sacrificata agli idoli), affinché il raggiungimento di questo obiettivo importante non sia ostacolato: una corona incorruttibile, una ricompensa celeste che non svanirà mai.
d. Disciplino il mio corpo: Disciplino è una traduzione debole. Il termine in greco antico significa “colpire a pugni un occhio; provocare a qualcuno un occhio nero.” Paolo non voleva che il suo corpo dominasse sul suo essere.
i. lo riduco in servitù: Letteralmente significa, appunto, rendere schiavo. Paolo si era assicurato che il suo corpo fosse il servo, ed il suo uomo interiore il padrone. I desideri del suo corpo non avrebbero governato sul suo intero essere.
ii. Tuttavia, Paolo non credeva che il corpo in sé fosse malvagio, dopotutto, esso appartiene a Gesù (1 Corinzi 6:20); non era nemmeno d’accordo con gli asceti, i quali punivano i loro corpi per raggiungere una super spiritualità. Nel corso dei secoli, i cristiani conosciuti come i flagellanti, si frustavano, colpivano e torturavano sé stessi nel tentativo sbagliato di adempiere questo versetto. Solitamente, questi cristiani credevano di poter pagare per i propri peccati attraverso tale auto-tortura, e si rifiutavano di riconoscere che Gesù aveva già pagato il prezzo del loro peccato.
e. Perché, dopo aver predicato agli altri: Paolo vede sé stesso sia come l’araldo dei giochi (colui che annunciava le regole) che come un partecipante. Paolo diceva agli altri le regole del gioco, ma anche egli stesso ha dovuto seguirle.
i. Predicato: “Si riferisce all’ufficio… dell’araldo durante questi giochi, il cui compito era quello di annunciare le condizioni dei giochi, esporre i premi, esortare i combattenti, suscitare la rivalità dei contendenti, dichiarare i termini di ogni gara, pronunciare i nomi dei vincitori e mettere la corona sulle loro teste.” (Clarke)
f. Perché… non sia io stesso riprovato: In questo contesto, riprovato non si riferisce alla perdita della salvezza (la cittadinanza greca non veniva revocata dopo una sconfitta), ma alla perdita della ricompensa.
i. Riprovato: “Indica la persona… che viene rigettata dai giudici dei giochi, considerata non meritevole del premio. Paolo stesso, dunque, poteva essere rigettato dal grande Giudice, e per evitare ciò, egli correva, gareggiava, rinnegava sé stesso e riduceva il suo corpo in sottomissione al suo spirito, con quest’ultimo governato dallo Spirito di Dio.” (Clarke)
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