Atti 23 – Paolo in Custodia Cautelare, da Gerusalemme a Cesarea
A. Difesa di Paolo davanti al sinedrio.
1. (1-2) Paolo inizia il suo discorso di fronte al sinedrio.
Paolo, fissati gli occhi sul sinedrio, disse: «Fratelli, fino a questo giorno, io mi sono comportato davanti a Dio in perfetta buona coscienza». A questo dire il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che gli erano accanto di percuoterlo sulla bocca.
a. Paolo, fissati gli occhi sul sinedrio: Il giorno precedente Paolo aveva visto una grande opportunità sfumare quando la folla sul monte del tempio non gli aveva permesso di concludere il suo messaggio, ma aveva ricominciato a rivoltarsi. Ora Paolo aveva un’altra occasione per conquistare Israele per Gesù, un’occasione forse migliore. Ebbe l’opportunità di parlare al sinedrio e di annunciare Gesù a uomini influenti.
b. Fratelli: Secondo William Barclay, la formula scelta indica la franchezza con cui Paolo si rivolse al sinedrio, ponendosi su un piano di parità con loro. Normalmente ci si rivolgeva a loro dicendo: “Governanti del popolo e anziani d’Israele”.
c. Io mi sono comportato davanti a Dio in perfetta buona coscienza: Probabilmente Paolo pensava che questo fosse un modo abbastanza innocente di iniziare la sua predicazione. Non intendeva dire che era perfetto senza peccato e che la sua coscienza non gli aveva mai detto di aver sbagliato. Piuttosto, intendeva dire che aveva risposto alla coscienza quando aveva sbagliato e aveva rimesso le cose a posto.
i. Paolo non avrebbe mai considerato l’avere la coscienza pulita come un modo per essere giustificato davanti a Dio. “Paolo poteva benissimo appellarsi alla testimonianza della coscienza quando si trovava di fronte al tribunale supremo di Israele; tuttavia, non era sulla propria giustizia che si basava per essere giustificato nel tribunale celeste. Anche la coscienza più pura poteva essere una base di fiducia insicura sotto lo scrutinio di Dio.” (Bruce)
ii. L’affermazione di Paolo in 1 Corinzi 4:4 è importante: Non sono infatti consapevole di colpa alcuna; non per questo sono però giustificato, ma colui che mi giudica è il Signore.
d. A questo dire il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che gli erano accanto di percuoterlo sulla bocca: La dichiarazione di Paolo di avere una buona coscienza offese il sommo sacerdote, il quale pensava che una persona accusata di crimini così gravi non avrebbe mai dovuto dichiarare di avere la coscienza a posto.
i. Forse fu compunto in cuor suo dall’integrità intrinseca dell’affermazione di Paolo. Era un uomo con una buona coscienza, e ciò era evidente nelle sue parole e nel suo volto.
ii. Qualunque fosse il motivo, “l’ordine era illegale, perché la legge ebraica diceva: ‘Chi colpisce la guancia di un israelita, è come se colpisse la gloria di Dio’ e ‘Chi colpisce un uomo, colpisce il Santo’.” (Hughes)
iii. L’Anania che era sommo sacerdote in quel periodo non rendeva onore alla carica. Era ben noto per la sua avidità; l’antico storico ebreo Flavio Giuseppe racconta di come Anania rubasse per sé le decime che appartenevano ai sacerdoti ordinari.
iv. “Non si fece scrupolo di usare la violenza e l’assassinio per promuovere i suoi interessi.” (Bruce) In seguito, a causa della sua politica filoromana, Anania fu brutalmente ucciso dai nazionalisti ebrei.
2. (3-5) Risposta di Paolo al pugno in faccia.
Allora Paolo gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso». Or quelli che erano presenti dissero: «Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?». Paolo rispose: «Non sapevo, fratelli, che egli fosse sommo sacerdote, perché sta scritto: “Tu non dirai male del principe del tuo popolo”».
a. Dio percuoterà te, muro imbiancato: Magari conoscessimo il modo in cui Paolo pronunciò queste parole. Avrebbe aiutato sentire il suo tono di voce: era uno sfogo di rabbia o un rimprovero calmo e raccolto con un tono più pesante?
i. Qualunque fosse il tono, il rimprovero era del tutto accurato e giustificato. L’uomo che aveva ordinato di dare un pugno in faccia a un uomo indifeso era davvero un muro imbiancato; una patina bianca di purezza che copriva un’evidente corruzione.
b. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso: Paolo smascherò l’ipocrisia dell’uomo che aveva impartito il comando.
i. Gli uomini del sinedrio dovevano essere degli esempi della legge di Mosè. L’ordine di colpire Paolo era in realtà contrario sia allo spirito che alla lettera della legge. Deuteronomio 25:1-2 dice che solo un uomo riconosciuto colpevole può essere percosso, e Paolo non era ancora stato riconosciuto colpevole di nulla.
ii. Dio percuoterà te: “Le parole di Paolo, tuttavia, furono più profetiche di quanto egli stesso si rendesse conto. Gli ultimi giorni di Anania – nonostante tutti i suoi intrighi e le sue bustarelle – furono vissuti come un animale braccato e finirono per mano della sua stessa gente.” (Longenecker)
c. Or quelli che erano presenti dissero: «Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?»: Paolo capì immediatamente di aver sbagliato nel suo sfogo, indipendentemente da come lo avesse detto. Riconobbe che era sbagliato parlare male del principe del tuo popolo (Esodo 22:28) e si giustificò, affermando di non sapere che l’uomo che aveva comandato di dare il pugno era Anania, il sommo sacerdote.
i. Ciò non è irragionevole, dal momento che Paolo era stato lontano dal sinedrio e dagli alti circoli dell’autorità ebraica a Gerusalemme per più di 20 anni. Probabilmente, non riconobbe nell’uomo che aveva dato l’ordine di colpirlo il sommo sacerdote. Secondo alcuni, però, non lo sapeva a causa dei suoi problemi di vista, come si deduce da Galati 4:14-15 e 6:11, oltre che dalle prime tradizioni scritte della chiesa.
ii. Altri pensano che Paolo fosse sarcastico, come a dire: “Non pensavo che qualcuno che si comportasse in questo modo potesse essere il sommo sacerdote”.
3. (6) L’astuto stratagemma di Paolo.
Paolo quindi, sapendo che una parte dei presenti era composta di sadducei e l’altra di farisei, gridò a quelli del sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che vengo giudicato».
a. Paolo quindi, sapendo: Paolo aveva evidentemente intuito che il suo pubblico non era favorevole al vangelo: le azioni del sommo sacerdote e gli atteggiamenti dei presenti lo dimostravano chiaramente. Così, Paolo rinunciò a predicare il vangelo e fece ciò che poteva per preservare la propria libertà di fronte a un’assemblea che voleva ucciderlo.
b. Una parte dei presenti era composta di sadducei e l’altra di farisei: Il piano di Paolo consisteva nel dividere il sinedrio tra le loro linee di partito – per ottenere la simpatia di una parte (i farisei), invece di averli tutti contro di lui.
c. Io sono fariseo, figlio di farisei: Conoscendo chi lo ascoltava, Paolo richiamò il suo retaggio di fariseo e dichiarò: “È a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che vengo giudicato”. Sapeva che si trattava di una questione di grande controversia tra le due fazioni.
i. Naturalmente, si trattava di un’affermazione sostanzialmente vera. Il centro del vangelo di Paolo era il Gesù risorto ed egli veniva giudicato proprio per la questione della risurrezione dei morti.
4. (7-9) Il sinedrio si divide.
Appena egli disse questo, nacque un dissenso fra i farisei e i sadducei, e l’assemblea si divise; infatti i sadducei dicono che non vi è risurrezione né angelo né spirito, mentre i farisei affermano l’una e l’altra cosa. Si fece allora un grande clamore. Gli scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestavano con forza e dicevano: «Noi non troviamo nulla di male in quest’uomo; e se uno spirito o un angelo gli avesse parlato? Non combattiamo contro Dio».
a. Appena egli disse questo, nacque un dissenso fra i farisei e i sadducei, e l’assemblea si divise: Paolo colse nel segno. Grazie alle sue parole, ottenne subito l’alleanza dei farisei e fece sì che discutessero con i sadducei.
i. I sadducei erano i teologi liberali del loro tempo, che negavano la realtà della vita dopo la morte e il concetto di risurrezione. Luca scrive correttamente di loro: i sadducei dicono che non vi è risurrezione né angelo né spirito.
ii. I farisei avevano maggiori probabilità di trovare un terreno comune con Paolo, essendo quelli che, nel mondo ebraico dell’epoca, credevano di più nella Bibbia. Avevano una grande considerazione della Scrittura, anche se erravano molto aggiungendo le tradizioni degli uomini a ciò che avevano ricevuto da essa.
iii. In genere, i sadducei e i farisei erano acerrimi nemici, ma riuscirono a unirsi per opporsi a Gesù (Matteo 16:1, Giovanni 11:47-53) e a Paolo. È strano come persone che non hanno nulla in comune si uniscano come amici per opporsi a Dio o alla Sua opera.
b. Non combattiamo contro Dio: Dicendo questo, i farisei suggerirono di ritornare al consiglio del loro grande leader Gamaliele, come riportato in Atti 5:38-39.
5. (10) Paolo viene salvato dal tribuno romano.
Ora, siccome il dissenso andava aumentando, il tribuno, per timore che Paolo fosse fatto a pezzi da loro, ordinò ai soldati di scendere e di portarlo via dal loro mezzo, e di ricondurlo nella fortezza.
a. Ora, siccome il dissenso andava aumentando: Il tribuno non doveva avere dubbi sul fatto che quei Giudei fossero pazzi nelle loro interminabili e violente dispute. Prima erano insorti per la sola parola “gentili”, ora gli uomini illustri del sinedrio litigavano per la sola parola “risurrezione”.
b. Il tribuno, per timore che Paolo fosse fatto a pezzi da loro, ordinò ai soldati di scendere e di portarlo via dal loro mezzo: Il comandante allontanò Paolo per la sua sicurezza e lo lasciò in custodia nella fortezza.
i. L’astuto stratagemma di Paolo lo salvò dal sinedrio, ma non fu certo contento del risultato. Aveva avuto l’opportunità di predicare a un’enorme folla di Giudei pronti ad ascoltarlo sul monte del tempio, ma fu un fallimento. Poi ebbe l’opportunità di predicare davanti all’influente tribunale ebraico, e anche questa volta finì in una zuffa.
ii. In seguito, Paolo sembra suggerire che la tattica di sollevare la controversia sulla risurrezione nel modo in cui l’aveva fatto nonfosse stata corretta; infatti, dirà che si era trattato di un “comportamento sbagliato” da parte sua (Atti 24:20-21).
6. (11) Gesù conforta Paolo nella notte.
La notte seguente, il Signore si presentò a lui e disse: «Paolo, coraggio, perché come tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma».
a. La notte seguente: Dev’essere stata una notte difficile per Paolo. Il suo cuore desiderava la salvezza dei suoi connazionali ebrei (Romani 9:1-4), ma due grandi opportunità non ebbero l’esito sperato. Non ci sarebbe da stupirsi se Paolo si rimproverasse per l’occasione mancata davanti al sinedrio. Probabilmente la sua reazione al pugno ordinato dal sommo sacerdote aveva rovinato tutto.
i. Forse con le lacrime, Paolo rimpiangeva le opportunità che aveva sprecato per Dio e il modo in cui poteva averle sciupate. In momenti come questi, spesso si è tormentati da un profondo senso di indegnità e di inadeguatezza davanti a Dio. Forse questa era la fine del suo ministero.
ii. “Audace, coraggioso, impavido durante il giorno, la notte della solitudine lo trova con le forze ormai esaurite, e il nemico non tarda ad approfittarne.” (Morgan)
iii. Fu nell’oscurità di quella notte che Paolo ebbe paura; quando la sua fiducia in Dio sembrò vacillare; quando si preoccupò di ciò che Dio avrebbe fatto e se lui stesso ce l’avrebbe fatta. Fu nell’oscurità di quella notte che Gesù venne da Paolo e si presentò a lui.
b. Il Signore si presentò a lui: Benché la presenza fisica di Gesù (come sembra sia avvenuto) accanto a Paolo sia stata una manifestazione unica, Gesù ha promesso a tutti i credenti che sarebbe stato sempre con loro (Matteo 28:20).
i. Gesù sapeva dove si trovava Paolo; non lo aveva perso di vista solo perché era in prigione. Mentre John Bunyan, autore del Pellegrinaggio del cristiano, si trovava in prigione, un uomo gli fece visita e gli disse: “Amico, il Signore mi ha mandato da te; ti ho cercato in metà delle prigioni d’Inghilterra”. John Bunyan rispose: “Non credo che il Signore ti abbia mandato da me, perché se lo avesse fatto, saresti venuto qui prima. Dio sa che sono qui da anni”. Dio sa dove ti trovi oggi; anche se lo stai nascondendo a tutti gli altri, Dio sa dove sei.
ii. Anche se Paolo sembrava solo, non lo era veramente; anche quando tutti gli altri lo abbandonavano, Gesù gli bastava. Meglio essere in prigione con il Signore che essere in cielo senza di lui.
iii. Paolo era già stato miracolosamente liberato dalla prigione, ma questa volta il Signore lo raggiunse proprio nella sua cella. Spesso pretendiamo che Gesù ci liberi dalle nostre circostanze, quando invece vuole incontrarci proprio in esse. A volte pensiamo che ci stiamo arrendendo a Gesù, mentre in realtà stiamo solo chiedendo una via di fuga. Dio vuole incontrarci in qualsiasi situazione ci troviamo ad affrontare in questo momento.
c. Paolo, coraggio: Gesù non solo era con Paolo, ma gli dava anche parole di conforto. La parola coraggio ci suggerisce che la notte aveva portato con sé un’oscurità emotiva e forse spirituale su Paolo. Gesù era lì per incoraggiare il suo servo fedele dopo che questi aveva dato tutto sé stesso per amore di Gesù.
i. Gesù non avrebbe detto a Paolo di farsi coraggio, se questi non avesse avuto bisogno di sentirselo dire. Paolo sapeva che la sua situazione era grave, ma non si rendeva conto di quanto! Il giorno dopo, quaranta assassini giudei si sarebbero riuniti e avrebbero giurato di fare uno sciopero della fame finché non avessero ucciso Paolo. Paolo non ne era a conoscenza, ma Gesù sì, il quale poté perciò dirgli: “Coraggio”.
ii. Magari pensi che le cose vadano male in questo momento, ma forse non ti rendi conto nemmeno realmente di quanto. Ma Gesù lo sa e continua a dirti: “Coraggio”. Perché? Non perché vada tutto bene, ma perché Dio siede ancora sul Suo trono e mantiene la Sua promessa, che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento (Romani 8:28).
iii. Chiunque può avere coraggio quando tutto va alla grande; ma il cristiano può avere coraggio anche quando tutto va a rotoli, sapendo che Dio è potente e meraviglioso, indipendentemente dalla crisi momentanea.
iv. Nel Nuovo Testamento la parola coraggio nel greco viene usata cinque volte, tutte quante da Gesù.
·Gesù disse al paralitico costretto a letto: “Figliolo, fatti animo, i tuoi peccati ti sono perdonati” (Matteo 9:2).
·Gesù disse alla donna che aveva il flusso di sangue da 12 anni: “Fatti animo, figliola; la tua fede ti ha guarita” (Matteo 9:22).
·Gesù disse ai Suoi discepoli terrorizzati sul mare di Galilea: “Rassicuratevi; sono io, non temete!” (Matteo 14:27).
·Gesù disse ai Suoi discepoli la notte prima della Sua crocifissione: “Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).
·E qui, in Atti 23:11 – Gesù disse a Paolo: “Coraggio”.
d. Perché come tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme, così bisogna che tu la renda anche a Roma: Gesù si ricordò di ciò che Paolo aveva fatto a Gerusalemme e gli disse che gli restava ancora del lavoro da fare a Roma.
i. Paolo si sarebbe potuto scoraggiare per la mancanza di risultati della predicazione a Gerusalemme. I risultati, però, non erano una sua responsabilità. La sua responsabilità era quella di portare la Parola di Dio e di testimoniare di Gesù; i risultati erano responsabilità di Dio. “Tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme” significa che Gesù riconobbe a Paolo l’ottimo lavoro svolto.
ii. Tuttavia, sebbene Paolo avesse fatto un buon lavoro, c’era ancora molto da fare. “Così bisogna che tu la renda anche a Roma” era il suo prossimo incarico. Le parole più belle che un fedele figlio di Dio possa sentire sono: “Hai ancora molto da fare”. Queste parole addolorano il servo pigro, ma portano gioia al servo fedele.
iii. Ad ogni figlio di Dio si può dire questo: Hai ancora molto da fare. Più persone da portare a Cristo, più modi per glorificarlo, più persone con cui pregare, più modi umili per servire il Suo popolo, più affamati da sfamare, più nudi da vestire, più santi stanchi da incoraggiare.
iv. “Un decreto divino ordina per voi un servizio più grande e più impegnativo di quello che avete visto finora. Un futuro vi attende, e nessuna potenza sulla terra o sotto la terra potrà privarvene; perciò, fatevi animo.” (Spurgeon)
e. Così bisogna che tu la renda anche a Roma: La promessa di un ulteriore incarico da svolgere era anche una promessa di protezione continua. Paolo doveva vivere finché non avesse terminato il percorso che Dio aveva stabilito per lui.
i. Paolo voleva davvero andare a Roma (Atti 19:21 e Romani 1:9-12). A volte pensiamo che, solo perché desideriamo molto qualcosa, non possa essere la volontà di Dio per noi. Ma spesso è Dio a darci i desideri del nostro cuore (Salmo 37:4).
ii. Il tempismo di tale promessa era particolarmente prezioso. Non sembrava che Paolo sarebbe uscito vivo da Gerusalemme, tantomeno che sarebbe arrivato a Roma. Dio non solo sa cosa abbiamo bisogno di sentirci dire, ma sa anche quando abbiamo bisogno di sentirlo.
iii. Paolo affrontò i suoi nemici il giorno dopo con un sorriso, sapendo che erano impotenti contro di lui, perché Dio gli aveva riservato altro da fare!
iv. “Tale rassicurazione significò molto per Paolo durante i rallentamenti e le ansie dei due anni successivi, e spiega in larga misura il portamento calmo e dignitoso che da quel momento in poi lo avrebbe contraddistinto come padrone degli eventi piuttosto che come loro vittima.” (Bruce)
B. Paolo viene liberato dal complotto degli assassini.
1. (12-15) Quaranta uomini giurano di tendere un’imboscata e di uccidere Paolo.
Quando fu giorno, certi Giudei tramarono una congiura obbligandosi con giuramento esecratorio a non mangiare né bere, finché non avessero ucciso Paolo. Erano più di quaranta quelli che avevano fatto questa congiura. Essi si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: «Noi ci siamo impegnati con giuramento di non assaggiare alcuna cosa, finché non abbiamo ucciso Paolo. Or dunque voi con il sinedrio fate una petizione al tribuno perché domani ve lo riconduca, come se voleste indagare più a fondo sul suo caso; e noi, prima che si avvicini, saremo pronti ad ucciderlo».
a. Obbligandosi con giuramento esecratorio a non mangiare né bere, finché non avessero ucciso Paolo: Ai tempi di Paolo e di Gesù, esisteva un gruppo segreto di assassini ebrei che prendevano di mira i Romani e i loro sostenitori. Erano uomini-pugnale, perché spesso nascondevano i pugnali e accoltellavano i soldati romani mentre passavano. Sembra che quegli stessi assassini ora avessero preso di mira Paolo.
i. Erano così zelanti che fecero voto di non mangiare né bere finché non avessero ucciso Paolo. Si trattava di un impegno di alto livello.
ii. A questi uomini non mancava nulla in termini di dedizione e di zelo. Tuttavia, il loro zelo non era secondo conoscenza (Romani 10:2). Lo zelo e la devozione da soli non provano mai che qualcuno sia a posto con Dio.
b. Fate una petizione al tribuno perché domani ve lo riconduca, come se voleste indagare più a fondo sul suo caso: Gli assassini chiesero ai capi dei sacerdoti e agli anziani di mentire al tribuno romano, fingendo che volessero un’altra udienza con Paolo.
i. La loro menzogna era un peccato, e uomini che avrebbero dovuto essere fedeli alla legge di Dio erano invece lieti di peccare contro di Lui. Erano zelanti, ma ancora disposti a mentire e a peccare per raggiungere i loro sedicenti propositi divini.
2. (16-22) Il nipote di Paolo viene a conoscenza del complotto e avverte il comandante romano.
Ma il figlio della sorella di Paolo, venuto a conoscenza dell’agguato, corse alla fortezza e, entrato, lo riferì a Paolo. Allora Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualcosa da comunicargli». Egli dunque lo prese, lo condusse dal tribuno e disse: «Paolo, quel prigioniero, mi ha chiamato e mi ha pregato di condurti questo giovane, che ha qualcosa da dirti». Allora il tribuno, presolo per mano, lo condusse in disparte e domandò: «Che cosa hai da riferirmi?». Egli disse: «I Giudei si sono accordati per chiederti che domani tu conduca Paolo giù nel sinedrio, come se volessero investigare più a fondo il suo caso. Perciò tu non dar loro ascolto, perché più di quaranta uomini di loro, stanno in agguato per prenderlo, essendosi impegnati con un voto di non mangiare né bere, finché non l’abbiano ucciso; ed ora sono pronti, aspettando che tu lo permetta loro». Il tribuno dunque licenziò il giovane, ordinandogli di non palesare ad alcuno che gli avesse fatto sapere queste cose.
a. Il figlio della sorella di Paolo, venuto a conoscenza dell’agguato: Ciò non accadde per caso. Dio doveva proteggere Paolo perché Gesù gli aveva promesso che sarebbe andato a Roma a testimoniare di Lui (Atti 23:11).
b. Paolo, quel prigioniero: Pur non avendo commesso alcun crimine, Paolo era comunque un prigioniero. Poiché il comandante romano sospettava che potesse essere un qualche rivoluzionario, Paolo doveva essere tenuto in custodia fino a quando non si fossero scoperti i fatti del caso.
3. (23-24) Paolo fugge a Cesarea, con una scorta militare al completo e una lettera che segnala il suo caso al governatore provinciale.
Poi, chiamati due centurioni, disse loro: «Tenete pronti fin dalle ore tre della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per andare fino a Cesarea». Disse loro ancora di tenere pronte delle cavalcature per farvi montare su Paolo e condurlo sano e salvo dal governatore Felice.
a. Tenete pronti… duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri: Paolo sarebbe stato scortato fuori da Gerusalemme da 470 soldati romani addestrati. Era come se Dio volesse esagerare la propria fedeltà verso Paolo e dimostrargli, al di là di ogni dubbio, che la promessa di Gesù era vera.
b. Tenere pronte delle cavalcature per farvi montare su Paolo e condurlo sano e salvo dal governatore Felice: Non solo Paolo uscì vivo da Gerusalemme, ma lo fece in sella a un cavallo – in realtà, furono messe a disposizione di Paolo diverse cavalcature.
4. (25-30) Lettera di Lisia a Felice.
Egli scrisse pure una lettera di questo tenore:
«Claudio Lisia,
All’eccellentissimo governatore Felice,
Salute.
Quest’uomo era stato preso dai Giudei e stava per essere da loro ucciso, quando io sopraggiunsi con i soldati e lo liberai, avendo inteso che era cittadino romano. Volendo poi sapere la colpa di cui l’accusavano, l’ho condotto nel loro sinedrio. Ho così trovato che era accusato per questioni relative alla loro legge e che non c’era in lui alcuna colpa degna di morte né di prigione. Quando poi mi fu riferito dell’agguato che i Giudei tendevano a quest’uomo, te l’ho subito mandato, ordinando pure ai suoi accusatori di esporre davanti a te le rimostranze che hanno contro di lui.
Sta’ bene!».
a. Lo liberai, avendo inteso che era cittadino romano: Nella sua lettera, Lisia lascia intendere di aver saputo subito della cittadinanza romana di Paolo, e non dice nulla del modo in cui Paolo fu legato due volte e quasi flagellato per l’interrogatorio.
b. Non c’era in lui alcuna colpa degna di morte né di prigione: Per Luca, questa era la frase importante della lettera. È possibile che i funzionari romani abbiano rivisto il libro degli Atti prima del processo di Paolo davanti a Cesare. Qui Luca dimostra che altri funzionari romani avevano giudicato Paolo “non colpevole”.
i. “Uno dei motivi principali che spingono Luca a scrivere la sua duplice storia è quello di dimostrare che non c’è alcuna sostanza nell’accusa di sovversione mossa non solo a Paolo ma ai cristiani in generale – che giudici competenti e imparziali avevano ripetutamente confermato l’innocenza del movimento cristiano e dei missionari cristiani rispetto alla legge romana.” (Bruce)
5. (31-33) Arrivo di Paolo in Cesarea.
I soldati dunque, secondo ch’era stato loro ordinato, presero in consegna Paolo e lo condussero di notte ad Antipàdride. Il giorno seguente, lasciato ai cavalieri il compito di andare con lui, ritornarono alla fortezza. Quelli, giunti a Cesarea e consegnata la lettera al governatore, gli presentarono anche Paolo.
a. Presero in consegna Paolo e lo condussero di notte ad Antipàdride: I 200 soldati si spinsero solo fino ad Antipadride perché il tratto di strada più pericoloso era solo fino a questo punto.
i. “Fino ad Antipadride [circa 40 km] il paese era pericoloso e abitato da Giudei; dopo di che il paese era aperto e pianeggiante, del tutto inadatto a qualsiasi imboscata e in gran parte abitato da Gentili.” (Barclay)
b. Gli presentarono anche Paolo: Paolo riuscì a lasciare Gerusalemme e a raggiungere Cesarea, sulla costa. Il piano dei 40 assassini fallì.
i. Alcuni si chiedono se gli uomini che fecero voto di digiuno siano morti perché avevano fallito nella loro missione di uccidere Paolo. Probabilmente non fu così, dal momento che gli antichi rabbini permettevano di infrangere quattro tipi di voti: “Voti di incitamento, voti di esagerazione, voti fatti per errore e voti che non possono essere adempiuti a causa di una costrizione” – esclusioni che permettevano quasi ogni eventualità. (Longenecker)
6. (34-35) Paolo attende il processo a Cesarea.
Dopo aver letto la lettera, il governatore domandò a Paolo di quale provincia fosse; e, saputo che era della Cilicia, gli disse: «Io ti ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori». E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode.
a. Saputo che era della Cilicia: Forse Felice sperava che Paolo fosse originario di un luogo che assegnasse a qualcun altro il suo caso. A quanto pare, il fatto di aver scoperto che era della Cilicia indicava che era responsabilità di Felice ascoltare e giudicare il suo processo.
b. Io ti ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori: Questa sarebbe stata la prima occasione per Paolo di parlare a qualcuno a questo livello di autorità (il governatore). Si trattava dell’inizio dell’adempimento della promessa fatta a Paolo circa 20 anni prima: quella di portare il nome di Gesù ai re (Atti 9:15).
c. E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode: Iniziò così per Paolo un periodo di reclusione di due anni a Cesarea. Successivamente trascorse almeno due anni a Roma. Considerando anche il periodo di viaggio, i successivi cinque anni della vita di Paolo furono vissuti tutta sotto la custodia romana. Si trattava di un netto contrasto con i suoi precedenti anni di viaggi ampi e spontanei.
i. Paolo aveva vissuto con grande libertà per molti anni, durante i quali aveva dovuto confidare nelle promesse di Dio. Ma dovette anche confidare nelle promesse di Gesù nei suoi anni di scarsa libertà, sapendo che Dio poteva operare con la stessa potenza anche in quelle circostanze più difficili.
ii. Paolo aveva bisogno di ricevere le promesse di Gesù – sia quelle di 20 anni prima, sia quelle fatte di recente – di riceverle con grande fede, permettendo a quelle promesse di fare la differenza nel modo in cui pensava e persino si sentiva. Lo stesso vale per ogni credente.
© 2024 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com