Galati 1 – La minaccia di un vangelo diverso
A. Introduzione alla lettera dell’apostolo Paolo ai Galati.
1. (1-2) Lo scrittore e i lettori.
Paolo, apostolo (non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma tramite Gesù Cristo e Dio Padre, che lo ha risuscitato dai morti), e tutti i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia.
a. Paolo: La paternità apostolica di questa magnifica lettera è praticamente indiscussa, anche dagli studiosi più scettici.
i. La lettera ai Galati è stata definita “La Dichiarazione di Indipendenza della libertà cristiana”. Il grande riformatore Martin Lutero amava a tal punto questa lettera da chiamarla con il nome di sua moglie, Catherine von Bora, perché – diceva – “l’ho sposata”. Leon Morris scrisse: “Galati è una lettera piena di passione, l’espressione dell’anima di un predicatore pieno di fervore per il proprio Signore e profondamente determinato ad aiutare i propri ascoltatori a comprendere il potere salvifico della fede”.
ii. Molti studiosi credono che la lettera ai Galati sia stata scritta alla fine degli anni 40 d.C. o verso l’inizio degli anni 50 d.C., utilizzando il 50 d.C. come data approssimativa più frequente. Pare che Paolo abbia scritto questa lettera prima del Concilio di Gerusalemme menzionato negli Atti degli Apostoli al capitolo 15, perché, pur parlando di diversi viaggi a Gerusalemme, non vi fa mai riferimento. Dal momento che il Concilio riportato al capitolo 15 degli Atti degli Apostoli affronta in dettaglio le questioni trattate da Paolo, sarebbe illogico supporre che il concilio avesse già avuto luogo senza che lui ne avesse fatta menzione. Se è vero che la lettera ai Galati fu scritta intorno al 50 d.C., allora Paolo sarebbe stato un cristiano da circa 15 anni, essendosi convertito sulla via di Damasco intorno al 35 d.C.
b. Paolo, apostolo: L’enfasi sulle credenziali apostoliche di Paolo è importante. Egli stava per rivolgersi ai propri lettori con parole forti e determinate, perciò era fondamentale che i Galati capissero con quale autorità le stava scrivendo; per l’appunto, autorità apostolica. Paolo si aspettava che i cristiani avrebbero rispettato la sua autorità in veste di apostolo di Gesù Cristo.
i. “La parola apostolo, nel modo in cui viene usata da Paolo, non si riferisce solamente a chi ha un messaggio da annunciare, ma a un rappresentante designato da un mandato ufficiale, che ha ricevuto le credenziali necessarie per svolgere la sua carica.” (Wuest)
ii. Anche noi rispettiamo l’autorità apostolica di Paolo, considerando questa antica lettera come Parola di Dio e prendendola con serietà.
c. Non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma tramite Gesù Cristo e Dio Padre: Paolo non fu chiamato ad essere apostolo da parte di un uomo, né per mezzo di un uomo. La sua vocazione non fu causata da un uomo, né gli venne assegnata tramite un uomo, ma ebbe origine in Dio e venne direttamente da Dio. Il suo stato di apostolo non era basato sull’opinione della gente e non era stato assegnato da alcuna organizzazione umana, ma si basava su una chiamata divina, che veniva sia dal Padre che dal Figlio.
i. “La diretta negazione di Paolo è dovuta all’accusa … che non fosse un vero apostolo, perché non era uno dei dodici.” (Robertson)
ii. “Quando ero giovane, pensavo che Paolo stesse mettendo troppa enfasi sulla propria vocazione. Non riuscivo poi a capire dove volesse arrivare. Non avevo compreso l’importanza del suo ministero. Esaltiamo la nostra vocazione, non per ricevere gloria tra gli uomini, o denaro, o soddisfazioni, o vantaggi, ma perché la gente sia certa che le nostre parole siano le parole di Dio. Non si tratta di orgoglio peccaminoso, bensì di orgoglio di santità.” (Martin Lutero)
d. E tutti i fratelli che sono con me: Paolo porta i saluti di tutti i fratelli che sono con lui; tuttavia, l’uso della prima persona singolare in questa lettera (come in Galati 1:6) dimostra che in realtà non si tratta di una “stesura di gruppo”, una lettera scritta sia da Paolo che dai suoi collaboratori. Paolo ne è l’autore e porta i saluti dei propri amici come atto di cortesia.
e. Alle Chiese della Galazia: La lettera non era destinata a una singola chiesa in una singola città. Per esempio, la Prima lettera ai Tessalonicesi era indirizzata alla chiesa dei Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 1:1). Questa invece era destinata alle chiese della Galazia, nella quale, essendo una regione e non una città, si trovavano molte chiese.
i. “Durante il terzo secolo a.C. alcuni popoli celtici (detti anche Galli) migrarono in questa zona e, dopo aver combattuto i popoli incontrati sul proprio percorso, si insediarono nella parte settentrionale dell’Asia Minore. Successivamente, entrarono in conflitto con i Romani, dai quali vennero sconfitti; da quel momento rimasero sotto l’autorità dei Romani, come regno a loro subordinato. Il nome “Galazia” si riferiva al territorio occupato dai Galli.” (Morris)
ii. La Galazia era essenzialmente composta da due regioni, una a Nord (che comprendeva le città di Pessinus, Ancyra e Tavium) e una a Sud (che comprendeva le città di Antiochia, Pisidia, Iconio, Listra e Derbe). Non è chiaro se la lettera ai Galati sia stata scritta per le città della regione settentrionale o meridionale: a riguardo ci sono state discussioni considerevoli, sebbene la questione non sia di grande importanza.
iii. “È chiaro che l’intenzione di Paolo fosse di diffondere le proprie parole nella regione della Galazia. La lettera avrebbe raggiunto ogni nucleo, dove sarebbe stata poi letta, oppure sarebbero state fatte numerose copie, una per ciascuna chiesa.” (Morris)
f. Della Galazia: Il primo viaggio missionario portò Paolo nella Galazia meridionale (Atti 13:13 – 14:23), mentre il secondo (Atti 16:6) e il terzo (Atti 18:23) nella Galazia settentrionale.
i. In realtà, non ha importanza se la lettera fu scritta per la regione settentrionale o meridionale della Galazia. Potremmo non saperlo mai, ma non importa, perché questa è una lettera che ha qualcosa da dire a ciascun cristiano. Il dibattito riguardo alla Galazia settentrionale o meridionale è interessante per gli studiosi; potrebbe aiutare a comprendere il testo un po’ meglio, ma non molto.
2. (3-5) Paolo porta il suo saluto apostolico.
Grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci dalla presente malvagia età secondo la volontà di Dio, nostro Padre, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
a. Grazia a voi e pace: Questo è il saluto tipico di Paolo, secondo le usanze tradizionali della cultura greca (grazia) ed ebraica (pace). La stessa frase viene usata da Paolo altre cinque volte nel Nuovo Testamento.
i. Paolo utilizza la parola grazia oltre 100 volte nei propri scritti. Gli altri autori del Nuovo Testamento messi insieme l’hanno usata solo 55 volte. Paolo fu davvero l’apostolo della grazia.
ii. “Questi due termini, grazia e pace, sono la base del cristianesimo”. (Martin Lutero)
b. Che ha dato sé stesso per i nostri peccati: Dopo aver augurato grazia e pace ai propri lettori sia da Dio Padre che da Dio Figlio, Paolo elabora brevemente l’opera di Dio Figlio, Signore nostro Gesù Cristo. La prima cosa che scrive di Gesù è che ha dato sé stesso per i nostri peccati.
i. “In tutta l’epistola, Paolo guida i Galati alla centralità della croce. Non vede l’ora di rendere il concetto chiaro, tant’è che vi fa riferimento nella sua primissima frase.” (Morris)
ii. Gesù Cristo, che ha dato: Sappiamo da Giovanni 3:16 che Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Eppure, Dio Padre non è stato il solo a dare; anche Gesù ha dato. Gesù è un Dio e un Salvatore amorevole e generoso.
iii. Gesù ha dato la cosa più grande che si possa dare: sé stesso. Si potrebbe discutere su quale sia stato il dono più grande, che il Padre abbia dato il Figlio (Giovanni 3:16) o che il Figlio abbia dato sé stesso, ma si tratterebbe di una domanda irrilevante. Gesù ha dato il dono più grande a Lui possibile; ha dato sé stesso. In un certo senso, fino a quando non abbiamo dato noi stessi, non abbiamo ancora realmente dato.
iv. Gesù ha donato sé stesso per i nostri peccati, che è proprio la ragione per cui ha dovuto sacrificare Sé stesso. I nostri peccati sono ciò che ci mette sulla strada della rovina e della distruzione. Se Dio non avesse fatto nulla per salvarci, i nostri peccatici distruggerebbero. Perciò, per amore, Gesù ha dato sé stesso per i nostri peccati! L’amore di Dio per noi c’è sempre stato; ma non ci sarebbe mai stato bisogno che Gesù desse sé stesso, se i nostri peccati non ci avessero portati in una condizione terribile.
v. “Queste parole: ‘che ha dato sé stesso per i nostri peccati’, sono molto importanti. Paolo voleva dire ai Galati che la redenzione dei peccati e la perfetta virtù non vanno ricercati da nessun’altra parte se non in Cristo … Questa redenzione è così gloriosa che dovrebbe estasiarci e meravigliarci.” (Calvino)
c. Per sottrarci dalla presente malvagia età: Questo spiega perché Gesù ha dato sé stesso per i nostri peccati. Per molti versi, i Galati hanno lottato e talvolta perso contro questa malvagia età. Avevano bisogno di sapere che Gesù era venuto per salvarli dalla presente malvagia età.
i. Il concetto dietro la parola ‘sottrarci’ non è liberazione dalla presenza di qualcosa, ma liberazione dal potere di qualcosa. Non saremo liberati dalla presenza di questa malvagia età finché non saremo con Gesù, ma possiamo sperimentare la liberazione dal potere di questa malvagia età già adesso.
d. Secondo la volontà di Dio, nostro Padre, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli: Lo scopo principale di questa opera di salvezza non è di giovare all’uomo, benché sia parte dello scopo, ma è quello di dare gloria a Dio Padre.
i. L’insegnamento di false dottrine era un problema serio tra le chiese della Galazia, perché toglievano a Dio parte della gloria a Lui dovuta. Enfatizzando la gloria giustamente dovuta a Dio e il Suo piano di salvezza, Paolo sperava di riportare i Galati sulla retta via.
B. Il pericolo di un vangelo diverso.
1. (6) Lo stupore di Paolo.
Mi meraviglio che da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, passiate così presto ad un altro evangelo.
a. Mi meraviglio che […] così presto: Lo sbalordimento di Paolo non era dovuto tanto all’allontanamento in sé dei Galati – che avrebbe potuto certo allarmarlo, ma non sbalordirlo, – quanto alla rapidità di questo allontanamento.
i. A questo punto mancano i ringraziamenti o la lode che Paolo di solito porge all’inizio delle proprie lettere. Romani 1:8-15; 1 Corinzi 1:4-9; Filippesi 1:3-11; Colossesi 1:3-8 e 1 Tessalonicesi 1:2-10 sono tutti esempi dell’approccio iniziale dell’apostolo nelle proprie epistole alle chiese. L’assenza del ringraziamento e della lode e l’immediatezza con cui Paolo si rivolge ai Galati indicano la gravità del loro problema.
ii. “Questo è l’unico caso in cui San Paolo non esprime la propria gratitudine nel rivolgersi a una chiesa.” (Lightfoot)
b. Da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, passiate così presto ad un altro evangelo: Stavano voltando le spalle a una Persona (colui che vi ha chiamati) per rivolgersi ad una falsa idea (ad un altro evangelo). Voltare le spalle al vero vangelo è sempre voltare le spalle alla Persona di Gesù Cristo.
i. Da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo: Allontanandosi da Cristo, i Galati si stavano allontanando anche dal principio di grazia. Si stavano dirigendo lontano dalla grazia di Dio, anziché verso di essa.
2. (7) Tre fatti riguardanti questo vangelo diverso, al quale i Galati si stavano avvicinando.
Il quale non è un altro evangelo; ma vi sono alcuni che vi turbano e vogliono pervertire l’evangelo di Cristo.
a. Il quale non è un altro evangelo: Galati 1:7 ci insegna tre cose riguardo a questo vangelo diverso:
i. era un vangelo illegittimo (non è un altro evangelo).
ii. non era affatto buono, ma preoccupante (vi turbano).
iii. era una distorsione del vero vangelo (pervertire l’evangelo di Cristo).
b. Il quale non è un altro evangelo: Paolo aveva capito che questo diverso vangelo non era affatto un altro vangelo. Coloro che lo predicavano si erano probabilmente detti: “Sappiamo che il nostro messaggio è diverso da quello di Paolo. Lui ha la sua verità e noi la nostra. Lui ha il suo vangelo e noi il nostro.” Paolo respinse l’idea che il loro messaggio fosse un vangelo alternativo: non era in alcun modo legittimo.
i. La parola evangelo significa letteralmente “buona notizia”. Paolo stava affermando: “Non c’è nessuna ‘buona notizia’ in questo messaggio, ma solo cattive notizie; quindi, non è affatto una ‘notizia buona ma diversa’. È una cattiva notizia e basta. Questo non è affatto un altro vangelo.”
ii. La versione Nuova Diodati traduce così questo passaggio: un altro evangelo, il quale non è un altro evangelo. La New King James Version (la Nuova versione della Bibbia di Re Giacomo) è più chiara da questo punto di vista; infatti traduce: un diverso vangelo. Però non ce n’è un altro. Facendo distinzione tra diverso e altro, riflette accuratamente la differenza tra le due parole nel greco antico usate in questo passaggio. Diverso dà l’idea di “qualcosa di tipo diverso”, mentre un altro dà l’idea di “qualcosa dello stesso tipo”. È come se Paolo avesse scritto: “Vi hanno portato un vangelo completamente diverso, sostenendo che è solo un vangelo alternativo, dello stesso tipo. Non lo è affatto. Anzi, è completamente diverso”.
c. Vi sono alcuni che vi turbano: Coloro che stavano predicando quest’altro vangelo ai Galati stavano in realtà creando dei problemi. Ovviamente, non avevano presentato il proprio messaggio come un problema, ma di problema si trattava.
i. Alcuni che vi turbano: Qualcuno aveva portato questo falso vangelo ai Galati. I falsi vangeli non compaiono dal nulla. Sono predicati da gente che potrebbe avere le migliori intenzioni e avere molto carisma.
ii. “Nota l’ingegnosità del diavolo: gli eretici non rendono pubblici i propri errori; gli assassini, gli adulteri e i ladri si travestono. Così il diavolo maschera le proprie macchinazioni e le proprie opere: si veste di bianco per sembrare un angelo di luce.” (Martin Lutero)
d. Pervertire l’evangelo di Cristo: Quest’altro vangelo era una vera e propria perversione o distorsione del vero vangelo di Gesù Cristo. Non era un messaggio creato dal nulla, che chiamava Dio con un altro nome o che proponeva un nuovo salvatore, ma usava nomi e concetti familiari ai cristiani della Galazia, distorcendo leggermente i concetti per rendere il messaggio ancora più ingannevole.
i. L’evangelo di Cristo: Paolo non cercava di difendere il vangelo di Paolo, sebbene fosse anche il suo vangelo. Il solo motivo per cui valeva la pena battersi per difenderlo era che questo vangelo era in realtà l’evangelo di Cristo Gesù.
e. Vogliono pervertire l’evangelo di Cristo: Paolo scrive chiaramente che queste persone vogliono distorcere la buona novella di Gesù. A volte è difficile capire perché qualcuno voglia pervertire l’evangelo di Cristo.
i. C’è qualcosa nel messaggio del vero vangelo che è profondamente offensivo nei confronti della natura dell’uomo. Per capirlo, è necessario innanzitutto comprenderne il vero significato, che Paolo riassume in 1 Corinzi 15:1-4. Il messaggio del vangelo è quanto Gesù ha fatto per noi sulla croce, come rivelato dalle Scritture e dimostrato dalla sua risurrezione.
ii. Quando capiamo quanto sia offensivo il vero vangelo nei confronti della natura umana, comprendiamo meglio perché qualcuno voglia sovvertirlo.
· Il vangelo offende il nostro orgoglio. Ci dice che abbiamo bisogno di un Salvatore e che non possiamo salvarci da soli. Non ci dà alcun merito per la nostra salvezza; è tutta opera di Gesù.
· Il vangelo offende il nostro intelletto. Ci salva in un modo che molti considerano assurdo: un Dio che diventa uomo e muore in modo umiliante e disonorevole al posto nostro.
· Il vangelo offende la nostra conoscenza. Ci dice di credere in qualcosa che va contro la scienza e l’esperienza personale, cioè che un uomo morto, Gesù Cristo, è poi risorto dalla morte con un nuovo corpo glorioso che non morirà mai più.
3. (8-9) Una maledizione grave su coloro che predicano un falso vangelo.
Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Come abbiamo già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto.
a. Ma anche se noi o un angelo dal cielo: A Paolo non importava da chi provenisse questo falso vangelo. Fosse stato anche lui stesso, o un angelo dal cielo, doveva essere respinto. Chiunque predicasse un vangelo falso si rendeva degno di una maledizione particolare da parte di Dio (sia maledetto).
b. Sia maledetto: Sembra che Paolo avesse in mente le gravi maledizioni pronunciate da Dio contro coloro che avrebbero infranto il suo Patto (Deuteronomio 27). Non gli bastò dire “Non ascoltateli”. Pensò espressamente che dovessero essere maledetti.
c. Ora lo dico di nuovo: Non gli bastò nemmeno maledirli una volta sola. La maledizione è ripetuta per ulteriore enfasi; insomma, Paolo non si sarebbe potuto esprimere in modo più chiaro.
i. Qualcuno potrebbe chiedere: “Dov’è la benevolenza di Paolo?” Lanciò una “doppia maledizione” sulle persone che diffondevano un falso vangelo. Non si limitò a chiedere a Dio di maledire il messaggio, ma chiese di maledire le persone che lo insegnavano. Allora, dov’era la benevolenza di Paolo? La benevolenza di Paolo era rivolta alle anime che ora rischiavano l’inferno. Se un vangelo è falso, e non affatto “un’altra buona notizia”, allora non può salvare chi è perduto. Paolo guardò questo vangelo falso e perverso e disse: “Questa è una scialuppa di salvataggio che sta per affondare! Non può salvare nessuno! Voglio fare tutto quel che posso davanti a Dio per mettere in guardia queste persone, affinché non salgano sulla scialuppa di salvataggio sbagliata”.
C. La fonte divina del vangelo predicato da Paolo.
1. (10) Il vangelo di Paolo non nacque dal desiderio di compiacere la gente.
Infatti, cerco io ora di cattivarmi l’approvazione degli uomini o quella di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Infatti, se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.
a. Infatti, cerco io ora di cattivarmi l’approvazione degli uomini o quella di Dio?Questa frase non significa che Paolo volesse convincere Dio del proprio punto di vista, ma era a Lui che egli parlava. Quando Paolo parlava, parlava prima di tutto a Dio, non all’uomo.
b. Oppure cerco di piacere agli uomini? Il primo dovere di Paolo era di compiacere Dio e non quello di piacere agli uomini. Si rifiutava di adattare il proprio messaggio solo per compiacere i suoi ascoltatori. Era più preoccupato di piacere a Dio.
i. Sebbene non sia esplicitamente scritto, si avverte il paragone che Paolo fa tra sé stesso e coloro che predicavano il vangelo diverso. Sembrerebbe che quel vangelo diverso fosse stato pensato per compiacere l’uomo anziché Dio.
ii. “Ci sono sempre stati predicatori che hanno cercato il consenso popolare più di ogni altra cosa, e ce ne sono ancora oggi. Fa parte della debolezza della natura umana che anche coloro che hanno il compito di proclamare il vangelo possano cadere nella trappola di cercare di essere popolari anziché fedeli.” (Morris)
c. Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo: Per Paolo bisognava scegliere tra l’uno o l’altro. Il suo ministero non poteva piacere agli uomini e allo stesso tempo compiacere Gesù Cristo. Se la sua premura non fosse stata quella di compiacere Gesù, allora non sarebbe stato un servo di Cristo.
i. Servo non è forse la migliore traduzione in questo passaggio; sarebbe tradotto meglio come schiavo. “È un peccato che … le nostre traduzioni […] debbano costantemente fallire nel dare a questa parola il suo vero significato, promuovendo così la falsa concezione del ‘servizio’ cristiano (come qualcosa di essenzialmente volontario e part-time) così caratteristico dell’idealismo religioso moderno. Lo ‘schiavo di Cristo’ non è libero di offrire o rifiutare il suo ‘servizio’; la sua vita non è sua, ma appartiene interamente al suo Signore.” (Duncan, citato in Morris)
2. (11-12) La fonte divina del vangelo di Paolo.
Ora, fratelli, vi faccio sapere che l’evangelo, che è stato da me annunziato, non è secondo l’uomo, poiché io non l’ho ricevuto né imparato da nessun uomo, ma l’ho ricevuto per una rivelazione di Gesù Cristo.
a. L’evangelo, che è stato da me annunziato: Nell’originale in greco Paolo fa un gioco di parole, che si potrebbe tradurre con ‘il vangelo da me vangelato a voi’ (Morris), il cui significato rimane l’evangelo, che è stato da me annunziato.
b. Non è secondo l’uomo: In contrasto con il diverso vangelo insegnato da altri, il messaggio di Paolo era una rivelazione da Dio; non era il tentativo di un uomo di raggiungere e comprendere Dio, ma lo sforzo di Dio di abbassarsi e comunicare con l’uomo.
i. Gli uomini possono insegnare tante cose meravigliose, ma la rivelazione di Dio insegna tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà (2 Pietro 1:3). Oggi più che mai, il mondo non ha bisogno dei consigli e della saggezza dell’uomo, ma di una rivelazione da parte di Dio.
c. Non l’ho ricevuto né imparato da nessun uomo, ma l’ho ricevuto per una rivelazione di Gesù Cristo: La relazione personale che Paolo aveva con questo vangelo era unica. La maggior parte della gente apprende la buona novella da qualcun altro, che è il modo più comune che Dio usa per comunicare il vangelo (Romani 10:14-15). Tuttavia, per Paolo fu diverso, avendolo ricevuto tramite una rivelazione spettacolare nel suo incontro diretto con Gesù sulla via di Damasco.
i. Atti 9:1-9 descrive questo episodio straordinario: il Signore Gesù parlò a Paolo personalmente sulla via di Damasco, dopodiché Paolo trascorse tre giorni senza riuscire a vedere, prima che un cristiano di nome Anania si recasse da lui. Fu probabilmente durante questo periodo – sulla strada o durante i tre giorni – che Gesù gli rivelò il Suo vangelo. Non c’è dubbio che Paolo lo accolse subito, perché ricevette immediatamente la salvezza e cominciò a predicare il messaggio che Gesù gli aveva affidato (Atti 9: 20-22).
ii. “Paolo non ricevette alcuna istruzione da Anania. A quel punto Paolo era già stato chiamato, illuminato e istruito da Cristo sulla via di Damasco. Il suo contatto con Anania fu semplicemente una testimonianza del fatto che Paolo era stato chiamato da Cristo a predicare il vangelo.” (Lutero)
3. (13-24) Paolo dimostra che il suo messaggio non è di natura umana.
Avete infatti udito quale fu un tempo la mia condotta nel giudaismo, come perseguitavo con grande ferocia la chiesa di Dio e la devastavo. E progredivo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei connazionali, essendo estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri. Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare in me suo Figlio, affinché l’annunziassi fra i Gentili, io non mi consultai subito con carne e sangue, né salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai in Arabia e ritornai di nuovo a Damasco. Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per andare a vedere Pietro e rimasi con lui quindici giorni. E non vidi alcun altro degli apostoli, se non Giacomo, il fratello del Signore. Ora, quanto alle cose che vi scrivo, ecco, davanti a Dio non mento. Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. Or io ero sconosciuto personalmente alle chiese della Giudea, che sono in Cristo, ma esse udivano soltanto dire: «Colui che prima ci perseguitava, ora annunzia quella fede che egli devastava», e glorificavano Dio per causa mia.
a. Avete infatti udito: Sembrava che tutti avessero sentito che Paolo si era convertito. La sua storia era conosciuta dai cristiani in generale e in particolare da coloro con i quali era venuto personalmente in contatto. Possiamo essere sicuri che, se Paolo si fosse trovato a stare con della gente per un po’ di tempo ed avesse predicato loro il vangelo, avrebbe finito anche per condividere la propria testimonianza personale.
i. Il valore di una testimonianza personale non si limita a coloro che hanno avuto una conversione straordinaria come quella di Paolo. La gloria dell’opera di Dio è altrettanto evidente in coloro che pensano che la loro sia una testimonianza noiosa o banale.
b. La mia condotta nel giudaismo, come perseguitavo con grande ferocia la chiesa di Dio e la devastavo: Paolo era ben noto per essere un ebreo zelante che perseguitava i cristiani. Atti 8:1-3 e 9:1-2 descrivono l’energica persecuzione dei cristiani da parte di Paolo.
i. Questo dimostra che Paolo non era alla ricerca di qualche altra verità, quando ricevette il vangelo di Gesù. Purtroppo, molti di coloro che sono alla ricerca di una nuova rivelazione la troveranno: troveranno un inganno che li allontanerà da Gesù Cristo (come nel caso di Joseph Smith, il fondatore della Chiesa mormone).
c. Ma quando piacque a Dio: Paolo non si convertì per far piacere a qualcuno o perché un uomo qualsiasi l’aveva deciso, ma quando piacque a Dio. Inoltre, Dio non scelse Paolo, perché c’era qualcosa in lui che Gli piaceva; Dio chiamòPaolo mediante laSua grazia, senza alcun merito da parte di Paolo.
i. Sappiamo che questa chiamata non era dovuta a qualcosa che Paolo aveva fatto, perché ci dice chiaramente di essere stato chiamato fin dal grembo di sua madre. Quindi, Dio chiamò Paolo prima che Paolo avesse potuto fare qualsiasi cosa per meritarlo.
ii. Prima che Paolo si convertisse, l’enfasi era su ciò che lui aveva fatto: perseguitavo […] progredivo[…](ero) estremamente zelante. Dopo la conversione, l’enfasi era su ciò che Dio aveva fatto: Dio, che mi aveva appartato […]mi ha chiamato […] per rivelare in me suo Figlio.
iii. “Voleva dimostrare che la sua vocazione dipendeva dall’elezione segreta di Dio, e che era stato ordinato apostolo, non perché si fosse messo in testa di svolgere un tale incarico da sé o perché Dio aveva capito che in effetti era degno di ricevere tale incarico, ma perché, prima di nascere, era stato scelto da Dio secondo il Suo disegno segreto.” (Calvino)
d. Appartato: Questa è una parola importante. La parola in greco antico è aphorizo ed era usata come titolo per l’élite religiosa ai tempi di Paolo: gli “appartati”, conosciuti come farisei. Prima che Paolo si convertisse, era un fariseo importante (Filippesi 3:5), sebbene non fosse stato ancora realmente messo da parte per Dio. Attraverso l’opera di Gesù, fu realmente appartato perservireDio.
i. “Questa parola è simile a quella di ‘fariseo’, e i farisei non ne dubitavano: sostenevano fermamente di essere “appartati” per Dio.” (Morris)
e. Rivelare in me suo Figlio: In Galati 1:12, Paolo scrisse di come Gesù si fosse rivelato a lui (peruna rivelazione di Gesù Cristo). Tuttavia, in questo passaggio c’è qualcosa di diverso e forse ancor più glorioso: Gesù si rivelò inPaolo. Dio non vuole limitarsi a rivelare Gesù a noi; vuole rivelare Gesù innoi.
i. “Quello che comincia come una rivelazione di Cristo a Paolo diventa una rivelazione di Cristo in Paolo, mentre lo Spirito produce i suoi frutti in un terreno non avvezzo.” (Cole, citato in Morris)
f. Affinché l’annunziassi fra i Gentili: Questo dimostra che Dio ha un senso dell’umorismo. Scelse un uomo prima ancora che nascesse per il compito di predicare il vangelo ai Gentili (ossia ai pagani). Paolo crebbe odiando i Gentili, probabilmente credendo come alcuni ebrei dei suoi tempi (non tutti) che l’unico motivo per cui Dio aveva creato i Gentili era perché alimentassero il fuoco dell’inferno.
g. Io non mi consultai subito con carne e sangue: Inoltre, subito dopo la sua conversione, Paolo non si rivolse a nessuno (nemmeno agli apostoli di Gerusalemme) per scoprire il contenuto del vangelo. Non ne aveva bisogno, perché il vangelo gli fu rivelato direttamente da Gesù.
i. Non significa che Paolo pensasse che fosse sbagliato sentire il vangelo da altri, e nemmeno che coloro che apprendono il vangelo da qualcuno che non è un apostolo ricevono una salvezza di livello inferiore. Il punto è semplicemente che il vangelo che Paolo predicava non era un vangelo ricevuto da uomo, e che tale questione era fuori discussione.
h. Ma me ne andai in Arabia: Paolo non si recò in quella che oggi chiamiamo Arabia Saudita. L’area conosciuta ai tempi come Arabia si estendeva fino alla città di Damasco. Paolo probabilmente risiedeva in un luogo tranquillo nel deserto fuori Damasco.
i. Poi, dopo tre anni: Questo passaggio dimostra che Paolo non poteva aver appreso il vangelo dagli apostoli, perché incontrò Pietro e Giacomo ben tre anni dopo la conversione.
i. È strano che Paolo aspettò così a lungo prima di incontrare gli apostoli. “Ci si sarebbe aspettato che un nuovo convertito, soprattutto uno che era stato il primo a perseguitare i credenti, volesse mettersi in contatto con i leader del movimento che ora aveva abbracciato, se non altro per assicurarsi di avere una corretta comprensione degli insegnamenti cristiani. Ma Paolo non lo fece.” (Morris)
ii. Nessuno aveva comandato a Paolo di presentarsi davanti agli apostoli per essere esaminato. “A vedere Pietro”: il verbo qui tradotto in “vedere” sta ad indicare una visita come turista. “‘Un verbo usato’ – dice Crisostomo – ‘da quelli che vanno a visitare città importanti e famose’”. (Lightfoot) Insomma, nessuno aveva dato ordini a Paolo di andare a Gerusalemme per dare un resoconto a Pietro o agli altri discepoli; ci andò di sua spontanea volontà, come turista.
j. Udivano soltanto dire: «Colui che prima ci perseguitava, ora annunzia quella fede che egli devastava». È vero che Paolo non aveva appreso il contenuto essenziale del vangelo da alcun uomo, ed è anche vero che i primi cristiani facevano fatica a capire la missione di Paolo in Cristo. Tutto quello che sapevano era che era stato straordinariamente trasformato, e per quello glorificavano Dio. Dopo essersi convertito, Paolo rimase nell’anonimato per molti anni.
i. Il fatto che Paolo rimase per un periodo sconosciuto è certamente diverso dalla tendenza attuale di esaltare qualsiasi celebrità non appena questa si converta al cristianesimo. Paolo fu ben contento di trascorrere molti anni nell’anonimato, prima che Dio gli assegnasse un incarico pubblico.
ii. In questo passo, Paolo documenta che i contatti tra lui e gli apostoli erano sufficienti perché fossero in perfetto accordo, ma non troppi da lasciar intendere che Paolo avesse ottenuto il vangelo da loro anziché da Dio.
iii. Lo scopo di Paolo nella seconda parte di questo capitolo è importante. Il suo vangelo e la sua esperienza erano veri, perché provenivano veramente da Dio. È giusto che ciascun cristiano si chieda: “Il vangelo che professo viene da Dio o me lo sono inventato io?” Tutti noi dovremmo esaminare la nostra esperienza cristiana, perché solo ciò che viene da Dio può davvero salvarci e cambiare per sempre la nostra vita.
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