Galati 2 – Paolo difende il Vangelo della Grazia
A. Paolo presenta ai capi della chiesa di Gerusalemme il vangelo della grazia rivelatogli da Gesù.
1. (1-2) Il viaggio successivo di Paolo a Gerusalemme.
Poi, dopo quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito. Or vi salii per rivelazione ed esposi loro l’evangelo che io predico fra i Gentili, ma lo esposi privatamente a coloro che godevano maggior credito, perché non corressi, o non avessi corso invano.
a. Poi, dopo quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme: In Galati 1:18-19, Paolo racconta della sua visita a Gerusalemme tre anni dopo aver incontrato Gesù sulla via di Damasco. In questo passaggio invece descrive un secondo viaggio a Gerusalemme, avvenuto quattordici anni dopo.
i. È importante ricordare lo scopo del primo capitolo della lettera ai Galati. Paolo ha appena testimoniato che il suo vangelo derivava dalla rivelazione ricevuta da Gesù e non da un uomo, né tanto meno dagli apostoli. Le sue due uniche visite a Gerusalemme nell’arco di 14 anni dimostrano che Paolo non si sedette ai piedi dei discepoli di Gesù per imparare il vangelo.
b. Con Barnaba, prendendo con me anche Tito: Sia Barnaba (che era molto rispettato tra i capi della chiesa di Gerusalemme, secondo Atti 4:36-37 e 11:22) che Tito (un Gentile convertito) accompagnarono Paolo nel suo viaggio.
i. Tito era un uomo straordinario e un collaboratore dell’apostolo Paolo. Un numero sorprendente di passaggi indica che Paolo voleva davvero bene a Tito, si fidava di lui e lo considerava un collaboratore prezioso.
· In 2 Corinzi 2:13, Paolo si riferisce a Tito come mio fratello e dice di non avere alcuna requie nel suo spirito per non averlo trovato a Troas.
· In 2 Corinzi 7:6 Paolo racconta di essere confortato dall’arrivo di Tito.
· 2 Corinzi 8:6 mostra come Paolo si fidasse di Tito anche per questioni finanziarie, come per ricevere una donazione da parte dei Corinzi.
· 2 Corinzi 8:16 dice che Tito aveva la stessa sollecitudine di Paolo nei confronti dei Corinzi.
· In 2 Corinzi 8:23, Paolo disse di Tito, egli è mio collaboratore e compagno d’opera in mezzo a voi.
· In 2 Corinzi 12:18, Paolo parlò di nuovo di Tito e di come entrambi avessero a cuore e condividessero le stesse priorità: Tito si è approfittato di voi? Non abbiamo camminato col medesimo spirito e sulle medesime orme?
· In Tito 1:4, Paolo chiamò Tito mio vero figlio nella comune fede.
c. Or vi salii per rivelazione: Quello che Paolo sta cercando di far capire è che andò a Gerusalemme su istruzione esplicita di Dio. Non ci andò su invito di qualcuno, ma perché Dio gli aveva detto di andarci.
d. Ed esposi loro l’evangelo che io predico fra i Gentili: il viaggio a Gerusalemme menzionato qui si riferisce molto probabilmente a quello citato in Atti 11:27-30. In quella circostanza, Paolo portò un dono da parte dei cristiani di altre città ai credenti di Gerusalemme, che stavano soffrendo per via della carestia. Mentre si trovava a Gerusalemme, assicurò i conduttori della Chiesa che stava ubbidendo a Dio nella sua presentazione del vangelo ai Gentili.
i. In quel periodo, c’era disaccordo sulla posizione dei Gentili all’interno del Corpo di Cristo. Secondo Atti 10, Dio si servì di Pietro per accogliere i Gentili nella Chiesa. Tuttavia, alcuni cristiani di origini ebraiche sostenevano che i Gentili avrebbero potuto ricevere la salvezza solo se prima si fossero fatti ebrei e si fossero sottoposti alla Legge di Mosè. Credevano che solo il popolo ebraico potesse ricevere la salvezza in Gesù, e che i Gentili sarebbero dovuti diventare ebrei prima di poter diventare cristiani.
ii. “Gli ebrei credenti, tuttavia, non riuscivano a capire che la circoncisione non era necessaria per la salvezza. Questa scorretta mentalità era incoraggiata dai falsi apostoli. Il risultato fu che la gente serbava rancore nei confronti di Paolo e della sua dottrina.” (Lutero)
iii. Essendo al corrente di questa disputa riguardo ai Gentili, le autorità della chiesa di Gerusalemme volevano sapere che cosa stava insegnando Paolo. La visita a Gerusalemme era il momento perfetto; quindi, Paolo espose loro l’evangelo che stava predicando fra i Gentili.
e. Ma lo esposi privatamente a coloro che godevano maggior credito: Paolo era certo di aver ricevuto il vero vangelo; tuttavia, non sapeva come lo avrebbero accolto le persone che contavano (di maggior credito) a Gerusalemme. Forse persino alcuni degli apostoli avevano torto su questo argomento e bisognava correggerli! Quindi, considerando l’eventualità di un confronto, Paolo lo espose privatamente a coloro che godevano maggior credito a Gerusalemme. Fece del suo meglio per non imbarazzarli pubblicamente.
i. Quanta amorevolezza e sensibilità da parte di Paolo! Sarebbe stato facile dire: “Ho ragione io e, se qualcuno non è d’accordo con me, si sbaglia; non vedo l’ora di affrontare queste persone pubblicamente”. Ma non lo fece. Sapere di avere ragione non lo autorizzava a porsi in maniera scortese.
f. Perché non corressi, o non avessi corso invano: è probabile che questo commento non derivi dalla paura di essere squalificato. Forse Paolo temeva che un inutile conflitto con le autorità della chiesa di Gerusalemme potesse in qualche modo danneggiare la sua reputazione e il suo ministero. Inoltre, c’era il pericolo che falsi predicatori – se incoraggiati dai capi di Gerusalemme – potessero rovinare l’opera di Paolo nel fondare chiese e creare discepoli di Gesù, e quindi che il lavoro di Paolo venisse vanificato.
2. (3-5) La questione della circoncisione di Tito.
Ma neppure Tito che era con me, benché fosse Greco, fu costretto a farsi circoncidere; e ciò a causa dei falsi fratelli introdottisi abusivamente, i quali si erano insinuati per spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di metterci in servitù. A costoro non cedemmo in sottomissione neppure per un momento, affinché la verità dell’evangelo dimorasse salda fra di voi.
a. Ma neppure Tito che era con me, benché fosse Greco, fu costretto a farsi circoncidere: Le autorità della chiesa di Gerusalemme avevano accettato Tito (un Gentile convertito), benché non fosse circonciso secondo la Legge di Mosè. Ciò significa che capivano il vangelo della grazia così come lo capiva Paolo.
i. La circoncisione di Tito avrebbe potuto essere un problema, perché la circoncisione – ossia la rimozione del prepuzio maschile – era il segno dell’iniziazione alla fede ebraica e all’alleanza mosaica. Nel caso in cui un Gentile di sesso maschile fosse voluto diventare ebreo, avrebbe dovuto farsi circoncidere da adulto. I maschi ebrei venivano circoncisi da neonati. Dal momento che tutti i maschi ebrei erano circoncisi e la maggior parte dei maschi Gentili non lo era, la circoncisione era un modo semplice per distinguere “quelli che facevano parte del patto” da “quelli che erano estranei all’alleanza mosaica”.
ii. “Certo, se un uomo avesse voluto vivere obbedendo alla legge, il primo passo sarebbe stato la circoncisione.” (Morris)
iii. “Paolo non condannò la circoncisione, come se fosse un peccato praticarla. Ma insistette, con il supporto della Chiesa, che la circoncisione non aveva alcun impatto sulla salvezza e quindi non doveva essere forzata sui Gentili.” (Lutero)
b. E ciò a causa dei falsi fratelli: Tuttavia, il fatto che Tito non era circonciso divenne un problema per via dei falsi fratelli che tentarono di portare Paolo e gli altri cristiani in servitù della legge.
i. È significativo che Paolo li chiami falsi fratelli– un appellativo duro. Certo, costoro non pensavano di essere falsi fratelli; pensavano di essere veri fratelli. Ma, poiché si opponevano e contraddicevano il vangelo rivelato a Paolo da Gesù Cristo, erano davvero falsi fratelli, secondo quanto scritto in Galati 1:6-9.
ii. È significativo anche che Paolo dica che questi uomini si erano insinuati e si erano aggregati abusivamente. Non erano arrivati con tanto di distintivo che diceva: “Falso fratello”, né avevano presentato un manifesto che riportava: “Siamo venuti per spiare la tua libertà in Cristo e renderti schiavo della legge (metterti in servitù)”. Probabilmente questa gente aveva le migliori intenzioni, ma rimaneva pur sempre gente pericolosa che andava affrontata.
iii. Stott scrive riguardo a ‘introdottisi abusivamente’: “Questo potrebbe significare che [i falsi fratelli] non avrebbero dovuto essere affatto presenti nella comunità ecclesiastica oppure che si erano presentati, senza essere invitati, a riunioni private tra gli apostoli”.
iv. È significativo, infine, che Paolo affermi che lo scopo di questi uomini era di metterci in servitù. Per Paolo, questo non si trattava solo di un problema tra i falsi fratelli e i Gentili. Sarebbe stato facile per Paolo dire: “Questo problema non mi riguarda. Dopotutto, io sono ebreo e sono stato circonciso secondo la Legge di Mosè. Che siano Tito o altri Gentili a risolvere questo problema; i falsi fratelli ce l’hanno con loro, non con me”. Tuttavia, Paolo si rese conto che, se il messaggio del vangelo fosse stato compromesso, non sarebbe stata solo una schiavitù per i Gentili, ma anche per tutti quelli che proclamavano il nome di Gesù.
c. Non cedemmo in sottomissione neppure per un momento: In risposta, Paolo rimase saldo. Alcuni potrebbero rimanere saldi per orgoglio o semplice testardaggine, ma Paolo lo fece affinché la verità dell’evangelo dimorasse salda fra di voi (fra i cristiani Gentili come quelli in Galazia).
i. “Se l’avessero chiesto come un gesto di amore fraterno, Paolo non gli avrebbe detto di no. Ma, perché lo pretendevano, dicendo che era necessario per la salvezza, Paolo si oppose e vinse. E Tito non fu circonciso.” (Lutero)
ii. “Il passaggio è grammaticalmente difficile … Chiaramente Paolo era profondamente coinvolto quando scrisse questo passaggio e non prestò molta attenzione alle sottigliezze grammaticali.” (Morris)
3. (6) Paolo riassume il suo concetto: il suo vangelo o le sue credenziali apostoliche non dipendono da alcun tipo di approvazione o influenza umana, nemmeno quella di uomini influenti.
Ma da parte di quelli che godevano maggior credito (quali fossero stati, non m’importa nulla; Dio non ha riguardo a persona), ebbene, quelli che godono maggior credito non m’imposero nulla di più.
a. Ma da parte di quelli che godevano maggior credito: Paolo sapeva che ai suoi tempi c’erano autorità di grande reputazione: cristiani “famosi”, per così dire. Eppure, non impressionarono né intimorirono Paolo; quali fossero stati, non m’importa nulla; Dio non ha riguardo a persona.
b. Quelli che godono maggior credito non m’imposero nulla di più: Anche se Paolo in alcune circostanze incontrò cristiani influenti e famosi, non furono questi a dargli il vangelo che predicava. I conduttori della chiesa di Gerusalemme non […] imposero nulla di più, cioè non aggiunsero nulla al vangelo che Paolo esponeva o alla sua autorità apostolica.
i. Paolo non rimase ad aspettare che qualcuno lo trasformasse in un cristiano straordinario. Sapeva che tutto si basa su una relazione personale con Gesù. Non vuol dire che Paolo non ricevesse nulla dagli altri o che nessuno potesse essergli di benedizione, ma la sua vita cristiana non era fondata su ciò che gli altri potessero fare per lui.
ii. “Le parole di Paolo non sono né una negazione, né una mancanza di rispetto per l’autorità apostolica [di quelli che godevano maggior credito]. Semplicemente chiarì che, sebbene accettasse il loro ruolo di apostoli, non aveva soggezione dalla loro persona, che veniva esagerata (dai falsi predicatori).” (Stott)
4. (7-10) I conduttori della chiesa di Gerusalemme approvarono il vangelo di Paolo.
Anzi al contrario, avendo visto che mi era stato affidato l’evangelo per gli incirconcisi, come a Pietro quello per i circoncisi (poiché colui che aveva potentemente operato in Pietro per l’apostolato dei circoncisi, aveva potentemente operato anche in me per i Gentili), avendo conosciuto la grazia che mi era stata data, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano di associazione, affinché noi andassimo fra i Gentili, ed essi fra i circoncisi. Soltanto ci raccomandarono che ci ricordassimo dei poveri, proprio quello che anch’io mi ero proposto di fare.
a. Avendo visto che mi era stato affidato l’evangelo per gli incirconcisi: I leader della chiesa di Gerusalemme (Giacomo, il fratello di Gesù, Cefa, noto anche come Pietro e Giovanni) accettarono Paolo e il suo ministero per i Gentili. Approvarono il ministero di Paolo, sapendo che Paolo non richiedeva ai Gentili di sottoporsi alla Legge di Mosè per ricevere il favore di Dio.
b. Mi era stato affidato l’evangelo per gli incirconcisi, come a Pietro quello per i circoncisi: Il ministero di Paolo era primariamente per i Gentili, mentre il ministero di Pietro per gli ebrei. Queste distinzioni non erano categoriche; entrambi avevano servito anche il gruppo generalmente seguito dall’altro.
i. “Questa distribuzione [dei ministeri] non fissava limiti ferrei e immutabili che non potevano essere violati, come quelli di regni, principati e province”. (Calvino)
ii. Tuttavia, la distinzione è interessante, soprattutto perché i Cattolici sostengono che il Papa sia il successore di Pietro: ma quando, anche andando indietro nella storia, il ministero del Papa è stato rivolto agli ebrei? “Se l’apostolato di Pietro riguardava in modo particolare gli ebrei, che i Cattolici si domandino da dove deriva la loro rivendicazione del primato [papale]! Se il Papa di Roma rivendica il primato come successore di Pietro, che lo eserciti sugli ebrei. Benché Paolo qui si definisca l’apostolo dei Gentili, i Cattolici negano che egli fosse il vescovo di Roma. Pertanto, se il Papa davvero vuole possedere il proprio primato, che fondi Chiese tra gli ebrei.” (Calvino)
c. Soltanto ci raccomandarono che ci ricordassimo dei poveri: L’unico consiglio dei capi di Gerusalemme fu che Paolo si ricordasse dei poveri. In questo caso, si trattava probabilmente dei credenti poveri di Gerusalemme, che i credenti Gentili non avrebbero dovuto dimenticare.
i. Paolo certamente si ricordava dei poveri di Gerusalemme. Aveva lavorato sodo per organizzare una raccolta di fondi da parte delle chiese dei Gentili per i cristiani poveri di Gerusalemme
B. Il contesto dello scontro tra Paolo e Pietro riguardo all’accettazione dei Gentili.
1. (11-13) Il motivo del rimprovero pubblico da parte di Paolo verso l’apostolo Pietro.
Ma quando Pietro venne in Antiochia, io gli resistei in faccia, perché era da riprendere. Infatti, prima che venissero alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con i Gentili; ma quando giunsero quelli, egli si ritirò e si separò, temendo quelli della circoncisione. E anche gli altri Giudei fingevano assieme a lui, tanto che anche Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia.
a. Ma quando Pietro venne in Antiochia: Pietro approvò il vangelo e il ministero di Paolo quando Paolo si recò a Gerusalemme (Galati 2:9), e Dio stesso si servì di lui per accogliere i Gentili nel cristianesimo senza che dovessero diventare ebrei (Atti 11:1-18).
b. Egli si ritirò e si separò, temendo quelli della circoncisione: Nonostante Pietro in precedenza fosse d’accordo con l’accoglienza dei Gentili nella Chiesa senza la necessità di sottometterli alla Legge di Mosè, quando Pietro si recò ad Antiochia(la chiesa di Paolo), le cose cambiarono. Dopo l’arrivo di certi credenti ebrei provenienti da Gerusalemme, si rifiutò di socializzare con i cristiani Gentili.
i. Paolo si riferisce a questi cristiani di origini ebraiche come ad “alcuni da parte di Giacomo” e “quelli della circoncisione”. Conoscendo la loro provenienza culturale, Pietro sapeva che la sua amicizia con i Gentili che non si erano sottomessi alla Legge di Mosè li avrebbe offesi. Ai loro occhi, questi Gentili incirconcisi non erano affatto cristiani. Quindi, per accontentarli e per evitare conflitti, Pietro trattò questi cristiani Gentili alla stregua di pagani.
ii. Pietro sapeva che Dio non comandava ai Gentili di sottomettersi alla Legge di Mosè per ricevere la salvezza. L’aveva imparato nella visione ricevuta da Dio (Atti 10:10-16). L’aveva imparato dalla discesa dello Spirito Santo sui Gentili che credettero, benché incirconcisi (Atti 10:44-48). L’aveva imparato anche in accordo con gli altri conduttori della Chiesa (Atti 11:1-18). Eppure, in quel momento Pietro ritrattò tutto quello che sapeva riguardo alla posizione dei Gentili nella Chiesa, e trattò i Gentili non circoncisi come se non fossero affatto salvati.
iii. “Sembra che Pietro avesse adottato tale comportamento con imbarazzo. Come dice il Vescovo Lightfoot, ‘le parole descrivono con forza l’allontanarsi cauto di una persona timida che vuole sfuggire all’attenzione.’” (Stott)
iv. “È peculiare che nessuno sembra aver ricordato che Gesù mangiava ‘con pubblicani e peccatori’, il che significa che Pietro difficilmente si fosse attenuto rigidamente alla pratica ebraica.” (Morris)
v. Purtroppo, altri seguirono l’esempio di Pietro. “I peccati dei maestri sono maestri di altri peccati” (Trapp)
c. Io gli resistei in faccia, perché era da riprendere: Questo dimostra quanto seria fosse la questione per Paolo, per la quale Confrontò Pietro pubblicamente (dissi a Pietro in presenza di tutti, Galati 2:14).
i. Questa faccenda era seria anche perché riguardava l’atto del mangiare insieme. Prima che venissero alcuni da parte di Giacomo, Pietro mangiava con i Gentili. Tuttavia, una volta arrivati, Pietro si ritirò e si separò. Questa separazione avvenne probabilmente durante una cena di condivisione in chiesa, chiamata anche “banchetto agape” o “festa dell’amore”. Durante la cena, avrebbero commemorato la morte del Signore e avrebbero preso la santa cena insieme. È quindi possibile che Pietro abbia allontanato i credenti Gentili dal tavolo della comunione.
ii. “È possibile che l’osservanza della santa comunione fosse prevista in quest’occasione, perché pare che spesso nelle prime comunità cristiane venisse praticata durante un pasto al quale partecipavano tutti i credenti. Se tale fosse stato il caso ad Antiochia, i credenti sarebbero stati divisi alla mensa del Signore.” (Morris)
iii. “Paolo, non avendo sentito da altri quello che era successo, ma avendolo visto con i propri occhi, per evitare scandalo maggiore, non rinvia il rimprovero, né ammonisce Pietro in privato, dal momento che l’offesa era stata pubblica e un tale rattoppo non avrebbe rammendato lo strappo.” (Poole)
d. Temendo quelli della circoncisione: Questo spiega perché Pietro si comportò in quel modo, ben sapendo che Dio aveva accolto i Gentili nella Chiesa senza sottoporli alla Legge di Mosè. Per paura, Pietro agì contro ciò che sapeva essere giusto. “Forse Pietro temeva che, se i membri dell’ambasciata tornando a Gerusalemme avessero riportato che lui stava mangiando con i Gentili, avrebbero compromesso la sua posizione nella chiesa principale”. (Morris)
i. È facile criticare Pietro; eppure, tutti sappiamo cosa significa fare qualcosa che sapevamo essere sbagliato. Tutti sappiamo come ci si sente nell’andare contro ciò che sappiamo bene essere giusto. E tutti sappiamo come ci si sente quando la pressione intorno a noi ci spinge a comprometterci in qualche modo.
ii. “L’allontanarsi dalla comunione conviviale con i credenti Gentili non fu ispirato da alcun principio teologico, ma dal forte timore generato dalla pressione di un piccolo gruppo… Pietro credeva ancora nel vangelo, ma [in quel momento] non riuscì a metterlo in pratica.” (Stott)
iii. Questo era il tipo di comportamento che aveva dominato la vita di Pietro prima di essere trasformato dalla potenza di Dio. È lo stesso Pietro che disse a Gesù di non farsi crocifiggere, o come quando Pietro, dopo aver distolto lo sguardo da Gesù, stava per affondare mentre camminava sull’acqua, o come quando Pietro tagliò l’orecchio del servo del Sommo Sacerdote quando i soldati vennero ad arrestare Gesù. In questo passaggio della lettera ai Galati, vediamo come la carne era ancora presente in Pietro. Aver ricevuto la salvezza e lo Spirito Santo non lo avevano reso perfetto; il vecchio Pietro era ancora lì, si manifestava solo meno frequentemente.
iv. Potremmo rimanere sorpresi dal fatto che Pietro scese a compromessi su ciò che sapeva essere giusto, ma solo se non credessimo a ciò che Dio dice riguardo alla debolezza e alla corruzione della carne. Paolo stesso conosceva questo combattimento, come descritto in Romani 7:18: Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo.
v. “Nessun uomo è in una posizione così sicura da essere certo di non cadere. Se Pietro è caduto, posso cadere anch’io. Se è riuscito a rialzarsi, posso rialzarmi anch’io. Abbiamo gli stessi doni che [gli apostoli] avevano, lo stesso Cristo, lo stesso battesimo e lo stesso vangelo, lo stesso perdono dei peccati.” (Lutero)
e. Temendo quelli della circoncisione: Non sappiamo per quale motivo gli amici giudei di Giacomo intimidivano Pietro. Forse erano uomini con una forte personalità. Forse erano uomini di grande prestigio e influenza. Forse avevano fatto minacce di qualche sorta. Qualunque cosa fosse, il desiderio di soddisfare questi cristiani ebrei legalisti era così forte che anche Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Quando vennero questi da parte di Giacomo, perfino Barnaba trattò i cristiani Gentili come se non fossero stati affatto cristiani.
i. Incredibile! Barnaba era amico fidato e collaboratore di Paolo. Barnaba era al fianco di Paolo quando incontrò per la prima volta gli apostoli (Atti 9:27). Barnaba andò alla ricerca di Paolo e, trovatolo, lo portò ad Antiochia come aiuto per il ministero (Atti 11:25). Atti 11:24 dice che Barnaba era un brav’uomo, pieno di Spirito Santo e di fede. Eppure, anche Barnaba fallì in questa prova fondamentale.
ii. “La ritrattazione di Barnaba sulla libertà dei Gentili era una questione molto più seria rispetto al tentennamento di Pietro… Barnaba, il principale difensore della libertà dei Gentili accanto a Paolo, era diventato un voltagabbana.” (Wuest)
iii. “Non si può escludere che questo incidente, avendo creato un temporaneo sentimento di sfiducia, possa aver preparato la strada al disaccordo tra Paolo e Barnaba che poco dopo portò alla loro separazione (Atti 15:39).” (Lightfoot)
f. Gli altri Giudei fingevano assieme a lui: Questo dimostra che la situazione non si limitava a Pietro e Barnaba. Pietro per primo si comportò come se i cristiani Gentili non fossero affatto cristiani. Poi Barnaba lo imitò. Poi tutti gli altri Giudei della chiesa di Antiochia li seguirono.
i. Questo mostra quanto grave sia la responsabilità sulle spalle di un leader. Quando prendiamo una strada sbagliata, spesso altri ci seguono. Satana sapeva che, se avesse potuto fare in modo che Pietro prendesse la strada sbagliata, molti altri lo avrebbero seguito.
g. Fingevano assieme a lui… fu trascinato dalla loro ipocrisia: La parola ipocrita, nella lingua originale del Nuovo Testamento, significa “uno che indossa una maschera”, riferendosi a un attore. In questo caso, Pietro, Barnaba e il resto dei cristiani ebrei di Antiochia sapevano che i credenti Gentili erano cristiani a tutti gli effetti. Eppure, a causa della pressione creata da alcuni da parte diGiacomo, si comportarono come se non lo fossero affatto.
i. Ma c’era di più. Pietro si ritirò e si separò dai credenti Gentili, quando prima mangiava con loro. In effetti, mangiava con loro spesso.
ii. Stott scrive riguardo alla frase “mangiava con i Gentili”: “Il tempo imperfetto del verbo mostra che questa fosse una sua pratica abituale. ‘[Pietro]… aveva l’abitudine di consumare i pasti con i Gentili’ (JBP).”
iii. Eppure, in quell’occasione Pietro si rifiutò di mangiare con i credenti Gentili. Quando un ebreo si rifiutava di sedersi alla stessa mensa con un Gentile, lo faceva in obbedienza ai rituali ebraici. Pietro aveva già imparato che l’osservanza di questi rituali (come, per esempio, consumare solo cibo kosher) non era essenziale per la salvezza cristiana, né per gli ebrei né per i Gentili (Atti 10 e 11). Pietro stesso aveva smesso di osservare questi rituali ebraici, ma ora si comportava come se li stesse ancora praticando, solo per soddisfare il legalismo di coloro che erano venuti da parte di Giacomo. Con il suo comportamento Pietro diede ad intendere che i credenti Gentili fossero obbligati a rispettare la Legge di Mosè, benché egli stesso non la osservasse più in maniera rigida.
2. (14a) Paolo affronta pubblicamente Pietro.
Ma quando io vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo, dissi a Pietro in presenza di tutti:
a. Ma quando io vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo: Alla base, la questione qui non riguardava chi si sedeva dove alla tavolata comune. Non si trattava di galateo né di mostrare buone maniere nell’accogliere degli ospiti. Non si trattava nemmeno di sensibilità verso la coscienza di un altro fratello. Paolo identificò il problema per quello che era: riguardava la verità dell’evangelo.
i. Quando alcuni da parte di Giacomo, Pietro, Barnaba e il resto dei giudei della chiesa di Antiochia scelsero di non mangiare insieme ai cristiani Gentili, è come se li avessero etichettati come pagani che non avevano ricevuto la salvezza. È come se avessero detto forte e chiaro: “Puoi essere a posto davanti a Dio solo se ti sottoponi ai requisiti della Legge di Mosè: devi essere circonciso; devi consumare cibo kosher; devi osservare le festività e i rituali; non puoi fare nulla che implichi una collaborazione con qualcuno che non è sottomesso alla Legge di Mosè. Questo è l’unico modo per ricevere la salvezza di Gesù.” Fu proprio questo messaggio che fece dire a Paolo: vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo.
ii. “Pur non avendolo detto, la condotta di Pietro affermava chiaramente che per ricevere la salvezza bisognava aggiungere l’osservanza della legge alla fede in Cristo. Dal comportamento di Pietro, i Gentili non potevano fare a meno di dedurre che sottomettersi alla legge era necessario per ricevere la salvezza.” (Lutero)
b. Dissi a Pietro in presenza di tutti: Immagina che scena! Eccoli là, all’agape dei cristiani di Antiochia. Ai credenti Gentili era stato appena chiesto di andarsene, o gli era stato detto di sedersi in una zona separata, lontano dai veri cristiani. In più, probabilmente gli era stato negato di condividere lo stesso cibo che i veri cristiani stavano mangiando. Pietro – l’ospite d’onore – aveva acconsentito a tutto questo. Barnaba – l’uomo che guidò molti Gentili alla fede in Gesù – lo seguì a ruota. Il resto dei giudei nella chiesa di Antiochia pure. Ma Paolo non lo tollerò. Essendo stato questo un pubblico affronto ai credenti Gentili e un pubblico rinnegamento della verità dell’evangelo, Paolo affrontò Pietro in modo pubblico.
i. Deve essere stato difficile, sapendo chi era Pietro. Pietro era il discepolo di Gesù più prominente, era il portavoce degli apostoli e probabilmente il cristiano di maggiore rilevanza nel mondo di allora.
ii. Deve essere stato difficile, sapendo chi era Paolo. Questo episodio accadde prima dei suoi viaggi missionari, prima di diventare un apostolo di grande rilievo. A quel tempo, Paolo era molto più conosciuto per il suo passato prima di diventare cristiano – ossia un terribile persecutore della Chiesa – che non per il cristiano che era allora.
iii. Deve essere stato difficile, sapendo chi stava dalla parte di Pietro. Innanzitutto, Paolo doveva fare i conti con le personalità forti e autoritarie di quelli da parte di Giacomo. Poi, c’era Barnaba, che era probabilmente il suo migliore amico. Infine, Paolo doveva fare i conti con tutti gli altri Giudei. Paolo era in minoranza su questo argomento: erano lui e tutti i cristiani Gentili contro tutti i cristiani giudei.
iv. Tuttavia, per quanto fosse difficile, Paolo lo fece perché sapeva che cosa c’era in gioco. Non si trattava di ammonire Pietro per la sua condotta personale o per un peccato che aveva commesso. Se quello fosse stato il motivo del suo rimprovero, Paolo probabilmente gli avrebbe parlato in privato. L’accaduto riguardava la verità dell’evangelo: “Ecco come un uomo può diventare giusto agli occhi di Dio”.
C. Le parole di Paolo nel rimproverare pubblicamente Pietro sulla questione dell’accettazione dei cristiani Gentili.
1. (14b) Paolo denuncia l’ipocrisia di Pietro, che vuole apparire come se stesse vivendo ancora sotto la legge.
«Se tu, che sei Giudeo, vivi alla gentile e non alla giudaica, perché costringi i Gentili a giudaizzare?»
a. Se tu, che sei Giudeo, vivi alla gentile e non alla giudaica: Per prima cosa, Paolo ricordò a Pietro che egli stesso non osservava rigorosamente la Legge di Mosè. “Pietro, tu mangi pancetta, prosciutto e aragosta, e non ti attieni alla dieta kosher. Eppure, ora, davanti a questi ospiti, alcuni da parte di Giacomo, ti comporti come se tu rispettassi sempre questi precetti.”
i. Non è difficile immaginare la scena. Tutti se la stanno spassando finché non arriva Paolo a guastare la festa. Probabilmente non sta urlando, ma parla certamente con voce ferma. E, mentre riferisce a tutti che Pietro non vive in osservanza della Legge di Mosè, quelli da parte di Giacomo rimangono attoniti, con tanto di sbigottimento stampato in faccia. “Che cosa? Pietro, il più importante di tutti gli apostoli, non osserva la Legge di Mosè?! Pietro mangia pancetta e aragosta?! Pietro mangia con i Gentili?!” Pietro comincia ad arrossire, il cuore gli va a mille, e gli vengono i crampi allo stomaco. Tutti si sentono a disagio e non vedono l’ora che l’intera situazione si sistemi velocemente.
ii. Ci si domanda poi se Paolo fosse nervoso o coraggioso in quel momento; forse stava tremando per l’adrenalina causata dall’intensità del confronto. Paolo non aveva una presenza fisica imponente. Alcuni dissero di Paolo (e probabilmente era, almeno in parte, vero): La sua presenza fisica è debole, e la sua parola di poco conto (2 Corinzi 10:10). Comunque sia, Paolo parlò, le sue parole furono memorabili, perché le riportò qui con esattezza.
iii. Lightfoot commenta così la precisazione di Paolo “che sei Giudeo”: “In questo passaggio è molto enfatico; ‘Se tu che sei nato e cresciuto ebreo, non segui le usanze ebraiche, quanto è irragionevole imporle ai Gentili!’”
b. Perché costringi i Gentili a giudaizzare?Forse Pietro e gli altri avrebbero potuto dire: “Non li stiamo forzando a vivere come giudei”. Ma naturalmente lo stavano facendo, perché il messaggio che stavano comunicando era: “Se non vivete alla giudaica, non siete salvati”. Questo era esattamente costringere i Gentili a giudaizzare(ossia a vivere sotto la legge).
2. (15-16) Paolo ricorda a Pietro che sono giustificati agli occhi di Dio grazie all’opera di Gesù sulla croce e non grazie all’obbedienza della legge.
Noi, di nascita Giudei e non peccatori fra i Gentili, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù, affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo e non mediante le opere della legge, poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge.
a. Noi, di nascita Giudei […] sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma per mezzo della fede in Gesù Cristo: “Pietro, siamo tutti cresciuti come giudei praticanti. Eppure, sappiamo bene che non eravamo considerati giusti davanti a Dio – giustificati– per le opere della legge da noi compiuto. Sappiamo che, anche se siamo stati giudei osservanti, siamo considerati giusti di fronte a Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo”.
i. Non è giustificato per le opere della legge: Questo è il primo uso che Paolo fa della straordinaria parola in greco antico dikaioo (ossia: giustificato, dichiarato giusto) nella sua lettera ai Galati. “È un concetto giuridico; la persona che è “giustificata” è quella che ottiene il verdetto [di innocenza] in tribunale. Usata in senso religioso, significa ‘ottenere un verdetto favorevole davanti a Dio nel Giorno del Giudizio.’” (Morris)
b. Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù: Paolo sapeva che perfino un giudeo rigorosamente osservante come lo era stato lui non avrebbe mai potuto essere considerato giusto agli occhi di Dio semplicemente perché rispettava la Legge di Mosè. Invece, Paolo stesso, Pietro e ogni singolo cristiano devono aver creduto […] in Cristo Gesù.
i. “‘Fede in Gesù Cristo’, inoltre, non è solo una convinzione intellettuale, ma un impegno e una dedizione personali. L’espressione nel mezzo del versetto 16 è (letteralmente) “abbiamo creduto in/dentro (dal greco eis) Gesù Cristo”. È un atto di dedizione; non si tratta semplicemente di accettare il fatto che Gesù sia vissuto e poi morto, ma implica anche correre verso di Lui per cercare rifugio e invocare la Sua misericordia.” (Stott)
ii. “Sarebbe difficile trovare una dichiarazione della dottrina della giustificazione più convincente di quella fatta qui. È ribadita da entrambi questi grandi apostoli (Noi […] sapendo), confermata dalla loro stessa esperienza (abbiamo creduto) e appoggiata dalle Sacre Scritture nell’Antico Testamento (poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge). Con questa triplice garanzia, dovremmo accettare la dottrina biblica della giustificazione e non permettere che la nostra naturale presunzione di autogiustificazione ci impedisca di riporre la nostra fede in Cristo.” (Stott)
c. Affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo e non mediante le opere della legge: Chiara enfasi da parte di Paolo, come a dire: “Pietro, non siamo stati giustificati perché obbedivamo alla Legge di Mosè, ma per la fede in Gesù”. Rifiutando la comunione con i credenti Gentili, Pietro con le sue azioni è come se avesse detto che noi siamo – in parte – considerati giusti davanti a Dio per le opere della legge. Paolo questo non lo tollerava, perché non era la verità.
d. Poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge: Qui, Paolo pone massima enfasi al proprio messaggio. Nessuna carne – né Gentile, né Giudeo, nessuno – sarà considerata giusta agli occhi di Dio per mezzo della legge.
i. Lightfoot così commenta il verso poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge: “Queste parole devono quindi essere considerate come una libera citazione del Salmo 143:2” (Perché nessun vivente sarà trovato giusto davanti a te).
ii. “Gli studiosi spiegano la via della salvezza in questo modo: quando una persona compie una buona azione, Dio la accetta e, come ricompensa, riversa amore nel cuore di quella persona. Chiamano questo processo “infusione di amore”. Tale amore in teoria dovrebbe rimanere nel cuore. Si infuriano quando gli viene detto che questa qualità del cuore non può giustificare nessuno davanti a Dio.” (Lutero)
iii. Dal momento che questo è vero, è chiaro quanto fu insensato e sbagliato il comportamento di Pietro nell’evitare i cristiani Gentili perché non osservavano la Legge di Mosè. Se nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge, allora che differenza fa se un Gentile è circonciso secondo la Legge di Mosè? Che differenza fa se un Gentile mangia cibo kosher? Tutto ciò che conta è che abbia riposto la sua fede in Cristo, perché è solo così che siamo resi giusti davanti a Dio.
3. (17-18) Paolo risponde all’obiezione principale contro la verità, cioè che siamo resi giusti agli occhi di Dio per la fede in Gesù e non per le opere alla legge.
Or se, cercando di essere giustificati in Cristo, siamo trovati anche noi peccatori, è forse Cristo ministro del peccato? Così non sia. Se infatti edifico di nuovo le cose che ho distrutto, io mi costituisco trasgressore.
a. Or se, cercando di essere giustificati in Cristo, siamo trovati anche noi peccatori, è forse Cristo ministro del peccato? Paolo stava affrontando un’obiezione che quelli da parte di Giacomo avrebbero potuto sollevare. È importante ricordare che Paolo fece questo discorso pubblicamente, con le parti interessate proprio di fronte a lui. In un lato della stanza c’erano quelli da parte di Giacomo, i quali credevano che Dio non avrebbe accettato i Gentili, a meno che non si fossero sottomessi alla Legge di Mosè. Pietro e Barnaba, il migliore amico di Paolo, erano seduti con loro. Di fatto, tutti i cristiani di origini ebraiche sedevano con i cristiani di Gerusalemme che non credevano che i Gentili della chiesa di Antiochia avessero davvero ricevuto la salvezza. In un contesto di vita reale come questo, Paolo non poteva semplicemente esprimere la sua opinione senza rispondere alle obiezioni – espresse e non – di coloro che non erano d’accordo con lui.
i. Per come la vedevano i giudei di Gerusalemme, l’idea che siamo resi giusti davanti a Dio esclusivamente mediante la fede in Gesù non era “vera” abbastanza. Dopo tutto, i cristiani stavano ancora lottando contro il peccato. Come potevano conciliare l’essere “accettati da Dio” con il fatto che combattessero ancora contro il peccato? Secondo il loro modo di pensare, questo avrebbe reso Cristo ministro del peccato, perché l’opera compiuta da Gesù per renderli giusti agli occhi di Dio a quanto pare non li aveva resi giusti a sufficienza.
ii. “Se Dio giustifica le persone cattive, a che serve essere buoni? Perché allora non fare e vivere come ci pare e piace?” (Stott)
b. Così non sia: La risposta di Paolo fu geniale. Per prima cosa, sì, cerchiamo di essere giustificati in Cristo e non dalla combinazione: Gesù + le nostre opere. In secondo luogo, sì, siamo trovati anche noi peccatori, cioè riconosciamo che pecchiamo ancora, anche se siamo stati resi giusti da Cristo. Ma no, questo certamente non rende Gesù l’autore del peccato nella nostra vita né tantomeno colui che lo approva. Cristo non è ministro del peccato.
i. “Ecco, in breve, la definizione di un cristiano: un cristiano non è qualcuno che non pecca, ma qualcuno contro cui Dio non attribuisce più il peccato, per via della sua fede in Cristo. Questa dottrina porta conforto alle coscienze aggravate da seri problemi.” (Lutero)
c. Se infatti edifico di nuovo le cose che ho distrutto, io mi costituisco trasgressore: La risposta di Paolo fu acuta e geniale. Paolo dice: “Se io dovessi provare di nuovo a essere accettato da Dio osservando le leggi ebraiche, allora mi dimostrerei trasgressore”. Essenzialmente è come se dicesse: “C’è più peccato nel cercare di essere accettati da Dio per via delle nostre azioni in obbedienza alla legge, che non ve ne sia nella vita di tutti i giorni di un cristiano.”
i. Questi uomini da parte di Giacomo pensavano di doversi tenere stretti alla legge – e secondo loro anche i Gentili avrebbero dovuto farlo – per limitare la quantità di peccati che avrebbero commesso. Ma quel che Paolo mostra è che, cercando di sottomettersi di nuovo alla legge, il loro peccato era addirittura peggiore.
ii. Come può definirsi peccato cercare di edificare di nuovo una via per essere accettati da Dio mediante l’osservanza della Legge di Mosè? Perché, in un certo senso, sarebbe come guardare Gesù, appeso alla croce, mentre patisce la punizione che noi avremmo meritato, sopportando l’ira di Dio per noi, e dirgli: “Quello che stai facendo è molto bello, ma non è abbastanza. La tua opera di redenzione sulla croce non sarà sufficiente agli occhi di Dio, a meno che io mi circoncida e mangi cibo kosher.” Quale grande insulto al Figlio di Dio!
iii. Senza dubbio, questa è la grande tragedia del legalismo. Nel cercare di rendersi più giusti davanti a Dio, i legalisti finiscono per essere meno giusti al Suo cospetto. Questo era esattamente il comportamento dei farisei che opposero grandemente Gesù durante i Suoi anni di ministero sulla terra. Paolo conosceva questo atteggiamento molto bene, essendo stato lui stesso un fariseo (Atti 23:6).
4. (19-20) Paolo descrive come la sua relazione con la legge sia stata per sempre cambiata.
Perché per mezzo della legge io sono morto alla legge, affinché io viva a Dio. Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me.
a. Perché per mezzo della legge io sono morto alla legge: Paolo fece una dichiarazione audace, affermando di essere morto alla legge. Se era morto alla legge, allora la legge non poteva essere il modo in cui era stato reso giusto agli occhi di Dio.
i. Si noti che non era la legge ad essere morta. La legge riflette, nel suo contesto, la santità del cuore e del carattere di Dio. Non c’era niente di male nella legge. Non era stata la legge a morire, ma era Paolo che era morto alla legge.
ii. Come ha fatto Paolo a morire alla legge? Per mezzo della legge io sono morto alla legge. Fu la legge stessa a “uccidere” Paolo. Gli mostrò che non sarebbe mai riuscito a mettere in pratica la legge e soddisfare il suo alto standard di santità. Per molto tempo, prima che Paolo incontrasse Gesù, credeva che Dio lo avrebbe accettato perché osservava la legge. Invece, giunse al punto in cui capì veramente la legge – comprendendola nel modo in cui Gesù la espose nel Sermone sul Monte (Matteo 5-7) – per poi rendersi conto che era la legge a renderlo colpevole davanti a Dio, e non giusto. Questo senso di colpa davanti a Dio “uccise” Paolo, facendogli capire che osservare la legge non era la soluzione.
iii. “Morire alla legge è rinunciarvi e liberarsi dal suo dominio, così da non fare affidamento su di essa e non essere prigionieri sotto il giogo della schiavitù.” (Calvino)
iv. Il problema di quelli da parte di Giacomo era che non stavano pensando né vivendo come se fossero morti alla legge. Credevano di essere ancora vivi sotto la legge e credevano che osservare la legge li avrebbe resi graditi a Dio. Non solo vivevano sotto la legge, ma volevano che anche i Gentili facessero lo stesso.
b. Per mezzo della legge io sono morto alla legge, affinché io viva a Dio: Quando Paolo morì alla legge, allora gli fu possibile vivere a Dio. Quando tentava ancora di giustificarsi davanti a Dio per la sua ubbidienza alla legge, era morto. Ma, quando morì alla legge, cominciò a vivere per Dio.
i. “Beato colui che sa fare uso di questa verità nei momenti di difficoltà. Egli può parlare e dire: “Signora Legge, procedi pure e accusami quanto vuoi. So di aver commesso molti peccati e di continuare a peccare ogni giorno. Ma questo non mi turba. Devi urlare più forte, Signora Legge. Sai, sono sordo. Parla quanto vuoi, per te io sono morto. Se vuoi parlarmi dei miei peccati, va’ e parla alla mia carne. Accanisciti pure, ma non parlare alla mia coscienza. La mia coscienza è una dama e una regina, e non ha niente a che fare con quelli come te, perché la mia coscienza vive per Cristo sotto un’altra legge, una legge nuova e migliore, la legge della grazia.” (Lutero)
c. Sono stato crocifisso con Cristo: Di nuovo, Paolo anticipa una domanda da parte di coloro che sapeva non essere d’accordo con lui. “Paolo, quando sei morto alla legge? Mi sembri vivo!” Paolo fu felice di rispondere: “Sono stato crocifisso con Cristo. Sono morto alla legge quando Gesù è morto sulla croce. È morto sulla croce al posto mio, quindi è come se fossi io su quella croce. È morto e, quando Lui è morto, sono morto alla legge.”
d. Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me: Essendo morti con Cristo sulla croce, viviamo una vita diversa. La nostra vecchia vita, vissuta sotto la legge, è morta. Ora viviamo a Gesù Cristo e Gesù è vivente in noi (ma è Cristo che vive in me).
i. Paolo si rese conto che sulla croce avvenne uno scambio magnifico. Egli consegnò a Gesù la propria vecchia vita, caratterizzata da innumerevoli tentativi di essere trovato giusto davanti a Dio per mezzo della legge, affinché fosse crocifissa con Gesù sulla croce. Gesù in cambio diede a Paolo la propria vita: Cristo venne a vivere in lui. Quindi la vita di Paolo non era più sua, ma apparteneva a Gesù Cristo! Paolo non possedeva più la propria vita (quella vita era morta); da quel momento in poi, si limitò a vivere la nuova vita che Gesù gli aveva dato.
e. E quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio: La nuova vita che ha ricevuto da Gesù, Paolo può viverla solo nella fede. Non si può fondare la nuova vita che Gesù ci dà sull’osservanza della legge. La si può solo vivere nella fede.
i. Quando Paolo disse “quella vita che ora vivo nella carne”, non intendeva una vita condotta perennemente nel peccato. “Con il termine ‘carne’, Paolo non allude ad evidenti atteggiamenti peccaminosi, i quali è solito chiamare per nome, come: adulterio, fornicazione, ecc. Per ‘carne’, Paolo intende ciò che Gesù affermava nel terzo capitolo del vangelo secondo Giovanni: ‘Ciò che è nato dalla carne è carne’ (Giovanni 3:6). ‘Carne’ qui sta a indicare l’intera natura dell’uomo, ragione e istinti compresi. ‘Questa carne’, dice Paolo, ‘non è giustificata dalle opere della legge’”. (Lutero)
ii. L’accento di questo verso non è sulla carne, ma sulla fede. “Fede non è un semplice argomento sporadico di alcune predicazioni di Paolo, né una virtù che ha praticato occasionalmente. È al centro di tutto ciò che fa”. (Morris)
iii. “La fede ti connette così intimamente con Cristo, che tu e Lui diventate come una persona sola. Perciò, puoi affermare con franchezza: ‘Ora sono diventato uno con Cristo. Quindi la giustizia, la vittoria e la vita di Cristo sono mie’. Viceversa, Cristo può dire: ‘Io sono diventato quel grande peccatore. I Suoi peccati e la Sua morte sono miei, perché Lui è unito a me, e io a Lui.’” (Lutero)
f. Del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me: La fede nella quale viveva Paolo non era la fede in sé stesso, la fede nella legge, o la fede in ciò che poteva guadagnare o meritare di fronte a Dio. Era la fede nel Figlio di Dio, Gesù Cristo, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me.
i. Prima, la relazione di Paolo con Dio era basata su ciò che lui poteva fare per Dio: la fede di Paolo era in sé stesso. Ora era basata su ciò che Gesù Cristo aveva fatto per lui: la sua fede era riposta in Gesù. Paolo aveva trovato una persona meravigliosa nella quale riporre la propria fede! Era una persona che lo amava (mi ha amato). Era una persona che aveva dimostrato il proprio amore dando sé stesso per Paolo.
g. Che mi ha amato: Paolo può affidarsi fiduciosamente a Gesù, per l’amore che Gesù ha dimostrato in passato. ‘È vero che ci ama ora, ma Paolo scrisse anche e giustamente: ‘Che mi ha amato’. Il verbo è al passato. Gesù mi ha amato sulla croce; mi ha amato nella mangiatoia di Betlemme; mi ha amato prima ancora che la terra fosse. Non c’è mai stato un tempo in cui Gesù non abbia amato il Suo popolo.” (Spurgeon)
i. Amato …ha dato sé stesso: Il tempo al passato è importante. William Newell, nel suo commento alla Lettera ai Romani, parla dell’importanza del tempo passato del verbo amare. “Il diavolo odia questo ‘vangelo del tempo passato’… Se un predicatore continuasse a dire: ‘Dio ti ama, Cristo ti ama’ [nel tempo presente], lui e la sua congregazione perderebbero a poco a poco di vista sia la propria condizione di peccatori che il sacrificio di espiazione di Cristo sulla croce, dove l’amore di Dio e di Cristo è stato sommamente espresso una volta per tutte.”
ii. “La legge mi ha mai amato? La legge si è mai sacrificata per me? La legge è mai morta per me? Al contrario, essa mi accusa, mi terrorizza, mi fa impazzire. Qualcun altro mi ha salvato dalla legge, dal peccato e dalla morte, dandomi la vita eterna. Quel Qualcuno è il Figlio di Dio, al quale siano lode e gloria per sempre.” (Lutero)
h. Ha dato sé stesso per me: “Da notare la precisazione di Paolo: per me. Non basta sapere che Cristo è morto per salvare il mondo; ogni uomo deve rivendicare personalmente che questa grazia gli appartiene e il conseguente effetto sulla sua vita.” (Calvino)
i. “Riponi queste sante parole dell’apostolo Paolo nella tua bocca, e lasciale lì, come cialde fatte con miele, fino a che non si sciolgono nella tua stessa anima: ‘che mi ha amato e ha dato sé stesso per me’”. (Spurgeon)
5. (21) Paolo spiega perché il problema della giustizia basata sulla legge è così importante.
Io non annullo la grazia di Dio perché, se la giustizia si ha per mezzo della legge, allora Cristo è morto invano.
a. Io non annullo la grazia di Dio: Paolo concluse energicamente il suo confronto pubblico con Pietro. L’imposizione fatta dai credenti giudei di Gerusalemme a sé stessi e a chiunque altro di vivere secondo la Legge di Mosè per poter essere accettati da Dio non faceva altro che annullare la grazia di Dio – proprio ciò che Paolo si prefisse di non fare.
i. “Si annulla la grazia quando si ripone la propria fiducia nei propri sforzi anziché nella salvezza ricevuta da Dio come dono gratuito. Questo è un totale rifiuto della grazia. Fare affidamento sui propri patetici sforzi significa annullare la grazia.” (Morris)
b. Se la giustizia si ha per mezzo della legge: Se questa affermazione è vera, allora Cristo è morto invano, perché, se osservare la legge ti rende giusto davanti a Dio, allora non hai bisogno dell’opera compiuta da Gesù sulla croce.
i. Nel giardino del Getsemani (Matteo 26:39-42), Gesù, pregando, chiese a Dio che Gli venisse risparmiata la croce, se ci fosse stato un altro modo per realizzare l’opera di salvezza che doveva compiere. Ma non Gli fu risparmiata, perché un altro modo non c’era.
ii. Un altro grande problema sta nel vedere la grazia di Dio come qualcosa che ci aiuta a raggiungere il cielo, come se noi ce la mettessimo tutta, e poi la grazia fornisse quello che noi non siamo riusciti a fare per conto nostro. La grazia non aiuta, fa tutto da sola. Tutta la nostra giustizia viene da quello che Gesù ha fatto per noi.
iii. “Se è stato così difficile ottenere la mia salvezza, da rendere necessaria la morte di Cristo, allora tutte le mie buone azioni e la giustizia della legge non servono a nulla. Come posso comprare con un centesimo quello che costa un milione?” (Lutero)
c. Io non annullo la grazia di Dio: Non conosciamo quale fu l’immediata reazione di Pietro a quest’audace presa di posizione nei confronti della verità da parte di Paolo. Però sappiamo che col tempo Pietro tornò in sé e prese a cuore le parole di Paolo. Atti 15:6-11 infatti racconta che Pietro, a Gerusalemme, davanti a Giacomo, Paolo, Barnaba e gli altri apostoli, proclamò che i Gentili non dovevano essere sottoposti alla Legge di Mosè per ricevere la salvezza.
i. Sappiamo che Pietro era già d’accordo con Paolo su questo concetto, come affermato in Galati 2:15-17: Abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù, affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo… cercando di essere giustificati in Cristo. Paolo stava richiamando l’attenzione di Pietro su qualcosa che Pietro già credeva ma secondo la quale non aveva agito. Si può credere che sia Gesù a salvare e che non è possibile salvarsi da sé; tuttavia, bisogna anche scegliere di agire e pensare nella stessa direzione.
ii. Possiamo confidare che Dio abbia usato questo incontro imbarazzante ad Antiochia per il bene di tutti.
· Fu un bene per Paolo, perché restò fermo nella sua fede e proclamò il vangelo.
· Fu un bene per Pietro, perché dopo essere stato corretto, si convinse ancor più della verità.
· Fu un bene per Barnaba, perché alla fine scoprì la verità in merito a questo argomento.
· Fu un bene per quelli da parte di Giacomo, che avevano dato inizio a questa situazione incresciosa, perché Paolo chiarì ogni equivoco sul vero vangelo e furono costretti a prendere una decisione.
· Fu un bene per i credenti giudei di Antiochia, perché Paolo illustrò la verità in modo molto chiaro.
· Fu un bene per i credenti Gentili di Antiochia, perché la loro fede e libertà in Gesù fu rinforzata.
· È un bene per noi, perché la verità vive ancora oggi.
iii. Tutto il bene che venne da questa situazione fu perché Paolo fu disposto a fare qualcosa che, benché fosse totalmente giusto, lo mise anche estremamente a disagio. Pietro fece lo stesso, quando ammise di aver sbagliato. Sia Pietro che Paolo accettarono situazioni di disagio in nome di ciò che era giusto.
(c) 2021 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com