Giovanni 4 – Una donna samaritana ed un funzionario incontrano Gesù
A. La donna samaritana.
1. (1-4) Gesù si reca dalla Giudea in Galilea, passando per la Samaria.
Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù stava facendo più discepoli e battezzando più di Giovanni (sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava ma i suoi discepoli), lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea. Or egli doveva passare per la Samaria.
a. Quando dunque il Signore seppe… lasciò la Giudea: Gesù sapeva che, a causa della sua crescente visibilità e popolarità, presto si sarebbe dovuto confrontare con le istituzioni religiose (tra cui i farisei). Essendo consapevole però che non era ancora giunto il momento di un confronto a Gerusalemme, fece ritorno in Galilea.
b. Gesù stava facendo più discepoli e battezzando più di Giovanni (sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava ma i suoi discepoli): Il primo riferimento al battesimo praticato da Gesù si trova in Giovanni 3:22. Gesù reputava importante continuare l’opera di battesimo di Giovanni quale dimostrazione di ravvedimento e di purificazione in vista del Messia. Qui si legge che Gesù aveva delegato l’atto pratico di battezzare ai suoi discepoli.
i. Ciò significa anche che, quando i discepoli diedero inizio alla pratica del battesimo cristiano nel giorno di Pentecoste (Atti 2:41), la loro prima esperienza riguardante il battesimo si ricollegava al ravvedimento, alla purificazione e all’identificazione con l’opera del Messia.
ii. “Battezzando, Egli attestava l’unità della Sua opera con quella del precursore. Tuttavia, non amministrando il battesimo personalmente, dava indicazione della superiorità della propria posizione rispetto a quella di Giovanni Battista.” (Godet, citato in Morris)
c. Doveva passare per la Samaria: Nonostante il tragitto più breve per raggiungere la Galilea fosse attraverso la Samaria, i Giudei religiosi spesso lo evitavano a causa della profonda diffidenza e del disprezzo che intercorreva tra i Giudei e i samaritani.
i. Quando i babilonesi si impadronirono del regno meridionale di Giudea, fecero prigionieri di gran parte della popolazione, che fu condotta in esilio nell’impero babilonese. Solo le classi sociali più basse furono escluse dalla deportazione, non essendo volute a Babilonia. I sopravvissuti si mescolarono con gli altri popoli stranieri che nel frattempo si erano addentrati nella regione, da cui nacquero i samaritani come gruppo etnico e religioso.
ii. Poiché i samaritani erano collegati storicamente al popolo d’Israele, la loro fede era una combinazione di comandamenti e rituali della Legge di Mosè, con l’aggiunta di varie superstizioni. La maggior parte dei Giudei ai tempi di Gesù li disprezzava persino più dei Gentili, perché erano, religiosamente parlando, “mezzosangue” dalla fede imbastardita. I samaritani eressero un proprio tempio a Yahweh sul Monte Gerizim, dato alle fiamme dai Giudei intorno al 128 a.C. Quell’evento intensificò ulteriormente le tensioni nei rapporti tra Giudei e samaritani.
iii. “Il percorso che i Giudei preferivano si affacciava nella regione oltre il Giordano, che allungava considerevolmente le distanze, ma faceva loro evitare ogni contatto con i samaritani. Tutti quelli, invece, che non erano oltremodo zelanti non avevano problemi ad attraversare quell’area.” (Morris)
iv. Leggiamo che Gesù doveva passare per la Samaria. Tale bisogno non era dovuto all’organizzazione del viaggio né a delle necessità pratiche, ma perché lì si trovavano persone che avevano bisogno di ascoltarlo parlare.
2. (5-6) Gesù si reca al pozzo di Sichar in Samaria.
Arrivò dunque in una città della Samaria, detta Sichar, vicino al podere che Giacobbe aveva dato a Giuseppe, suo figlio. Or qui c’era il pozzo di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva così presso il pozzo; era circa l’ora sesta.
a. Or qui c’era il pozzo di Giacobbe: La città di Sichar era l’antica Shechem, capitale della Samaria.
·Fu qui che si recò Abramo quando giunse a Canaan dalla Babilonia. (Genesi 12:6)
·Fu qui che Dio apparve per la prima volta ad Abramo a Canaan, dove rinnovò la Sua promessa di destinare la terra a lui e alla sua discendenza. (Genesi 12:7)
·Fu qui che Abramo costruì un altare ed invocò il nome del Signore. (Genesi 12:8)
·Fu qui che Giacobbe venne a trovare riparo, dopo aver lasciato la casa di Labano con le sue mogli e i suoi figli. (Genesi 33:18)
·Fu qui che Giacobbe comprò un pezzo di terra da un cananeo di nome Hamor, per cento pezzi d’argento. (Genesi 33:19)
·Fu qui che Giacobbe costruì un altare al Signore e lo chiamò El Elohey Israel (Genesi 33:20). Questo evento stabilì la connessione tra Giacobbe e il cosiddetto pozzo di Giacobbe a Sichar.
·Sichar (Shechem) era anche il luogo in cui fu violentata Dina, la figlia di Giacobbe, e dove i figli di Giacobbe si vendicarono massacrando gli abitanti della città (Genesi 34).
·Era il podere che Giacobbe aveva dato a Giuseppe, suo figlio, terra che Giacobbe aveva conquistato dagli Amorei con la spada e con l’arco, una battaglia non riportata nella Scrittura. (Genesi 48:22)
·Fu qui che vennero seppellite le ossa di Giuseppe, dopo essere state portate via dall’Egitto. (Giosuè 24:32)
·Fu qui che Giosuè fece un patto con Israele, rinnovando la loro devozione al Dio d’Israele e proclamando: “Quanto a me e alla mia casa, serviremo l’Eterno”. (Giosuè 24)
i. “Alcuni pensano che Sichar, che significa ‘ubriaco’, fosse in origine un appellativo di disprezzo affibbiato dai Giudei alla città di Shechem.” (Alford)
b. Affaticato dal cammino: Dopo un lungo giorno di cammino, Gesù era affaticato. Giovanni ci ha già mostrato molto dettagliatamente che Gesù è Dio, ma vuole anche che sappiamo che Gesù non era un superuomo. Gesù si sottomise in tutto e per tutto ai limiti umani.
i. Sedeva così presso il pozzo: “Quella parolina così sembra avere un’intensità difficile da esprimere in italiano. Apparentemente fu intesa a sottolineare l’idea di fatica estrema.” (Maclaren)
ii. “Mentre il nostro Evangelista insiste che la Parola divina divenne carne in Gesù, allo stesso tempo pone l’enfasi su ciò che la Parola divina stessa diventò, cioè carne.” (Bruce)
iii. “Non c’è alcun dubbio che questa ‘fonte’ di Giacobbe corrisponda a quella che oggi è comunemente accettata da samaritani, Giudei, cristiani e musulmani quale ‘fonte’ o ‘pozzo’ di Giacobbe.” (Trench)
c. Era circa l’ora sesta: Secondo le stime dateci da Giovanni, era circa mezzogiorno, il momento più caldo della giornata. Essendo stanco e accaldato, Gesù avrebbe voluto fermarsi per bere.
3. (7-9) Gesù parla con una donna samaritana.
Una donna di Samaria venne per attingere l’acqua. E Gesù le disse: «Dammi da bere», perché i suoi discepoli erano andati in città a comperare del cibo. Ma la donna samaritana gli disse: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Infatti i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani).
a. Una donna di Samaria venne per attingere l’acqua: La donna andò ad attingere l’acqua ad un’ora insolita, da sola. Normalmente le donne si recavano in gruppi al pozzo per attingere l’acqua di mattina presto. Forse si trattava di un bisogno improvviso, o forse la donna era un’emarginata sociale, respinta dalle altre donne nella comunità.
i. “Le donne andavano ad attingere l’acqua solitamente in compagnia, ed in momenti più freschi della giornata.” (Bruce)
ii. Adam Clarke elaborò questo pensiero: “Si dice tra i Giudei che chiunque volesse trovare moglie si recava ai pozzi dove le giovani erano solite andare per attingere l’acqua; e si suppone che anche le donne di cattiva reputazione frequentassero quei posti”.
iii. Tutto sommato, questa donna è un personaggio affascinante. “È una donna in età adulta, con un passato non proprio rispettabile. È frivola, pronta a parlare agli estranei, con la lingua lunga; eppure, possiede, nascosti al di sotto di tanta impura vanità, una coscienza ed un desiderio per qualcosa di meglio.” (Maclaren)
iv. I discepoli erano andati in città, forse persino incrociando la donna sul proprio cammino. “Possiamo stare certi che, a quel punto della loro vita, né Pietro né gli altri si sarebbero mai sognati di spostarsi a lato per far passare una donna, né tantomeno una samaritana, magari anche di dubbia moralità. Probabilmente fu spinta da parte e fatta aspettare finché quel gruppo di Galilei non fosse passato.” (Boice)
b. Gesù le disse: Per tradizione, un rabbino non avrebbe mai parlato con una donna in pubblico, neppure se si fosse trattato di sua moglie. Era inoltre molto insolito che un Giudeo del tempo chiedesse un favore o accettasse da bere dalla coppa di un samaritano. La richiesta di Gesù sbalordì la donna. Anche i discepoli rimasero di stucco nel vedere Gesù parlare con lei (Giovanni 4:27).
i. “I rabbini più rigidi impedivano agli altri rabbini di salutare le donne in pubblico. Ad un rabbino non era nemmeno concesso di parlare con la propria moglie, figlia o sorella in pubblico. C’erano persino dei farisei che venivano chiamati ‘i farisei feriti e sanguinanti’, perché chiudevano gli occhi ogniqualvolta vedevano una donna per strada, finendo così per sbattere contro muri e case!” (Barclay)
c. Dammi da bere: Alcuni immaginano che Dio venga maggiormente glorificato quando non si serve del contributo umano. Eppure, la gloria di Gesù non fu minimamente intaccata quando chiese l’aiuto e la collaborazione della donna samaritana. Nell’adempimento del proprio proposito divino, il Padre e il Figlio furono sommamente glorificati in questa dimostrazione di amore e bontà nei confronti della donna.
i. Dammi da bere: “Egli è consapevole che, per vincere un’anima, è spesso necessario chiederle assistenza.” (Godet, citato in Morris)
ii. In tutto ciò, vediamo molti dei paradossi apparenti dell’opera di Gesù.
·Colui che dà riposo è affaticato.
·Colui che è il Messia d’Israele parla ad una donna samaritana.
·Colui che possiede l’acqua viva chiede di poter bere da un pozzo.
iii. “Egli sapeva che la Sua potenza miracolosa doveva essere messa a disposizione degli altri per la Sua grande opera; invece, per quanto riguarda sé stesso, la sua umanità doveva sopportare le proprie infermità e sostenere le proprie prove; per questa ragione trattiene la propria mano dal soddisfare le proprie necessità” (Spurgeon)
iv. Non c’è alcun motivo di non credere che la donna avesse acconsentito alla richiesta di Gesù e che la domanda di Giovanni 4:9 fosse stata posta nel frattempo o subito dopo che Gesù ebbe bevuto.
d. Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? La donna fu immediatamente colpita dalla cordialità di Gesù. Non era per niente abituata a ricevere un saluto gentile da parte di un uomo giudeo, visto che, in linea generale, i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani.
i. Giovanni non ritenne necessario fornire ulteriori spiegazioni, essendo la situazione ben nota a tutti in quel tempo. “L’odio mortale che intercorreva tra queste due nazioni è noto a tutti. I Giudei li maledicevano e li credevano già sotto maledizione. Il desiderio più misericordioso che provavano nei confronti dei samaritani era che non avessero parte nella resurrezione; o, in altre parole, ne desideravano il completo annichilimento.” (Clarke)
ii. Per diverse ragioni, quella donna sarebbe stata oggetto del disprezzo della maggior parte dei capi religiosi ai tempi di Gesù. Era donna, era samaritana ed era una donna dalla dubbia reputazione. Eppure, nel discorso con Nicodemo, Giovanni ci ha fatto vedere un Gesù che ha qualcosa da dire sulle istituzioni religiose. Nell’incontro con la donna samaritana al pozzo, Giovanni ci ha fatto vedere un Gesù che ha qualcosa da dire a coloro che sono disprezzati dalle istituzioni religiose.
4. (10-14) Gesù fa sorgere l’interesse della donna per l’acqua viva.
Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”, tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva» La donna gli disse: «Signore, tu non hai neppure un secchio per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso, i suoi figli e il suo bestiame?»
a. Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”: Gesù attirò la donna a continuare la conversazione, suscitando la sua curiosità riguardo a:
·Le cose di Dio (Se tu conoscessi il dono di Dio).
·L’identità di Gesù (chi è colui che ti dice).
·Quello che avrebbe potuto offrirle (egli ti avrebbe dato dell’acqua viva).
i. Un principio si intravede nelle parole “Se tu conoscessi… gliene avresti chiesto”: Se conoscessi di più, pregheresti di più.
ii. C’è un altro principio all’opera: Gesù spesso ci parla come se fossimo più spirituali o comprensivi di quanto siamo in realtà. Lo fa di proposito.
b. Egli ti avrebbe dato dell’acqua viva: Nei tempi antichi, l’acqua di fonte si chiamava acqua viva, per l’apparenza di vita che dava quando sgorgava dal terreno. A prima vista, sembrerebbe che Gesù alludesse ad una fonte lì vicino, ma in realtà l’espressione “acqua viva” era un gioco di parole con cui fece riferimento all’acqua spirituale che toglie la sete spirituale e dà vita.
i. “Nell’Antico Testamento l’acqua viva viene a volte associata a Yahweh. Egli è chiamato ‘la sorgente di acqua viva’ (Geremia 2:13, 17:13).” (Morris)
ii. “Secondo la più tarda liturgia samaritana del Giorno dell’Espiazione, il Taheb (la controparte samaritana del messia giudeo), ‘verserà acqua dai suoi secchi’ (linguaggio preso in prestito dall’oracolo di Balaam in Numeri 24:7).” (Bruce)
c. Tu non hai neppure un secchio per attingere: È probabile che i discepoli, recandosi in città, avessero portato con sé la borsa di pelle usata come contenitore per attingere l’acqua.
d. Sei tu forse più grande di Giacobbe nostro padre: Che la donna avesse posto la domanda con sincerità o con cinismo critico non si può dire; molto si sarebbe potuto dedurre dal suo tono di voce. Ma poiché alla fine del suo incontro con Gesù credette, è probabile che si trattasse di una domanda sincera.
5. (13-15) Gesù descrive gli effetti dell’acqua viva che Egli offre.
Gesù rispose e le disse: «Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna». La donna gli disse: «Signore, dammi quest’acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più qui ad attingere».
a. Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete: Gesù sapeva che quella donna, come chiunque altro nel villaggio, si sarebbe dovuta recare quotidianamente a quel pozzo per soddisfare la sete naturale. Gesù usò la sete come immagine del bisogno spirituale e del desiderio che ognuno ha.
b. Chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno: Gesù fece un’offerta meravigliosa. Ciò che offriva a questa donna e a tutti coloro che avrebbe bevuto era qualcosa che avrebbe donato una soddisfazione duratura. La chiave è bere dell’acqua che Gesù gli darà.
i. Spesso le persone provano a soddisfare la propria sete innata di Dio attraverso molte cose o attraverso tutto fuorché quello che Gesù può donare. Le persone sono assetate – vogliono, desiderano, cercano, ottengono; ma solo quello che Gesù dà soddisfa le aree più profonde dell’anima e dello spirito dell’uomo.
ii. Il bere e la sete sono illustrazioni comuni dell’offerta di Dio e del bisogno spirituale dell’uomo. Bere è sì un’azione, ma un’azione di ricevere – proprio come la fede, che è fare qualcosa, ma che in sé stessa non comporta alcun merito.
iii. “Che cosa fa un uomo assetato per liberarsi della sete? Beve. Forse non esiste migliore rappresentazione della fede in tutta la Parola di Dio. Bere significa ricevere – sorseggiare dell’acqua rinfrescante, tutto qui. Il viso di un uomo potrebbe essere sporco, ma può comunque bere; potrebbe essere immeritevole, ma un sorso d’acqua gli toglierà comunque la sete. Il bere è un’azione incredibilmente facile, persino più del mangiare.” (Spurgeon, Good News for Thirsty Souls)
iv. Qualcuno potrebbe obiettare: “Ho bevuto quello che mi ha offerto Gesù, ma mi sento di nuovo assetato e vuoto”. La risposta è semplice: bevi di nuovo! Non è un singolo sorso di Gesù che disseta per sempre, ma una continua connessione con Lui.
c. Ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna: L’effetto di quest’acqua fa molto più che soddisfare la sete di colui che la beve. Crea anche qualcosa di buono, qualcosa che dona vita al cuore di colui che la beve. Diventa una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna.
d. Signore, dammi quest’acqua: La risposta della donna samaritana era logica ma non spirituale. Voleva evitarsi la fatica di venire al pozzo ogni giorno. Era come se avesse risposto: “Gesù, se mi vuoi rendere la vita più facile e più comoda, allora mi sta bene. Dammi l’acqua!”
6. (16-19) Gesù parla della vita di peccato della donna.
Gesù le disse: «Va’ a chiamare tuo marito e torna qui». La donna rispose e gli disse: «Io non ho marito». Gesù le disse: «Hai detto bene: “Non ho marito”, perché tu hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto la verità». La donna gli disse: «Signore, vedo che tu sei un profeta».
a. Va’ a chiamare tuo marito e torna qui: Non era una richiesta fuori dal comune. In questa ricca conversazione pubblica con la donna, Gesù era al limite del decoro culturale. La conversazione sarebbe stata più appropriata culturalmente, se anche il marito della donna fosse stato presente.
b. Non ho marito […] tu hai avuto cinque mariti: La donna dichiarò di non avere marito, che certamente era vero, ma Gesù sapeva in modo soprannaturale che la storia matrimoniale della donna non si fermava lì.
i. “Cristo usa porte differenti per entrare nelle anime di persone differenti. In alcune, entra con la comprensione; in molte, con gli affetti. Ad alcuni, viene per mezzo del timore; ad altri, per mezzo della speranza; a questa donna si avvicinò per mezzo della sua coscienza.” (Spurgeon)
c. E quello che hai ora non è tuo marito: Gesù portò alla luce questo problema imbarazzante perché la vita di peccato della donna andava affrontata. Lei doveva decidere che cosa amasse di più: il suo peccato o il Messia.
i. Quando Gesù le disse che l’uomo con cui viveva non era suo marito, Gesù dimostrò che la convivenza e il matrimonio non sono la stessa cosa. Inoltre, mostrò anche che, sebbene qualcuno chiami una relazione matrimonio, non significa che Gesù la consideri tale.
ii. “Sono convinto che nelle parole di Gesù si trovi il primo passo nel concedere alla donna ciò che aveva richiesto: ‘Dammi quest’acqua’. L’opera iniziale dello Spirito di Dio e di Colui che parlò nella pienezza di questo Spirito è di convincere di peccato.” (Alford)
d. Signore, vedo che tu sei un profeta: La donna non fece che un’osservazione ovvia. Senza dubbio rimase sorpresa; forse persino stupefatta che Gesù avesse una conoscenza soprannaturale della sua vita.
i. “Sarebbe stato meglio se lei invece si fosse resa conto di essere una peccatrice.” (Spurgeon)
7. (20-26) La donna samaritana e Gesù parlano dell’adorazione.
«I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove si deve adorare». Gesù le disse: «Donna, credimi: l’ora viene che né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo; perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». La donna gli disse: «lo so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire; quando sarà venuto lui ci annunzierà ogni cosa». Gesù le disse: «Io sono, colui che ti parla».
a. I nostri padri hanno adorato su questo monte: È possibile che questo fosse per lei una fonte di confusione o una pietra d’inciampo, ma è più probabile che si trattasse di un tentativo di diversione, e che stesse cercando di evitare il problema dei molti mariti e del convivente.
i. La donna offrì uno spunto di discussione sui luoghi di culto, ma Gesù non abboccò. Egli aveva più interesse a vincere un’anima, piuttosto che un dibattito.
b. Voi adorate quel che non conoscete: I samaritani credevano che Mosè avesse commissionato la costruzione di un altare sul Monte Gerazim, il monte della benedizione, con cui giustificavano il sistema di culto in quel luogo. Ma, similmente alla fede che cerca di combinare elementi di diverse religioni, essi adoravano quello che non conoscevano.
i. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo: “Sia il ‘voi’ che il ‘noi’ sono enfatici, con cui Gesù mette in profondo contrasto Giudei e samaritani; senza alcun dubbio Egli si associa ai Giudei.” (Morris)
ii. Inoltre, i samaritani accettavano solo i primi cinque libri delle Scritture Ebraiche e respingevano il resto. “I samaritani prendevano dalla Scrittura quello che volevano e non prestavano alcuna attenzione al resto.” (Barclay)
c. L’ora viene che né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre: Gesù parlò alla donna di un tempo in cui il culto a Dio non si sarebbe più incentrato sui luoghi (né Gerusalemme, né il monte Gerazim). L’opera superiore di Gesù avrebbe portato ad un’adorazione migliore e più spirituale.
i. Dods afferma riguardo a questa promessa: “Una delle più grandi dichiarazioni mai fatte dal nostro Signore, e fatta a una singola donna peccatrice”.
ii. “Il profetico adorerete, nonostante includa in senso ampio l’intera umanità, può essere considerato in primo luogo una predizione del successo del Vangelo in Samaria, Atti 8:1-26.” (Alford)
d. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità: Con queste parole Gesù descrisse le basi del vero culto: non si trova in luoghi né in simboli, bensì in spirito e verità.
i. Adorare in spirito significa che ci si preoccupa di realtà spirituali, non tanto di luoghi o sacrifici, purificazioni e simboli esteriori.
ii. Adorare in verità significa adorare secondo l’intero consiglio della parola di Dio, specialmente alla luce della rivelazione del Nuovo Testamento. Significa anche che veniamo a Dio in verità, non in finzione o semplice manifestazione apparente di spiritualità.
e. Io sono, colui che ti parla: Benché la donna fosse una peccatrice, Gesù si rivelò a lei. Gesù si rivela ai peccatori.
8. (27-30) La donna parla ai propri concittadini.
In quel momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna; nessuno però gli disse: «Che vuoi?» o: «Perché parli con lei?». La donna allora, lasciato il suo secchio, se ne andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che io ho fatto; non sarà forse lui il Cristo?». Uscirono dunque dalla città e vennero da lui.
a. Arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna: I discepoli rimasero sorpresi alla vista di Gesù, che si era spinto ai limiti del decoro culturale, intrattenendo una lunga conversazione con la donna samaritana. Eppure, forse percependo che fosse giusto e appropriato, non osarono interrogare Gesù sull’accaduto.
i. Nessuno però gli disse: “Il loro silenzio era dettato dalla riverenza. Avevano già imparato che Egli agiva secondo motivi che non si potevano scorgere immediatamente.” (Dods) “Avevano imparato abbastanza da sapere che, sebbene Gesù non agisse sempre secondo il modo di fare dei rabbini, le sue azioni erano sempre motivate da buone ragioni.” (Morris)
b. La donna allora, lasciato il suo secchio, se ne andò in città: Forse rendendosi conto del silenzio imbarazzato dei discepoli, la donna interruppe la conversazione con Gesù e tornò alla cittadina di Sichar. Rimase tanto colpita dal tempo trascorso con Gesù (e tanto certa che sarebbe tornata da Lui) che lasciò il suo secchio al pozzo.
i. Il secchio lasciato al pozzo è il tipo di dettaglio minuzioso che solo un testimone oculare avrebbe ricordato. Giovanni, avendo assistito personalmente all’accaduto, ne conservò un’immagine vivida.
c. Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che io ho fatto; non sarà forse lui il Cristo? Gesù colpì a tal punto la donna da spingerla ad incitare gli altri cittadini ad andare al pozzo a conoscerlo. Gesù la stupì e l’attirò, nonostante l’avesse affrontata nel suo peccato (tutto quello che io ho fatto).
i. La donna samaritana fu tanto toccata dall’amore di Gesù che si mise alla ricerca dei propri concittadini, gli stessi che l’avevano trattata da emarginata fino ad allora. “Fino a quel momento, aveva evitato la compagnia dei propri concittadini, ma ora era una donna diversa; sentiva il bisogno impellente di cercarli e condividere con loro la propria notizia.” (Bruce)
ii. La donna samaritana rimase tanto toccata dall’amore di Gesù – benché fosse il suo peccato ad essere stato esposto – da dimenticare persino che lei stessa avrebbe voluto che gli altri si dimenticassero di “tutto quello che io ho fatto”. “Questa comprensibile esagerazione indica il profondo segno lasciatole da Gesù a motivo della conoscenza che aveva della sua vita privata.” (Morris)
iii. Gesù emanava amore e un senso profondo di tranquillità al punto da far sentire la donna al sicuro con Lui, anche nel momento in cui il suo peccato fu svelato. È importante che i seguaci di Gesù offrano alle persone un ambiente sicuro in cui confessare i propri peccati, ravvedersi e riporre la propria fede in Gesù.
iv. L’interazione con Gesù non le fece dire: “Mi odia” o “Mi giudica” o “Non mi vuole tra i piedi”. La lasciò invece col pensiero della possibilità che Gesù era chi diceva di essere: il Messia, il Cristo (Io sono, colui che ti parla, Giovanni 4:26).
v. Mi ha detto tutto quello che io ho fatto: “I Giudei credevano che una caratteristica essenziale del Messia fosse la capacità di rivelare i segreti di ogni cuore, ritenendo che ciò fosse stato predetto in Isaia 11:2,3.” (Clarke) È ragionevole pensare che alcuni tra i samaritani credessero qualcosa di simile riguardo al Messia.
d. Uscirono dunque dalla città e vennero da lui: L’invito della donna fu efficace. Quando disse alla gente chi potesse essere Gesù e quale impatto avesse avuto sulla sua vita con la loro breve conversazione, questi si recarono da Lui.
9. (31-34) Gesù insegna ai Suoi discepoli la fonte della Sua forza e della Sua soddisfazione.
Intanto i suoi discepoli lo pregavano dicendo: «Maestro, mangia». Ma egli disse loro: «Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete». I discepoli perciò si dicevano l’un l’altro: «Gli ha qualcuno forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere l’opera sua.
a. Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete: I discepoli, dopo essersi recati al villaggio dei samaritani per comprare da mangiare, offrirono a Gesù ciò che gli avevano portato.
i. “È giusto che l’uomo spirituale dimentichi la propria fame, ma è altrettanto giusto che i suoi veri amici gli ricordino di dover mangiare a cagione della propria salute: è lodevole che l’operaio dimentichi la propria debolezza e perseveri nel servizio santo; è altresì appropriato che colui che è comprensivo e premuroso aggiunga una parola di precauzione, ricordando allo spirito ardente che il suo involucro non è altro che polvere. Penso che i discepoli abbiano fatto bene a dire: ‘Maestro, mangia’.” (Spurgeon)
ii. Gesù non intendeva affatto che il cibo, l’acqua e il riposo non fossero importanti. Al contrario, voleva che i Suoi discepoli sapessero che la vita vale più di quelle cose; che l’uomo non si nutre di pane soltanto.
iii. Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete: “I pronomi sono enfatici: Io sono ristorato da un nutrimento a voi nascosto.” (Dods)
iv. “In queste parole, il nostro Signore rivelò il segreto della Sua forza, e il segreto della debolezza dei Suoi discepoli.” (Morgan)
b. Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato: Gesù possedeva una fonte di forza e soddisfazione superiori al cibo che mangiava. Egli spiegò ai Suoi discepoli che la Sua vera soddisfazione proveniva dal fare la volontà del Suo Dio e Padre.
i. Gesù non si focalizzava solo sull’opera, il bisogno, la strategia, le tecniche, e nemmeno sulle anime bisognose. Prima di tutto, il Suo obiettivo era fare la volontà di colui che mi ha mandato. In contrapposizione, Satana è l’esempio perfetto di colui che non volle fare la volontà di Dio, contro la quale affermò la propria (Isaia 14:12-15).
ii. “Non dice neppure: ‘La mia carne è fare la volontà del Padre’. Assume piuttosto una posizione inferiore a quella di figlio, concentrandosi principalmente sulla missione, il servizio e il coinvolgimento richiesti dalla volontà di Dio.” (Spurgeon)
iii. L’esperienza di innumerevoli altre persone nel corso dei secoli ha dimostrato che Gesù aveva ragione per quanto riguarda questa affermazione. Non c’è niente di più soddisfacente che compiere l’opera di Dio, qualsiasi essa sia per ogni singolo credente. Benché ciò sia controintuitivo e contro il nostro naturale egoismo, è la verità.
iv. “L’uomo del mondo crede che, se potesse fare di testa propria, troverebbe la perfetta felicità, e che il suo sogno di raggiungerla in questa vita o nella prossima consisterebbe nel vedere ogni voglia appagata, ogni brama soddisfatta e ogni desiderio accordato. Tutto ciò è completamente sbagliato: nessun uomo sarà mai felice in questo modo.” (Spurgeon)
v. Gesù trovava grande soddisfazione nel fare la volontà di Dio anche quando era affaticato. Anzi, la consapevolezza di fare la volontà del Padre donava ristoro al Gesù sfinito. “La sete fisica (e probabilmente la fame, vista l’ora del giorno) che il Signore aveva provato fino a quel momento, fu dimenticata al compiere l’opera divina nell’anima della donna samaritana.” (Alford)
c. E di compiere l’opera sua: Gesù trovava soddisfazione non semplicemente nell’iniziare l’opera di Dio, ma nel portarla a compimento. Ciò completa il pensiero cominciato nel versetto precedente.
·Gesù si era arreso alla volontà del Maestro.
·Gesù aveva una missione riconosciuta.
·Gesù venne sulla Terra per metterla in atto.
·Gesù venne sulla Terra per completare la Sua opera.
i. Compiere l’opera sua: “Il verbo è analogo a quello usato sulla croce, quando Gesù gridò: ‘È compiuto’ (Giovanni 19:30).” (Morris)
10. (35-38) Gesù insegna ai Suoi discepoli l’urgenza dell’opera e dell’opportunità spirituale.
«Non dite voi che vi sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Alzate i vostri occhi e mirate le campagne come già biancheggiano per la mietitura. Or il mietitore riceve il premio e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. Poiché in questo è vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”. Io vi ho mandato a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica».
a. Vi sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura: Si trattava di un proverbio utilizzato per indicare un’attività da intraprendere senza fretta, semplicemente perché richiede dei tempi naturali di attesa, e non si può far altro che aspettare. Gesù non voleva che i Suoi discepoli avessero tale mentalità; Egli voleva che pensassero ed agissero come se la mietitura fosse pronta in quel momento.
i. “Nel greco, le parole ‘ancora quattro mesi e poi viene la mietitura’ hanno una cadenza ritmica, che suggerisce un detto popolare o un proverbio.” (Bruce)
ii. “Il raccolto è pronto. Il premio è già qui. Non permettere che alcun uomo rimanga senza far niente. La mietitura non aspetta.” (Morris)
b. Alzate i vostri occhi e mirate le campagne come già biancheggiano per la mietitura: Gesù usò le immagini del cibo e della mietitura per comunicare dei principi spirituali. Il concetto di mietitura suggeriva che c’erano molte persone pronte ad essere ricevute nel Regno di Dio, e che i discepoli si sarebbero dovuti considerare degli operai – mietitori – per quella mietitura.
i. “Mentre parlava, i samaritani lasciavano la città e percorrevano i campi, per raggiungerlo. L’euforia di quelle persone, che i Giudei consideravano estranee e reiette, mostrava che erano in effetti come grano pronto per la mietitura.” (Tenney)
ii. Gesù avvertì i Suoi discepoli a non pensare “vi sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”. Se avessero avuto occhi per vederla, avrebbero notato che la mietitura era pronta in quel momento – biancheggiano per la mietitura, indicando che il grano aveva già raggiunto la piena maturazione o che era fin troppo maturo.
iii. Dovremmo credere che biancheggiano per la mietitura! “Aspettatevi una benedizione presente; credete che la otterrete; andate a lavorare per ottenerla, e non accontentavi finché non l’avete ottenuta.” (Spurgeon)
c. Or il mietitore riceve il premio e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme: Gesù incoraggiò i propri discepoli nella loro opera in almeno tre modi.
·Il loro lavoro per la mietitura sarebbe stato premiato (il mietitore riceve il premio).
·I benefici del loro lavoro sarebbero durati per sempre (raccoglie frutto per la vita eterna).
·Ogni operaio si sarebbe rallegrato nell’opera di mietitura (si rallegrino insieme).
d. Io vi ho mandato a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica: I discepoli adesso avevano la possibilità di mietere immediatamente il frutto di cui non avevano piantato il seme.
i. Giovanni Battista e Gesù avevano seminato, e i discepoli avevano ora l’opportunità di raccogliere. Molte volte è così che opera Dio – l’uno semina e l’altro miete (1 Corinzi 3:6-8).
11. (39-42) Molti samaritani credono nel Salvatore del mondo.
Ora, molti Samaritani di quella città credettero in lui, a motivo della parola che la donna aveva attestato: «Egli mi ha detto tutte le cose che io ho fatto». Quando poi i Samaritani vennero da lui, lo pregarono di restare con loro; ed egli vi rimase due giorni. E molti di più credettero a motivo della sua parola. Ed essi dicevano alla donna: «Non è più a motivo delle tue parole che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo».
a. Molti Samaritani di quella città credettero in lui: In quel momento, i samaritani non conoscevano abbastanza per credere in Gesù e nella Sua opera sulla croce; ma potevano certamente credere in Lui quale Messia di Dio. Credettero a motivo della parola che la donna aveva attestato.
b. Egli mi ha detto tutte le cose che io ho fatto: La donna si meravigliò non solo perché Gesù conosceva gli eventi della sua vita, ma perché Egli l’amò pur conoscendo gli eventi della sua vita. A volte temiamo che, se qualcuno sapesse tutte le cose che io ho fatto, potrebbe non amarci; eppure, Gesù amò quella donna.
c. Vi rimase due giorni: Questo fatto fu straordinario, se si considera il pensiero della maggiore parte dei Giudei ai tempi di Gesù riguardo ai samaritani. Essi consideravano la Samaria e i samaritani come una città e un popolo da evitare e, se proprio necessario, bisognava passare per la Samaria il più rapidamente possibile. Ciononostante, Gesù vi rimase due giorni.
i. “Che i samaritani invitassero un insegnante giudeo a rimanere tra loro, senza temere di riceve un rifiuto secco, mostra quanto Egli avesse guadagnato la loro fiducia.” (Bruce)
ii. “Durante la Sua permanenza, i Suoi ragionamenti e i Suoi discorsi aggiunsero molte persone al numero di credenti, e completarono l’opera iniziata dalla donna.” (Trench)
d. E molti di più credettero a motivo della sua parola: Nei giorni trascorsi tra i samaritani, Gesù li istruì e molti di più credettero.
i. “Potremmo chiederci se si tratti della stessa ‘città di Samaria’ evangelizzata da Filippo alcuni anni più tardi [Atti 8:5].” (Bruce)
e. Sappiamo che costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo: La sorprendente testimonianza della donna al pozzo permise ai samaritani di Sichar di instaurare un primo contatto con Gesù; ma sentendolo poi parlare, giunsero a una fede personale più profonda in Lui sia come Messia (Cristo) che come Salvatore del mondo.
i. Salvatore del mondo: “Non solo dei Giudei, ma anche dei samaritani, e di tutto il mondo Gentile.” (Clarke)
ii. “Il titolo ‘Salvatore del mondo’ originò ovviamente dall’insegnamento di Gesù stesso, durante la Sua permanenza in quei due giorni.” (Dods)
B. La guarigione del figlio del funzionario: il secondo segno.
1. (43-46a) Gesù ritorna in Galilea.
Ora, passati quei due giorni, egli parti di là e andò in Galilea, perché Gesù stesso aveva testimoniato che un profeta non è onorato nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo ricevettero, perché avevano visto tutte le cose che egli aveva fatto in Gerusalemme durante la festa, poiché anch’essi erano andati alla festa. Gesù, dunque, venne di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva mutato l’acqua in vino.
a. Un profeta non è onorato nella propria patria: Galilea era la patria di Gesù, il luogo in cui era cresciuto. Dato che gli abitanti del luogo si sentivano di avere una certa familiarità con Gesù, non Lo onoravano come avrebbero dovuto. Ciò però è un’indicazione del fatto che essi in realtà non lo conoscevano, perché, se l’avessero conosciuto, Lo avrebbero onorato ancora di più.
i. È possibile avere una falsa familiarità con Gesù, quella sensazione pericolosa che ci fa credere di sapere tutto su di Lui. Tale sentimento pericoloso conduce ad una mancanza di onore nei Suoi confronti.
ii. È alquanto difficile sapere se Giovanni intendesse associare alla Giudea o alla Galilea il luogo in cui Gesù non era onorato. In entrambi i casi l’associazione sarebbe motivata e corretta. Chiaramente, gli altri Vangeli che citano questo principio lo collegano alla Galilea (Matteo 13:57 e Marco 6:4).
iii. “Egli giunge allora in Galilea per evitare la fama, testimoniando che nella propria patria (la Galilea), in qualità di profeta, avrebbe avuto le minori probabilità di essere onorato.” (Alford)
b. Avevano visto tutte le cose che egli aveva fatto in Gerusalemme durante la festa: Era tipico che i Giudei di Galilea si recassero a Gerusalemme in occasione delle festività (in adempimento di Esodo 23:14-17). Questa volta, in particolare, ricordarono tutto quello che Gesù aveva fatto a Gerusalemme.
i. Forse ricordavano quando Gesù rovesciò i tavoli dei cambiamonete nel cortile esterno del tempio (Giovanni 2:13-27). Inoltre, Gesù predisse la Sua resurrezione (Giovanni 2:18-22) e fece molti altri segni (non specificati), mentre si trovava a Gerusalemme (Giovanni 2:23-25).
ii. “L’entusiasmo degli abitanti della Galilea non era sano. Dipendeva dallo stupore causato dai segni che vedevano, e non dalla realizzazione che Gesù fosse davvero il Cristo, il Salvatore del mondo. È come se la loro accettazione fosse, in un certo senso, un rifiuto. Gli rendevano onore in un certo modo, ma non era l’onore che Gli era dovuto.” (Morris)
2. (46b-48) Il funzionario e il figlio malato.
Ora vi era un funzionario regio, il cui figlio era ammalato a Capernaum. Avendo egli udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, andò da lui e lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché stava per morire.Allora Gesù gli disse: «Se non vedete segni e miracoli, voi non credete».
a. Il cui figlio era ammalato a Capernaum: A quel tempo Gesù si era già trasferito stabilmente a Capernaum (Matteo 4:13 e Giovanni 2:12). Sebbene Egli si trovasse a Cana (Giovanni 4:46a), il funzionario viaggiò per circa 30 chilometri o poco più per raggiungerlo da Capernaum.
i. Un funzionario regio: “Letteralmente, ‘una persona regale’… quest’uomo era probabilmente un funzionario di Erode Antipa.” (Alford)
b. Lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché stava per morire: Questo funzionario regio fu uno dei tanti genitori che vennero a Gesù a causa di un figlio malato. Ovviamente, egli portava con sé la passione e l’urgenza di un padre con un figlio malato che stava per morire.
i. “Quanto divenne insulsa e inutile la vita appariscente di corte quando ad un tratto, al sorgere di una febbre violenta, nel palazzo risuonò il grido delirante e disperato di quella piccola voce di fanciullo tanto amata!” (Morrison)
c. Se non vedete segni e miracoli, voi non credete: Gesù rimproverò coloro che dipendevano da segni e miracoli per credere. Potrebbe sembrare che Gesù si fosse rivolto duramente a quest’uomo che voleva vedere il proprio figlio guarito, ma, avendo incontrato molti in Galilea che erano unicamente interessati ai Suoi miracoli, mise in dubbio anche lui.
i. Segni e prodigi possono condurre una persona alla fede in Dio e possono convalidare un messaggero celeste, ma possono anche non avere alcun effetto su una persona. Inoltre, anche Satana può usare segni e prodigi bugiardi (2 Tessalonicesi 2:9).
ii. Segni e prodigi da Dio sono ovviamente cose buone, ma non dovrebbero costituire il fondamento della nostra fede. Non dovremmo dipendere da questi per ricevere dimostrazione di Dio. Segni e prodigi non hanno in sé stessi la potenza di trasformare i cuori; Israele vide segni incredibili al Monte Sinai e udì persino la voce stessa di Dio (Esodo 19:16-20:1). Eppure, poco tempo dopo adorarono un vitello d’oro (Esodo 32:1-6).
iii. “Queste parole sottintendono il contrasto tra i samaritani, che credettero a motivo della Sua parola, e i Giudei, che non credettero eccetto che per mezzo di segni e prodigi.” (Alford)
3. (49-50) Gesù dichiara la guarigione del figlio del funzionario, e il funzionario crede in quella dichiarazione.
Il funzionario regio gli disse: «Signore, scendi prima che il mio ragazzo muoia». Gesù gli disse: «Va’, tuo figlio vive!». E quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù, e se ne andò.
a. Il funzionario regio gli disse: Il funzionario era nobile, di alto livello e di una certa posizione sociale. Tutto ciò sembrava non avere alcuna importanza di fronte a quel suo bisogno urgente. Egli sperimentò l’effetto livellante dell’afflizione.
b. Signore, scendi prima che il mio ragazzo muoia: Nelle sue parole precedenti, sembrava che Gesù stesse scoraggiando il funzionario a chiedere un miracolo. Eppure, questa richiesta mostra che l’uomo aveva ben compreso che Gesù non voleva impedirgli di chiedere un aiuto soprannaturale, anzi voleva solo scoraggiare una fede che era solo alla ricerca del miracoloso.
i. Il funzionario non si appellò a Gesù in nome della propria levatura sociale, bensì sulla base del grande bisogno di suo figlio. Se si fosse presentato a Gesù nella propria grandezza e importanza, non avrebbe ottenuto nulla da Lui.
ii. “Non si fece avanti sulla base dei propri meriti, ma implorò sulla base della gravità della situazione. Non si fece forte del fatto che il giovane fosse di nobile nascita – non sarebbe valso a nulla davanti a Gesù; né cercò di muoverlo a compassione dicendo che era un bambino adorabile – sarebbe stata una motivazione patetica; disse solo che era in punto di morte. La gravità era l’unica ragione dell’urgenza: il bambino si trovava alle porte della morte; per questo suo padre supplicò che si aprisse la porta della misericordia.” (Spurgeon)
c. Va’, tuo figlio vive! Gesù mise seriamente alla prova la fede di quest’uomo, costringendolo a credere solo nelle Sue parole e non in una dimostrazione esteriore del miracolo. Nonostante la prova, l’uomo prese Gesù in parola, e se ne andò (traduzione inglese NIV). Il funzionario dimostrò che la vera fede consisteva semplicemente nel prendere Gesù in parola.
i. “Era conforme alla Sua natura guarire il bambino; era ancora più necessario istruire e condurre il padre alla fede.” (Maclaren)
ii. “Se il nostro Signore fosse andato insieme a lui, come l’uomo desiderava, il suo dubbio non sarebbe stato completamente rimosso. Egli avrebbe continuato a pensare che il potere del nostro Signore non fosse abbastanza da estendersi da Cana a Capernaum. Per debellare subito l’incredulità dell’uomo e portarlo alla pienezza della fede nella Sua somma potenza, Egli cura il bambino, anche se apparentemente assente, per mezzo di quell’energia con cui riempie i cieli e la terra.” (Clarke)
d. Tuo figlio vive: Gesù non usò alcun effetto teatrale per questa guarigione. Molti vogliono vedere effetti speciali nell’opera di Dio, e certe volte Dio li concede. La vera fede può percepire ed accettare la dimostrazione esteriore del miracoloso, ma non la pretende.
4. (51-54) Il funzionario scopre che il figlio è guarito, e l’ora in cui ciò è avvenuto.
Proprio mentre egli scendeva, gli vennero incontro i suoi servi e lo informarono, dicendo: «Tuo figlio vive». Ed egli domandò loro a che ora era stato meglio; essi gli dissero: «Ieri all’ora settima la febbre lo lasciò». Allora il padre riconobbe che era proprio in quell’ora in cui Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»; e credette lui con tutta la sua casa. Gesù fece anche questo secondo segno quando tornò dalla Giudea in Galilea.
a. Tuo figlio vive:Il funzionario credette prima di ricevere la conferma dell’accaduto, ma una conferma era chiaramente la benvenuta. Possiamo solo immaginare quanto sia stata meravigliosa quella notizia per il funzionario, e sapere che era proprio in quell’ora in cui Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive».
i. La prova di questo miracolo era semplice. Quando Gesù proclamò che il bambino era guarito, il bambino guarì, e in modo dimostrabile.
ii. Secondo i suoi servi, la guarigione aveva avuto luogo “Ieri all’ora settima”. Ciò significa che il funzionario impiegò del tempo a tornare dal suo incontro con Gesù a Cana fino a casa sua a Capernaum. La sua andatura tranquilla era una dimostrazione di fede. Nella paura il funzionario corse da Capernaum a Cana; in fede camminò da Cana a Capernaum.
iii. “Il funzionario era così sicuro che suo figlio fosse vivo e in buona salute, che non tornò in fretta e furia. Non si precipitò immediatamente verso casa per arrivare in tempo e poter chiamare così un altro dottore, nel caso in cui Cristo avesse fallito. Tornò a casa con calma e tranquillità, sicuro della verità di ciò che Gesù gli aveva detto.” (Spurgeon)
b. E credette lui con tutta la sua casa: La potenza miracolosa di Gesù produsse una fede maggiore sia nel funzionario che nella sua casa. Il funzionario aveva già creduto in precedenza, ma adesso credeva di più. La sua fede fu accresciuta dalla sua esperienza personale con la potenza di Dio.
i. “I suoi discepoli credettero in lui dopo che l’acqua fu trasformata in vino; il padre e il resto della sua casa credettero come risultato della guarigione del ragazzo: in entrambi i casi il verbo nell’originale è un aoristo incettivo (cioè, da quel momento in poi) ‘riposero la propria fede in Lui’.” (Tasker)
ii. Non si sarebbe rivelato facile professare la fede in Gesù alla corte di Erode. Il funzionario si sarebbe trovato a sopportare derisione e scherno e, senza ombra di dubbio, qualcuno avrebbe anche pensato che fosse leggermente impazzito.” (Barclay)
c. Questo secondo segno: Nel Vangelo di Giovanni, vengono presentati dei segni per condurre il lettore alla fede (Giovanni 20:29-31). La relazione tra fede e segni è chiara nel secondo e nel quarto capitolo del libro di Giovanni.
·Il primo segno persuase i Suoi discepoli.
·Il secondo segno persuase un funzionario giudeo e la sua famiglia.
·I Samaritani credettero senza alcun segno.
i. I primi due segni nel Vangelo di Giovanni ebbero luogo a Cana di Galilea. Il primo riguarda la festa più bella, ovvero il matrimonio; il secondo la peggiore delle tragedie, ovvero la malattia e la perdita di un figlio. Gesù è presente in entrambi i momenti.
© 2021 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com