Giovanni 8 – La luce del mondo
A. Una donna sorpresa in adulterio viene condotta da Gesù per essere giudicata.
1. (7:53-8:2) Gesù insegna nel tempio.
E ciascuno se ne tornò a casa sua. E Gesù se ne andò al monte degli ulivi. Ma sul far del giorno tornò di nuovo nel tempio e tutto il popolo venne da lui; ed egli, postosi a sedere, li ammaestrava.
a. E ciascuno se ne tornò a casa sua: Ciò che si intravede nel testo, così come ci è pervenuto, è che Gesù aveva confuso i Suoi oppositori con la Sua predicazione al tempio, ed ognuno se ne andò per la propria strada. Gesù si recò al monte degli ulivi per dormire.
i. Per quanto riguarda i testi originali, questa sezione (Giovanni 7:53-8:11) è fonte di dibattito e controversia. In base alle prove che abbiamo oggi dai manoscritti, sembra improbabile che questa porzione si trovasse nel documento originale del vangelo di Giovanni, o per lo meno in questo punto.
·La maggior parte dei manoscritti greci più antichi omette questa sezione.
·Molti manoscritti successivi marcano questa sezione con asterischi.
·Un gruppo di manoscritti inserisce questa sezione dopo Luca 21:38.
·Alcuni manoscritti presentano questa sezione dopo Giovanni 21:24, e uno la pone dopo Giovanni 7:36.
·“Ciò suggerisce che gli scribi non conoscessero la sua posizione esatta, nonostante fossero ansiosi di mantenerla come parte dei quattro Vangeli” (Tasker). Sapevano che ne faceva parte, ma non sapevano esattamente dove.
ii. Alcuni antichi cristiani (come Agostino e Ambrosio) tralasciavano questo resoconto non a causa dell’evidenza testuale, ma perché credevano che lasciasse intendere che Gesù approvasse l’immoralità sessuale, o che perlomeno non la considerasse grave.
iii. Al contempo, lo stile della storia sembra dimostrare chiaramente la genuinità della vicenda, e molti studiosi osservano che si tratta di un resoconto storico realmente avvenuto. I primi scrittori cristiani fanno riferimento a questa vicenda già dal secondo secolo (100 d.C.). Abbiamo buone ragioni di credere che sia realmente accaduta e che Giovanni ne sia l’autore. Il dibattito si concentra sull’effettiva posizione nei diversi resoconti evangelici, ma abbiamo buona ragione di credere che vi appartenga.
iv. “Se Giovanni non ne fu l’autore, allora si tratta di un inserimento fatto immediatamente dopo la stesura del vangelo: è possibile che avesse avuto l’approvazione di Simeone o Giuda (inizio del secondo secolo), rispettivamente il secondo e il terzo vescovo della chiesa a Gerusalemme, i ‘fratelli’ del nostro Signore e gli ultimi sopravvissuti dell’era Apostolica. Sembra che questi fossero coinvolti nella revisione del vangelo, essendo probabilmente gli stessi a cui si fa riferimento con il ‘noi’ in Giovanni 21:24 e i due discepoli anonimi in Giovanni 21:2.” (Trench)
v. “Anche se non consideriamo questa porzione parte del Vangelo di Giovanni, possiamo comunque ritenere che la storia si addice perfettamente al carattere di Gesù.” (Morris)
b. Tornò di nuovo nel tempio e tutto il popolo venne da lui ed egli, postosi a sedere, li ammaestrava: Se ci atteniamo alla cronologia del Vangelo di Giovanni così com’è composto, Gesù rimase a Gerusalemme per qualche giorno dopo la Festa dei Tabernacoli (Giovanni 7:37). Sebbene le autorità religiose volessero metterlo a tacere e arrestarlo, Egli continuava comunque ad ammaestrare coraggiosamente le grandi folle nel posto più pubblico di Gerusalemme: il tempio.
2. (3-5) La donna, sorpresa in adulterio, viene condotta da Gesù.
Allora i farisei e gli scribi gli condussero una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, dissero a Gesù: «Maestro, questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio. Ora, nella legge Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne; ma tu, che ne dici?»
a. Gli condussero una donna sorpresa in adulterio: Gli condussero la donna mentre insegnava pubblicamente nei cortili del tempio. Volevano rendere la faccenda pubblica quanto possibile per umiliare sia la donna che Gesù.
i. “Tutti gli indizi sembrano rivelare che gli accusatori nutrissero uno speciale desiderio di rivalsa nei confronti della donna, dimostrato anche dal loro averla trascinata in un luogo pubblico… non ce n’era per niente bisogno. Avrebbero potuto tenerla in custodia mentre il caso veniva riferito a Gesù.” (Morris)
ii. Il verbo sorpresa è al tempo perfetto. “Il perfetto indica che la donna fu ‘colta con la vergogna su di lei’. Fa riferimento alla sua continua condotta da adultera.” (Morris)
b. Questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio: I capi religiosi avevano condotto la donna da Gesù in circostanze intrise di vergogna e umilianti. Era tenuta lì contro la propria volontà, prigioniera in custodia della polizia religiosa, che l’aveva sorpresa con un uomo che non era suo marito, mentre commetteva adulterio.
i. Ovviamente, coinvolto in quell’adulterio c’era anche un uomo – eppure il colpevole non fu condotto da Gesù per essere giudicato. Significa inoltre che furono predisposte delle spie per coglierla sul fatto, e che avevano informato i capi religiosi dei dettagli indecenti.
ii. Morris sottolinea che, in termini legali, le prove richieste per un tale crimine dovevano essere inconfutabili. Dovevano esserci due testimoni, e dovevano essere perfettamente d’accordo. Dovevano aver visto verificarsi l’atto sessuale; non era sufficiente vedere la coppia lasciare la stessa stanza insieme, o persino giacere nello stesso letto. “I movimenti fisici della coppia dovevano essere indubbi e non avere altra spiegazione… le condizioni erano tanto rigorose da verificarsi solo in rare occasioni.” (Morris)
iii. “Le condizioni per ottenere una prova dell’adulterio erano quasi impossibili, a meno che non si trattasse di una trappola.” (Boice)
c. Ora, nella legge Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne: È vero che l’adulterio era un delitto capitale secondo la legge ebraica, ma è anche vero che le leggi che regolavano la presentazione delle prove in questi casi erano estremamente rigorose. L’atto sessuale doveva essere osservato da molteplici testimoni, i cui resoconti dovevano combaciare alla perfezione. In effetti, praticamente nessuno veniva giustiziato per adulterio, in quanto era un peccato relativamente privato.
i. “Sembra che dal primo secolo dopo Cristo non fosse più applicata la legge nel suo pieno rigore come regola generale, perlomeno non nelle comunità urbane.” (Bruce)
ii. “Dal riferimento alla legge nel versetto 5 potrebbe sembrare che la donna fosse colpevole e passibile di questa punizione in quanto aveva peccato nel periodo di fidanzamento; la fornicazione durante quel tempo era considerata adulterio.” (Tasker)
d. Ma tu, che ne dici? Avevano teso una trappola a Gesù. Se Gesù avesse detto: “Lasciatela andare”, sarebbe sembrato come se Gesù infrangesse la Legge di Mosè. Se avesse detto: “Giustiziatela per il crimine d’adulterio”, allora sarebbe sembrato duro e forse crudele. Inoltre, avrebbe infranto la legge romana, in quanto i romani avevano precluso ai Giudei il diritto di applicare ufficialmente la pena capitale per i delitti di natura religiosa.
i. Si trattava di un dilemma simile a quello posto a Gesù quando Gli fu presentata la questione del pagamento dei tributi a Cesare (Matteo 22:15-22).
3. (6) Gesù ignora gli accusatori, come se non li avesse mai sentiti.
Or dicevano questo per metterlo alla prova e per aver di che accusarlo. Ma Gesù, fingendo di non sentire, chinatosi, scriveva col dito in terra.
a. Or dicevano questo per metterlo alla prova e per aver di che accusarlo: I capi religiosi, in tutta la loro spregevolezza, usarono la donna come arma contro Gesù. La presentarono come peccatrice di fronte a Lui, ignorando allo stesso tempo i propri peccati.
i. A loro non importava nulla della vera giustizia, in quanto era evidente che avevano escogitato sia l’atto di adulterio che l’arresto. Sostenevano che quella donna era stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio, eppure non portarono a Gesù l’uomo colpevole. È possibile che l’uomo fosse uno di loro, e che avessero semplicemente usato la donna come arma o pedina nel loro conflitto contro Gesù.
ii. “L’adulterio non è il tipo di trasgressione che può essere commesso da una singola persona; se lei era stata colta in flagrante, perché avevano permesso al suo complice di farla franca?” (Bruce)
iii. “Non guardavano alla donna come ad una persona, ma la consideravano solo un oggetto, uno strumento per mezzo di cui avrebbero potuto formulare un’accusa contro Gesù.” (Barclay)
b. Ma Gesù […] chinatosi, scriveva col dito in terra: Si tratta di una risposta attenta e intenzionale da parte di Gesù. Anziché rispondere immediatamente a voce, Egli si chinò. Poi, si mise a scrivere col dito in terra, presumibilmente nella polvere.
i. Chinatosi indica umiltà. Gesù non reagì con ira o con sdegno immediato. Non urlò alla donna o a coloro che l’avevano condotta da Lui. Gesù si fermò e si chinò.
ii. Chinatosi descrive un cambio di postura verso il basso per identificarsi con l’umiliazione della donna. Gesù fece il possibile per identificarsi con lei, prendersi cura di lei e alleviare il suo imbarazzo. Si può dire che questa vicenda illustri il grande problema: come può Dio mostrare amore e grazia al peccatore senza essere ingiusto e senza infrangere le proprie regole? Lo fa in primo luogo identificandosi con il peccatore nella sua condizione di umiliazione.
iii. Scriveva in terra significa che Gesù sapeva scrivere, e che scrisse in presenza della donna e di quegli uomini. Che cosa scrisse Gesù è stata una fonte infinita di speculazione per insegnanti, predicatori e commentatori.
·Alcuni pensano che Gesù abbia semplicemente scarabocchiato a terra. Il verbo tradotto con scrisse potrebbe anche significare “disegnare”. (Morris)
·Alcuni pensano che Gesù cercasse semplicemente di guadagnare tempo.
·Alcuni pensano che Gesù scrisse il passaggio della Legge che condannava la donna adultera.
·Alcuni pensano che Gesù scrisse un passaggio come Esodo 23:1: Non darai alcun aiuto all’empio per essere un ingiusto testimone.
·Alcuni pensano che Gesù scrisse i nomi degli accusatori.
·Alcuni pensano che Gesù scrisse i peccati degli accusatori.
·Alcuni pensano che Gesù seguì la pratica giudiziaria romana e scrisse la Sua sentenza prima di pronunciarla.
iv. “La parola greca usata normalmente per scrivere è graphein; qui la parola usata invece è katagrapheini, che può significare scrivere un resoconto contro qualcuno.” (Barclay)
c. Fingendo di non sentire: Mentre Gesù era chinato e scriveva, si comportò come se non avesse neppure sentito l’accusa contro la donna. Forse Gesù li ignorò, perché disprezzava le loro opere malvagie. Forse li ignorò, perché era imbarazzato per la donna.
i. Paolo fece riferimento alla mansuetudine e benignità di Cristo (2 Corinzi 10:1) – qui ne osserviamo la perfetta dimostrazione.
4. (7-8) Gesù pronuncia la sentenza contro gli accusatori.
E, come essi continuavano ad interrogarlo, egli si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra.
a. Come essi continuavano ad interrogarlo: Gesù si chinò, scrisse qualcosa a terra e si comportava come se non udisse gli accusatori della donna sorpresa in adulterio. Gli uomini che l’avevano portata con sé non smettevano di chiedergli che cosa avrebbero dovuto fare di lei – continuavano ad interrogarlo.
b. Egli si alzò e disse loro: Gesù si rivolse direttamente agli accusatori della donna, alzandosi in piedi per poterli guardare dritto negli occhi.
c. Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei: Secondo la legge ebraica, i testimoni di una trasgressione capitale erano coloro che davano inizio alla lapidazione. È come se Gesù avesse detto: “Possiamo giustiziarla, ma lo dobbiamo fare correttamente. Uno dei testimoni deve cominciare. Quindi, chi tra voi ha visto il crimine e Mi ha portato solo la donna e non l’uomo? Chi ha architettato l’umiliazione di questa povera donna?”
i. Anziché emettere una sentenza contro la donna, Gesù la pronunciò contro i suoi accusatori. Non disse: “Non giustiziatela”, ma pretese semplicemente che la giustizia fosse applicata in maniera imparziale e retta.
ii. Chi di voi è senza peccato: Non intende dire che questi uomini avevano peccato una o due volte fino ad allora, e che quindi non avevano il diritto di preoccuparsi del peccato della donna. Bensì, intende dire che avevano orchestrato il suo peccato, la sua vergogna, usandola come arma contro Gesù. In questo caso particolare si erano macchiati di un peccato e di una colpa maggiori.
iii. Con ciò, Gesù portò alla luce un peccato comune: il desiderio di punire i peccati degli altri, ignorando i propri. Re Davide ne fu un esempio, quando il Profeta Nathan gli raccontò la storia di un uomo che aveva rubato ed ucciso l’agnellina di un altro uomo (2 Samuele 12:1-10).
iv. Se dobbiamo guardare ai peccati degli altri, dobbiamo avere la consapevolezza anche del nostro peccato. C’è comunque la possibilità di esporre, condannare e occuparsi dei peccati altrui nella famiglia di Dio, ma bisogna sempre farlo conservando un cuore che si riconosce un peccatore perdonato. Quando viene fatto correttamente, affrontare il peccato porta a lacrime e cuori infranti, piuttosto che a rabbia e condanna.
d. Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra: Sembra che Gesù abbia fatto tutto quello che poteva per calmare gli spiriti e la tensione della situazione, probabilmente preoccupato per la dignità e la sicurezza della donna. Ancora una volta, Gesù scriveva in terra.
i. Non rimase a fissare gli accusatori con fare intimidatorio. Anzi, Gesù fece di tutto per alleviare la tensione della situazione. Non usò l’intimidazione per cercare di cambiare il loro comportamento.
ii. Gesù continuò a preoccuparsi della vergogna della donna e fece il possibile per alleggerirne il peso. La vergogna può rivelarsi utile ad uno scopo, ma Dio non l’ha mai intesa come condizione permanente.
5. (9) Gli accusatori rispondono andandosene.
Quelli allora, udito ciò e convinti dalla coscienza, se ne andarono ad uno ad uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; così Gesù fu lasciato solo con la donna, che stava là in mezzo.
a. Convinti dalla coscienza: Furono convinti da quello che avevano udito da Gesù. Apparentemente, non erano state le parole scritte da Gesù (sebbene abbiano potuto averne qualcosa a che fare), ma erano state le Sue parole a convincere la loro coscienza.
i. Il fatto che la loro coscienza non fosse completamente assopita è una nota di merito per questi uomini – potevano ancora essere convinti dalla coscienza. A quel punto avevano ricevuto maggiore consapevolezza del proprio peccato, piuttosto che di quello della donna.
b. Se ne andarono ad uno ad uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi: Capiamo perché se ne andarono: erano stati convinti dalla coscienza. Non è immediatamente chiaro però perché se ne andarono in ordine – dai più vecchi fino agli ultimi. Forse gli anziani se ne andarono per primi, perché capirono prima che Gesù alludeva a loro.
i. “Il tempo progressivo in quest’ultimo verbo dà il senso di una processione: continuavano ad andarsene.” (Morris)
ii. Alcuni ipotizzano che Gesù scrisse sul terreno un resoconto dei loro peccati, cominciando dai più anziani ai più giovani, tentando così di spiegare l’ordine in cui si allontanarono.
c. La donna, che stava là in mezzo: È l’unico riferimento nella narrazione alla postura fisica della donna. È possibile che i capi religiosi che l’avevano portata da Gesù l’avessero costretta a stare in piedi per tutto quel tempo. Eppure, la natura umana e la ripetuta postura chinata di Gesù suggeriscono che la donna, per tutta o parte della vicenda, fosse china al suolo.
i. La parola in greco antico tradotta stava là (hestimi) spesso significa “stare in piedi”, ma può avere a volte una connotazione figurata, avendo il significato di porre o posizionare, come in Matteo 4:5 e 18:2. L’espressione stava là in mezzo non afferma necessariamente che la donna stesse effettivamente in piedi.
ii. Trench riguardo ad un uso successivo di hestimi in Giovanni 18:18 e 18:25 dice: “Luca è certo che i servi, le guardie e Pietro fossero seduti, così come riporta Matteo per quanto riguarda Pietro. Giovanni sembra descrivere i servi, le guardie e Pietro come in piedi: ma queste parole usate da Giovanni sono molto frequentemente idiomatiche, e significano semplicemente ‘stare fermi’, ‘continuare’, ‘esserci’, ‘essere’, esattamente come il verbo stare, per cui non è possibile forzare il significato di stare in piedi. Similmente, si verifica anche negli altri diciannove passaggi del vangelo di Giovanni in cui compare questo verbo.” (Trench)
6. (10-11) Gesù lancia una sfida alla donna a non peccare più.
Gesù dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». Gesù allora le disse: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più».
a. Gesù dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna: Gli accusatori si allontanarono mentre Gesù era chino e scriveva nella polvere.
b. Dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata? Senza i suoi accusatori, non rimase più nessuno a condannare la donna; nemmeno Gesù Stesso la condannò.
c. Ella rispose: «Nessuno, Signore»: La donna, colpevole di un grande peccato, riconobbe la misericordia di non aver ricevuto alcuna condanna. Passò dal peccato e dalla pena di morte al perdono e alla vita.
d. Neppure io ti condanno: In un certo senso, Gesù aveva preso la colpa della donna su di sé, visibile particolarmente nel Suo chinarsi. Tra tutti loro Egli era l’unico senza peccato. Conoscendo ogni cosa, Egli aveva il diritto di scagliare la prima pietra, ma non lo fece. La donna trovò rifugio in Gesù.
i. “Essi conoscevano il brivido di esercitare il potere della condanna; Gesù conosceva l’emozione di esercitare il potere del perdono.” (Barclay)
ii. In un certo senso, qui Gesù diede vita alla grande verità di Romani 8:1: non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù.
e. Va’ e non peccare più: Gesù la lasciò andare esortandola a desistere dal commettere il suo peccato e a tenersi costantemente alla larga da esso. La mandò via senza mai approvare né accettare il suo peccato.
i. “La forma del comando suggerisce il cessare di commettere un’azione già cominciata: ‘Metti fine alle tue abitudini peccaminose’. E il ‘non più’ indica il pensiero di non ritornare.” (Morris)
ii. Con le Sue potenti parole Gesù fece diverse cose.
·Riconobbe che la donna aveva commesso peccato, in quanto le disse di smetterla di peccare.
·Le disse di ravvedersi e di non persistere nel suo peccato.
·Le diede la speranza che la sua vita avrebbe potuto continuare libera dal peccato sessuale.
·Le diede una parola di speranza da pronunciare contro la vergogna che l’avrebbe probabilmente minacciata o sopraffatta più avanti nella sua vita.
iii. La donna aveva bisogno di speranza, perché le conseguenze del suo peccato sarebbero state molto severe. Probabilmente, in seguito a questi eventi sarebbe stata emarginata dalla sua comunità, respinta dal marito, e forse avrebbe ricevuto un atto di divorzio (ipotizzando che fosse sposata o fidanzata).
B. La Luce del Mondo risponde all’opposizione nel tempio.
1. (12) Gesù, la luce del mondo.
E Gesù di nuovo parlò loro, dicendo: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
a. Gesù di nuovo parlò loro: Se consideriamo la cronologia del Vangelo di Giovanni così come descritta nel testo, la vicenda della donna sorpresa in adulterio interruppe Gesù, che stava prima insegnando nei cortili del tempio nei giorni immediatamente successivi alla Festa dei Tabernacoli. A quel punto, ricominciò ad insegnare.
b. Io sono la luce del mondo: La luce era un simbolo importante nella Festa dei Tabernacoli, durante la quale molti emblemi e cerimonie commemoravano la colonna di fuoco che aveva illuminato Israele durante l’Esodo. Gesù, quindi, prese questo simbolo di grande importanza e semplicemente lo applicò a sé stesso: Io sono la luce del mondo.
i. Barclay e diversi altri studiosi associano le parole della luce del mondo ad una cerimonia collegata alla Festa dei Tabernacoli e nota con il nome de L’illuminazione del Tempio. “Era uso durante la prima notte, o forse ogni notte, accendere due grandi candelabri d’oro nel cortile delle donne, la cui luce illuminava l’intera città di Gerusalemme. E per tutta la notte si tenevano festeggiamenti con danze alla luce di quei candelabri.” (Alford)
ii. Si tratta di un contrasto forte e significativo contro l’oscurità degli oppositori di Gesù, che Gli avevano appena portato la donna sorpresa in adulterio.
iii. “‘Io sono’ è enfatico. È l’espressione che fa riferimento alla deità, come già visto altrove in questo Vangelo.” (Morris)
c. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre: Gesù, essendo la luce del mondo, porta luce a coloro che Lo seguono. Quando Lo seguiamo, rimaniamo nella luce e non camminiamo nelle tenebre.
i. Chi mi segue: “Se un uomo potesse viaggiare tanto veloce da inseguire il sole, è ovvio che sarebbe sempre inondato dalla sua luce. Se dovesse mai arrivare il giorno in cui la velocità dei treni sarà uguale a quella a cui si muove il mondo, allora un uomo potrebbe vivere sempre senza mai perdere la luce. Similmente, chi segue Gesù non camminerà mai nelle tenebre.” (Spurgeon)
ii. Le Scritture ebraiche paragonano spesso la Parola di Dio alla luce.
·La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero (Salmo 119:105).
·Manda la tua luce e la tua verità; mi guidino esse (Salmo 43:3).
iii. Poiché Gesù è la Parola (Giovanni 1:1), è perfettamente logico che sia anche la luce.
2. (13-16) Il primo testimone di Gesù: Gesù Stesso.
Allora i farisei gli dissero: «Tu testimoni di te stesso; la tua testimonianza non è verace». Gesù rispose e disse loro: «Anche se testimonio di me stesso, la mia testimonianza è verace, perché so da dove son venuto e dove vado; voi invece, non sapete né da dove vengo, né dove vado. Voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno. E, anche se giudico, il mio giudizio è verace, perché io non sono solo, ma sono io e il Padre che mi ha mandato».
a. Tu testimoni di te stesso; la tua testimonianza non è verace: Gesù proclamò semplicemente di essere la luce del mondo, ma i farisei non riuscivano a scorgerla. Non riuscivano a vedere la Sua luce perché erano ciechi, non perché Gesù non risplendesse abbastanza.
i. Un uomo dotato di vista non ha bisogno che gli vengano fornite prove sull’esistenza della luce; la vede e basta. “La luce è la prova stessa di ciò che è. Lo fa non per mezzo di argomentazioni, ma con il suo stesso splendore. La luce va sempre accettata per quella che è, nonostante le obiezioni avanzate dai ciechi.” (Morris)
ii. I farisei non riuscirono a dimostrare che Gesù non fosse il Messia che sosteneva di essere. Cercarono invece di deviare il discorso, dicendo che Gesù non poteva dimostrare di essere Messia e Dio, e che non aveva testimoni a sostegno delle proprie dichiarazioni.
iii. Se non potevano uccidere Gesù il testimone, speravano almeno di intimidirlo e, se non potevano intimidirlo, speravano di mostrare la sua inaffidabilità e inattendibilità in qualità di testimone.
b. Anche se testimonio di me stesso, la mia testimonianza è verace: Gesù era d’accordo sul fatto che, in circostanze normali, la testimonianza di un uomo riguardo a sé stesso non si poteva considerare valida. Ciononostante, Gesù sottolineò di essere qualificato per rendere testimonianza di sé stesso.
i. Gesù poté dare testimonianza di sé stesso, perché Lui (e non loro) aveva una visione dell’eternità: so da dove son venuto e dove vado.
ii. Gesù poté dare testimonianza di sé stesso, perchéLui (e non loro) giudicava con giustizia: Voi giudicate secondo la carne, io non giudico nessuno. “Si erano autoproclamati Suoi giudici e avevano emesso una condanna contro di Lui, perché ‘secondo la carne’ era nato in Galilea.” (Dods)
iii. Gesù poté dare testimonianza di sé stesso, perché la Sua testimonianza era pienamente sostenuta da Dio Padre: il mio giudizio è verace, perché io non sono solo, ma sono io e il Padre che mi ha mandato.
iv. “Lui deve dare testimonianza di sé stesso: nessun altro è qualificato per testimoniare della Sua natura e della Sua opera fondamentale.” (Trench)
c. Sono io e il Padre che mi ha mandato: Nonostante le proteste dei capi religiosi, Gesù era assolutamente fermo e certo della propria identità, a prescindere da tutte le voci che Gli affermavano il contrario. Questa posizione, in cui ci si trova fermi e sicuri della propria identità, è un meraviglioso modello di comportamento per i credenti di oggi.
3. (17-18) Il secondo testimone di Gesù: Dio Padre.
«Or anche nella vostra legge è scritto che la testimonianza di due uomini è verace. Sono io che testimonio di me stesso, ed anche il Padre che mi ha mandato testimonia di me».
a. Or anche nella vostra legge è scritto che la testimonianza di due uomini è verace: Gesù era certo che la Sua testimonianza fosse sufficiente. Eppure, per andare incontro a loro, coinvolse anche un altro testimone.
i. “Se i Giudei esigono due testimoni per soddisfare la legge ebraica che regola la presentazione di prove, quei due testimoni esistono: Gesù e Suo Padre.” (Tasker)
b. Sono io che testimonio di me stesso, ed anche il Padre che mi ha mandato testimonia di me: Anche Dio Padre testimoniava che Gesù era il Messia, Figlio di Dio e Dio Figlio.
i. “Il nostro Signore qui parla in veste di ambasciatore. Un ambasciatore non porta con sé un’altra persona per confermare la propria verità; le credenziali che ha ricevuto dal re servono a convalidare la sua posizione, quale rappresentante della persona del re. In maniera simile, il nostro Signore rappresenta il Padre, che testimonia insieme a Lui.” (Clarke)
4. (19-20) Gesù conosce Suo Padre, i farisei no.
Gli dissero allora: «Dov’è tuo Padre?». Gesù rispose: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». Gesù pronunziò queste parole nel luogo del tesoro, insegnando nel tempio; e nessuno lo prese, perché non era ancora venuta la sua ora.
a. Dov’è tuo Padre? È probabile che le parole dei farisei fossero intese ad insultare Gesù pesantemente. Alludevano alla controversia che circondava la Sua nascita verginale e alle dicerie che negavano il Suo concepimento miracoloso, il quale veniva attribuito ad un atto impuro.
i. “In Oriente, mettere in discussione la paternità di un uomo è un affronto ingiurioso alla sua legittimità.” (Tenney)
b. Voi non conoscete né me né il Padre mio: Con la loro allusione ai genitori di Gesù, i farisei pensavano di possedere una qualche informazione scandalosa o compromettente su di Lui. Devono aver pensato: “Vediamo un po’ come reagisce quando gli riveliamo ciò che sappiamo su di Lui”. In risposta, Gesù disse chiaramente che non sapevano niente di Lui né di suo Padre.
i. “Si vantano della loro conoscenza di Dio. Gesù dice loro che invece non Lo conoscono affatto.” (Morris)
c. Gesù pronunziò queste parole nel luogo del tesoro: Giovanni ci ricorda che Gesù ebbe questa discussione con i propri oppositori nel posto più pubblico di Gerusalemme, proprio sul Monte del tempio. Eppure, nessuno lo prese, perché non era ancora venuta la sua ora.
5. (21-22) Gesù parla della Sua prossima dipartita; i capi religiosi Lo insultano.
Gesù dunque disse loro di nuovo: «Io me ne vado e voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato. Là dove vado io, voi non potete venire». Dicevano perciò i Giudei: «Vuole forse uccidersi, perché dice: “Dove vado io, voi non potete venire”?».
a. Io me ne vado… Là dove vado io, voi non potete venire: Gesù sapeva che di lì a poco sarebbe salito in cielo. A causa del loro odio verso di Lui, poté anche affermare che i Suoi accusatori non vi sarebbero andati. Non l’avrebbero potuto seguire là dove stava per andare.
i. Se seguiamo Gesù sulla terra, Lo seguiamo in cielo. Se non esprimiamo alcun desiderio di seguirlo sulla terra, che cosa ci fa pensare che Lo potremo seguire in cielo?
b. Vuole forse uccidersi? Ecco un altro insulto contro Gesù. I Giudei del tempo insegnavano che i gironi più profondi dell’Ades fossero destinati ai suicidi. Con questo i farisei cercavano di distorcere le parole di Gesù, affinché sembrasse che dicesse di volersi suicidare, facendolo così sembrare dannato.
i. “Secondo il pensiero giudaico, le profondità dell’inferno erano riservate a coloro che si toglievano la vita.” (Barclay)
6. (23-24) Due destini: Gesù entrerà nella gloria; se continueranno su questa rotta, essi moriranno nei loro peccati.
Ed egli disse loro: «Voi siete di quaggiù, mentre io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Perciò vi ho detto che voi morirete nei vostri peccati, perché se non credete che io sono, voi morirete nei vostri peccati».
a. Voi siete di quaggiù, mentre io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo: I farisei che si opponevano a Gesù sostenevano che Egli sarebbe andato all’inferno da suicida (secondo il loro insegnamento). Gesù rispose che i loro destini erano sì diversi, ma non come essi pensavano.
b. Se non credete che io sono, voi morirete nei vostri peccati: Pur essendo capi religiosi, questi uomini vivevano nelle tenebre, che offuscavano i loro cuori e le loro azioni. Le tenebre permanevano perché avevano respinto (non credete) la luce. Gesù diede loro un serio avvertimento: il giorno della grazia non sarebbe durato per sempre. La morte stava per rendere permanenti le loro tenebre peccaminose.
i. Nasciamo tutti nel peccato (Salmo 51:5) e, se ce lo teniamo stretto, se non ce ne liberiamo, moriremo nei nostri peccati. Visto che prima o poi bisognerà fare i conti con il peccato, coloro che muoiono nei propri peccati pagheranno all’inferno per quei peccati. Ma se lasciamo che Gesù si occupi dei nostri peccati adesso, prima della nostra morte, confidando in chi Egli è e in ciò che ha fatto per donarci la salvezza, ci sarà risparmiato di morire nei nostri peccati.
ii. “Nel versetto 24 viene usato il plurale, ‘peccati’, in contrapposizione al singolare, ‘peccato’, del versetto 21; se il singolare esprime l’incredulità, il peccato alla radice, il plurale esprime quelle particolari attitudini, parole e azioni che ne costituiscono i frutti.” (Bruce)
c. Se non credete che io sono, voi morirete nei vostri peccati: Gesù li invitò a credere che io sono. Il titolo “Io sono” è una rivendicazione di divinità; se i farisei vogliono essere salvati dalla morte nei loro peccati, devono credere in Gesù e nella Sua vera identità, Dio Figlio.
i. “Dovremmo probabilmente intenderlo alla stregua dell’espressione nella versione dei Settanta, che è il modo in cui veniva espressa la deità… la stessa espressione greca appare in 6:20, 18:6, entrambi facili da capire.” (Morris)
7. (25-27) Gesù parla della Sua dipendenza da Dio Padre in tutto quello che ha detto.
Allora essi gli dissero: «Chi sei tu?». E Gesù disse loro: «Proprio quello che vi dico.Io ho, a vostro riguardo, molte cose da dire e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è verace, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Essi non capirono che parlava loro del Padre.
a. Chi sei tu? È una domanda meravigliosa, se fatta con cuore sincero. Al contrario, la domanda dei farisei proveniva da una combinazione di confusione volontaria e disprezzo. Sebbene Gesù avesse loro detto a ripetizione chi fosse, continuavano a chiederglielo nella speranza di ricevere una risposta da poter usare per incastrarlo e condannarlo.
i. Alcune domande non sono tese a scoprire la verità; vengono poste per opporre resistenza alla verità e giustificare il rifiuto di credere. I capi religiosi fecero molte domande ostili:
·Dov’è tuo Padre? (Giovanni 8:19)
·Vuole forse uccidersi? (Giovanni 8:22)
·Chi sei tu? (Giovanni 8:25)
ii. “La domanda: ‘E comunque, chi sei tu?’ mostra l’esasperazione dei farisei nei confronti degli indizi lasciati da Gesù e delle sue dichiarazioni apparentemente stravaganti.” (Tenney)
b. Proprio quello che vi dico: Gesù non diede loro una risposta diversa, ma continuava a ripetere le verità e i temi di cui aveva parlato molte volte prima.
i. Io ho, a vostro riguardo, molte cose da dire e da giudicare: “Potrei portare immediatamente alla luce tutte le vostre iniquità: il vostro orgoglio e ambizione, la vostra ipocrisia ed empietà, il vostro odio per la luce e la vostra malizia contro la verità, insieme a questa ostinata incredulità dei vostri cuori; e potrei mostrarvi che queste sono le ragioni per cui vi dico che morirete nei vostri peccati.” (Clarke)
c. E le cose che ho udito da lui, le dico al mondo: Gesù enfatizzò ancora una volta che le Sue parole provenivano da Dio Padre. Dunque, poiché i farisei si opponevano a Gesù, in realtà si opponevano a Dio Padre.
8. (28-30) Gesù parla della Sua dipendenza da Dio Padre in tutto quello che fa.
Quindi Gesù disse loro: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma dico queste cose come il Padre mi ha insegnato. E colui che mi ha mandato è con me; il Padre non mi ha lasciato solo, perché faccio continuamente le cose che gli piacciono». Mentre egli diceva queste cose, molti credettero in lui.
a. Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo: Lo “innalzamento” descritto da Gesù non aveva niente a che fare con l’esaltazione di Gesù a cui siamo abituati a pensare. Non si trattava di ricevere applausi e di acquistare celebrità. Al contrario, si riferiva al sollevare Gesù dal terreno per mezzo di una croce. Quando Egli fu crocifisso, videro l’obbedienza perfetta del Figlio al Padre; videro che veramente “non faccio nulla da me stesso”.
i. “Il Suo ‘innalzamento’ sarebbe stato la sua conferma: a quel punto sarebbe stato palese che aveva agito e parlato per mezzo dell’autorità del Padre.” (Bruce)
b. Il Padre non mi ha lasciato solo: L’unità tra Padre e Figlio continuava e continuerà. Malgrado le accuse dei farisei, Gesù non poteva essere più vicino al Padre di quanto non lo fosse già.
c. Faccio continuamente le cose che gli piacciono: Gesù fu tanto coraggioso da pronunciare queste parole ai Suoi avversari, sostanzialmente sfidandoli a trovare in lui qualcosa che non compiacesse Dio Padre. In tutta risposta, i Suoi nemici rimasero in silenzio, che si tradusse in una testimonianza importante sulla natura senza peccato di Gesù.
i. Faccio continuamente le cose che gli piacciono: È facile dire: “Io faccio sempre la volontà del Padre”, quando ci si limita a dibattere su questioni teologiche. È tutta un’altra cosa “fare sempre la volontà del Padre”, quando significa andare alla croce. La croce era la prova dell’obbedienza perfetta di Gesù.
d. Mentre egli diceva queste cose, molti credettero in lui: Mentre i farisei udivano Gesù parlare, la loro opposizione contro di Lui cresceva. Eppure, c’erano molti che ascoltarono le stesse parole e credettero, malgrado la palese contrapposizione dei capi religiosi.
i. Ciò che Gesù affermò sulla propria unità con il Padre fu ricevuto bene da alcuni, perché la Sua vita era coerente con il Suo messaggio. Al contrario dei farisei, si poteva vedere che Gesù era vicino a Dio. I farisei coltivavano un’immagine di intimità con Dio, ma era evidente che non erano realmente vicini a Lui.
9. (31-32) Gesù offre discepolato e libertà a coloro che credono in Lui.
Gesù disse allora ai Giudei che avevano creduto in lui: «Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
a. Gesù disse allora ai Giudei che avevano creduto in lui: Il versetto precedente ci dice che molti credettero in Lui (Giovanni 8:30). Gesù continuò a parlare a coloro che avevano sperimentato quel principio di fede, illustrando loro ciò di cui avevano bisogno per continuare a credere.
i. “Questa sezione del discorso è indirizzata a coloro che credono, ma non credono ancora veramente. È chiaro che fossero propensi a pensare che Gesù dicesse il vero, ma non erano pronti a donargli quella totale lealtà che scaturisce dalla vera fede in Lui. Si tratta di uno stato spirituale pericolosissimo.” (Morris)
b. Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli: Se vogliamo essere discepoli di Gesù, dobbiamo dimorare nella Sua parola – non c’è altro modo. Essere discepoli di Gesù, la Parola che si è fatta carne, significa dimorare (vivere, abitare, costruire la propria casa) nella Sua parola.
i. Se dimorate nella mia parola: “A coloro che sono stati appena descritti come credenti in Lui, Gesù continuò a dire: ‘Se voi’ – in contrasto con coloro che non avevano creduto – ‘dimorate nella mia parola’ – non accontentandovi solo del primo passo verso la fede e l’ubbidienza – ‘allora’ – e solo allora – ‘sarete davvero miei discepoli’” (Dods)
ii. Tasker dà una descrizione di ciò che significa dimorare nella Sua parola: “Accoglierla, sentirsi a proprio agio con essa come a casa propria, e vivere con essa con una tale continuità da diventare parte della vita del credente, un’influenza ed uno stimolo costante in ogni nuovo avanzamento in bontà e santità.” (Tasker)
iii. Anche questa è un’affermazione che riflette l’unità tra il Padre e il Figlio. Gesù invitava le persone a dimorare nella Sua parola. Sulle labbra di qualsiasi altra persona che non fosse Gesù, tali parole sarebbero risultate assurde.
iv. “Il modo in cui trattiamo le parole del Signore ci identifica: colui che ha i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.” (Meyer)
c. Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi: Tale è l’effetto del nostro dimorare nella parola di Gesù. Quando, dimorando nella Sua parola, diamo prova di essere Suoi discepoli e conosciamo la verità, Dio produce la Sua libertà nella nostra vita per mezzo della Sua verità. La libertà intesa da Gesù non proviene semplicemente da una ricerca accademica della verità in generale, bensì dal dimorare nella Sua parola e dall’essere Suoi discepoli.
i. Non c’è niente di paragonabile alla libertà che possiamo avere in Gesù. Il denaro non può comprarla, lo status sociale non ne dà diritto, le opere non possono guadagnarsela, e niente può eguagliarla. È tragico che non tutti i cristiani sperimentino questa libertà, che non si potrà mai trovare, se non dimorando nella parola di Dio ed essendo discepoli di Gesù.
10. (33-36) Gesù risponde alla loro protesta, in cui affermano di essere già liberi.
Essi gli risposero: «Noi siamo progenie di Abrahamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato. Or lo schiavo non rimane sempre nella casa; il figlio invece vi rimane per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi».
a. Noi siamo progenie di Abrahamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno: La reazione dei capi religiosi non fu: “Meraviglioso! Dicci di più su quello che significa essere liberi credendo nella Tua parola”. Anzi, controbatterono: “Non ne abbiamo bisogno; siamo a posto”.
i. Era un’affermazione considerevole e sconsiderata. Gli ebrei avevano una storia di schiavitù in Egitto e tra i filistei, in Babilonia, Persia, Siria e Roma. “Non c’era forse una presidio romano che dal castello dava proprio sui cortili del tempio, in cui fu pronunciata tale presuntuosa falsità?” (Maclaren)
ii. Eppure, molti Giudei del tempo avevano un forte senso di indipendenza. “Giuseppe Flavio scrive dei seguaci di Giuda in Galilea, che condussero una famosa rivolta contro i romani: ‘Hanno un attaccamento inviolabile alla libertà e dicono che Dio deve essere il loro unico Comandante e Signore’ (Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, 18:1,6).” (Barclay)
iii. “Il potere dell’autoinganno nell’uomo non convertito è infinito.” (Ryle)
b. Chi fa il peccato è schiavo del peccato: Peccato in questo passaggio è coniugato in un tempo verbale che indica un’azione abituale e persistente. La persona in una situazione di peccato ricorrente è schiava del peccato.
i. “Il costrutto participiale ‘chi fa il peccato’ è al presente, dando indicazione di un peccato abitudinario piuttosto che di uno sbandamento occasionale.” (Tenney)
ii. “C’è un altro tipo di schiavitù oltre a quella sociale o economica. Il peccato è uno schiavista, ed è possibile che le persone che si credono libere siano schiave del peccato. (Bruce)
iii. “È più facile trovare un uomo che non abbia mai compiuto un atto malvagio, che non si sia mai ubriacato, che non abbia mai rubato, o cose del genere, che trovarne uno che abbia commesso una o più di queste azioni solo una volta.” (Maclaren)
iv. “Non dovremmo minimizzare l’impatto della parola ‘servo’. Non indica una persona che viene stipendiata e che gode di una considerevole libertà – significa schiavo.” (Morris)
c. Or lo schiavo non rimane sempre nella casa; il figlio invece vi rimane per sempre: Non c’è peggiore schiavitù di quella del peccato, perché non esiste via di fuga da noi stessi. Un Figlio deve liberarci; il Figlio di Dio ci rende liberi e ci accoglie nella casa di Dio.
i. “Lo schiavo non ha residenza permanente nella casa; in qualsiasi momento può essere mandato via o venduto.” (Dods)
d. Se dunque il Figlio vi farà liberi sarete veramente liberi: Se siamo liberati dalla nostra schiavitù del peccato – liberati per opera del Figlio, dimorando nella parola di Gesù ed essendo Suoi discepoli – allora siamo veramente liberi e possediamo la vera libertà, in netto contrasto alla “libertà” di cui, illudendosi, si vantavano i farisei in Giovanni 8:33.
i. Il Figlio vi farà liberi: “Dunque, chi è schiavo del peccato non può da sé cambiare la propria condizione. Non può convertire sé stesso né può essere convertito da altri peccatori come lui… il liberatore dalla nostra schiavitù deve necessariamente provenire dal di fuori delle file dell’umanità schiavizzata.” (Tasker)
ii. “Se siamo schiavi del peccato, allora possiamo essere trasferiti dalla sua casa e condotti alla nostra vera dimora nella casa del Padre. È lì che troviamo la nostra beata speranza.” (Maclaren)
iii. Una donna cristiana di 82 anni proveniente da Hong Kong raccontava della sua vita in Cina, usando ancora gran parte del vocabolario comunista per descrivere la loro rivoluzione – la chiamavano “liberazione”. Le chiesero: “Quando eri in Cina, eri libera di incontrarti con altri cristiani per adorare?”, “Oh, no” rispose. “Fin dalla liberazione non è permesso più a nessuno riunirsi per funzioni religiose cristiane”. “Ma sicuramente vi era permesso riunirvi in piccoli gruppi e discutere della fede cristiana?”, “No, non ci era più permesso”, rispose la donna. “Sin dalla liberazione ogni incontro del genere è proibito”. “Eri libera di leggere la Bibbia?” “Dalla liberazione nessuno è più libero di leggere la Bibbia”.
iv. Il punto è chiaro: la libertà non consiste nella parola “libertà” in sé stessa, ma nella relazione con Gesù Cristo, dimorando nella Sua parola e diventando Suoi discepoli.
11. (37-41a) I capi religiosi danno prova di essere diversi dal loro padre Abrahamo.
«Io so che siete progenie di Abrahamo, ma cercate di uccidermi, perché la mia parola non trova posto in voi.Io parlo di ciò che ho visto presso il Padre mio, e anche voi fate le cose che avete visto presso il padre vostro». Essi, rispondendo, gli dissero: «Il padre nostro è Abrahamo». Gesù disse loro: «Se foste figli di Abrahamo, fareste le opere di Abrahamo; ma ora cercate di uccidere me, uno che vi ha detto la verità che ho udito da Dio; Abrahamo non fece questo. Voi fate le opere del padre vostro».
a. Io so che siete progenie di Abrahamo: Gesù confermò che erano progenie di Abrahamo in senso genetico, ma non era loro padre in senso spirituale. Quando dei messaggeri dal cielo si recarono da Abrahamo, egli li ricevette (Genesi 18); eppure quei discendenti genetici di Abrahamo rigettavano e cercavano di uccidere Colui che era stato mandato dal cielo.
i. “Serbare intenzioni omicide contro qualcuno che ha comunicato loro la verità di Dio non è il segno che contraddistingue i figli di Abrahamo.” (Bruce)
b. Perché la mia parola non trova posto in voi: Il loro rifiuto della parola di Gesù e di Gesù la Parola prova che non erano come Abrahamo e che non avevano la libertà che deriva dal dimorare nella Sua parola.
i. Spurgeon considera diversi modi in cui la parola di Dio dovrebbe trovare posto nel credente:
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto interiore.
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto di grande onore.
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto di fiducia.
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto di comando.
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto d’amore.
·La parola di Dio dovrebbe avere un posto permanente.
c. Io parlo di ciò che ho visto presso il Padre mio: Gesù ricordò loro che quello che faceva era in accordo con il Padre, e quello che essi facevano era in accordo con il loro (Voi fate le opere del padre vostro). Gesù stava per rivelare loro chi era loro padre.
d. Il padre nostro è Abrahamo: I capi religiosi risposero in protesta asserendo che Abrahamo era il loro vero padre. Era certamente vero in senso genetico, ma non in senso spirituale. Gesù era d’accordo nel dire che fossero progenie (Giovanni 8:37) di Abrahamo, ma non figli di Abrahamo, perché cercavano di ucciderlo, quando invece Abrahamo Lo aveva accolto. Stavano facendo le opere del loro padre.
i. Gesù mise a nudo l’incoerenza nella loro vita. Avevano affermato di essere figli di Abrahamo, quando le loro azioni asserivano il contrario. “Se le loro origini fossero riconducibili ad Abrahamo, allora la loro condotta rispecchierebbe la sua.” (Dods)
ii. Il punto di Gesù era importante. La nostra origine spirituale è ciò che determina la nostra natura e il nostro destino. Se siamo nati di nuovo ed abbiamo Dio come nostro Padre, ciò si manifesterà nella nostra natura e nel nostro destino. Se nostro padre, invece, è Satana o Adamo, anche questo si manifesterà nella nostra natura e nel nostro destino – proprio come è manifesto negli avversari di Gesù.
12. (41b-43) I capi religiosi mettono di nuovo in discussione la paternità di Gesù.
Perciò essi gli dissero: «Noi non siamo nati da fornicazione; noi abbiamo un solo Padre: Dio». Allora Gesù disse loro: «Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste, perché io sono proceduto e sono venuto da Dio; non sono venuto infatti da me stesso, ma è lui che mi ha mandato. Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola».
a. Noi non siamo nati da fornicazione: Proprio come in Giovanni 8:19, insultarono ancora una volta i genitori di Gesù, chiamandolo figlio illegittimo. L’allusione era: “Noi non siamo nati da fornicazione, ma non siamo sicuri su di te, Gesù”.
i. “Anche se Giovanni non fa diretto riferimento alla nascita verginale, ci possono essere indizi che lo sapesse, e che alcuni sapessero che c’era una nuvola di mistero intorno alle origini di Gesù.” (Tenney)
b. Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste: Nuovamente, Gesù dichiarò in maniera forte che Egli e Suo Padre erano e sono così vicini in natura che, se una persona vivesse avendo Dio come Padre, amerebbe anche Gesù. Nessuno può più dire: “Amo Dio, ma respingo Gesù”.
c. Perché io sono proceduto e sono venuto da Dio: Con queste parole Gesù descriveva la Sua unità in natura, scopo e volontà con Dio Padre.
i. “Sono venuto comunica la diretta conseguenza dell’essere proceduto, che si deve considerare nel suo significato teologico più profondo: che il Figlio Eterno è proceduto dall’essenza del Padre.” (Alford)
ii. Io sono proceduto e sono venuto da Dio: “Indica la Sua vita terrena come risultato permanente di un atto iniziale, volontario e di Sua iniziativa, dietro il quale si estende un’esistenza infinita.” (Maclaren)
iii. “Finché i Giudei credevano che Dio consistesse di Una sola Persona, era loro impossibile credere nel nostro Signore come avrebbero dovuto: da qui la Sua insistenza ai loro teologi che Egli ha un Padre; che Egli non è il Padre, ma il Figlio; che il Figlio, nonostante non sia il Padre, è pienamente Dio.” (Trench)
d. Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola: Gesù svela il motivo per la loro mancanza di comprensione: il problema era radicato nella loro incapacità – persino impossibilità – di ascoltare la Sua parola. Ciò ci ricorda che la capacità di ascoltare la Sua parola è un dono del quale dovremmo essere tutti grati.
i. “L’impossibilità era spirituale. I pregiudizi, le gelosie e gli antagonismi resero il Cristo reale inudibile a loro, nonostante ogni Sua sillaba fosse giunta alle loro orecchie.” (Morrison)
13. (44-47) Gesù rivela l’identità del loro vero padre.
«Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna.A me invece, perché vi dico la verità, voi non credete. Chi di voi mi convince di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio; perciò voi non le ascoltate, perché non siete da Dio».
a. Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro: I capi religiosi tirarono in ballo il problema della legittimità, insultando Gesù in Giovanni 8:41. Gesù rispose rivelando la loro paternità spirituale – erano figli spirituali del diavolo. Era evidente che i loro desideri rispecchiassero quelli del diavolo: il desiderio di uccidere ed ingannare.
i. “Questo versetto è una delle testimonianze più decisive della personalità oggettiva del diavolo. È alquanto impossibile supporre che abbiamo a che fare con un assecondamento delle visioni giudaiche, o con un discorso di tipo metaforico, visto che si tratta di una asserzione tanto solenne e diretta.” (Alford)
ii. Egli fu omicida fin dal principio: “Cirillo ed altri pensano che ci si riferisca al primo omicidio, quello di Abele (1 Giovanni 3:15), ma molto più probabilmente si tratta dell’ingresso della morte per mezzo del primo peccato.” (Dods)
b. Quando dice il falso, parla del suo: Gesù ci mostra alcuni dettagli del carattere di Satana. Il falso è una caratteristica centrale del diavolo, ed egli è l’ingannatore più pericoloso di tutti – l’ingannatore che ha ingannato sé stesso.
c. A me invece, perché vi dico la verità, voi non credete: Rigettarono Gesù perché aveva detto loro una verità che non volevano sentire, non perché dicesse il falso.
d. Chi di voi mi convince di peccato? Ancora una volta, Gesù diede ai propri nemici, che lo odiavano tanto da volerlo uccidere, un’opportunità di elencare il peccato che si trovava in Lui, ma non poterono. Questa fu un’altra testimonianza sorprendente della natura senza peccato di Gesù.
i. “Spesso siamo così interessati al fatto che non trovarono alcuna colpa in Lui, da ignorare l’altro fatto, ovvero che la cosa che in realtà sorprende è il lancio di questa sfida. Solo un uomo nella comunione più stretta ed intima con il Padre avrebbe potuto pronunciare tali parole.” (Morris)
e. Voi non le ascoltate, perché non siete da Dio: Gesù va fino in fondo sulla questione della paternità spirituale, che era evidente dalle loro azioni – in particolare il loro rifiuto di Gesù e della Sua parola.
14. (48-50) Gesù risponde all’accusa di essere posseduto da un demone.
Allora i Giudei gli risposero e gli dissero: «Non diciamo con ragione che sei un Samaritano e che hai un demone?».Gesù rispose: «Io non ho un demone, ma onoro il Padre mio; voi invece mi disonorate. Or io non cerco la mia gloria; v’è uno che la cerca e che giudica».
a. Non diciamo con ragione che sei un Samaritano e che hai un demone? I nemici di Gesù erano ormai frustrati ed esasperati, perché non erano stati in grado di mettere in cattiva luce Gesù, anzi molti di più avevano creduto in Lui (Giovanni 8:30). Per questa ragione ricorsero al loro ultimo attacco: l’offesa.
·Sei un Samaritano (una delle razze più disprezzate dai Giudei).
·E hai un demone (cioè che Gesù era posseduto).
b. Io non ho un demone, ma onoro il Padre mio: Il desiderio di Gesù di onorare Dio e la Sua umiltà personale smentivano ogni accusa di possessione demoniaca. Visto che quelli che hanno Satana come padre spirituale avranno in sé alcune delle sue caratteristiche, mostreranno anche un evidente orgoglio ed egoismo – caratteristiche che erano e sono assenti in Gesù.
i. “Nessun uomo che onora Dio può essere accusato di avere un demone; in quanto fin dal principio lo spirito maligno è nemico di tutto ciò che glorifica il Padre.” (Spurgeon)
15. (51-53) La grande promessa a coloro che accettano Gesù e osservano la Sua parola.
«In verità, in verità vi dico che, se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte in eterno». Gli dissero dunque i Giudei: «Ora conosciamo che tu hai un demone. Abrahamo e i profeti sono morti, tu invece dici: “Se uno osserva la mia parola, non gusterà mai la morte in eterno”. Sei tu più grande del padre nostro Abrahamo, il quale è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?».
a. Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte in eterno: È un’altra dichiarazione straordinaria che ha senso solo se Gesù è Dio ed è uno con Dio Padre. Gesù promette vita eterna a coloro che osservano la Sua parola.
i. “Osserva la mia parola, cioè ‘continua nella mia parola’, versetto 31, non si limita solo ad un’obbedienza esteriore, ma è costanza ed obbedienza della fede.” (Alford)
ii. Non vedrà mai la morte: “Il nostro volto è distolto dalla morte… il significato nel greco non viene pienamente interpretato dalla parola ‘vedere’: è più intenso. Secondo Westcott, il concetto di vista che si menziona qui è quello di una ‘visione lunga, salda, esauriente, in cui veniamo lentamente a conoscenza della natura dell’oggetto cui è diretta’… Quando non ero ancora perdonato, non potevo fare a meno di fissarvi lo sguardo e di considerarla la mia condanna. Da quando il Vangelo del Signore Gesù è giunto alla mia anima e osservo le sue parole per fede, mi sono voltato dalla parte opposta. Le mie spalle sono ora rivolte alla morte ed il mio volto verso la vita eterna.” (Spurgeon)
b. Ora conosciamo che tu hai un demone. Abrahamo e i profeti sono morti: La grande dichiarazione di Gesù fu un invito a nozze per i capi religiosi; credevano infatti di averlo finalmente colto in un’affermazione chiaramente blasfema. Respinsero l’asserzione fatta da Gesù per garantire la vita eterna.
i. È evidente come i capi religiosi abbiano distorto leggermente le parole di Gesù. Egli affermò che coloro che osservano la Sua parola non fisseranno mai la morte negli occhi; essi sostenevano invece che Egli avesse detto che non avrebbero mai gustato la morte. Il credente gusterà sì la morte, ma non ne è terrorizzato, essendo un nemico già sconfitto.
c. Sei tu più grande del padre nostro Abrahamo: Posero a Gesù la domanda in maniera diretta. Nella speranza di coglierlo in fallo, chiesero: “Chi pretendi di essere?”
16. (54-55) La dichiarazione di Gesù di conoscere Dio in contrasto con quella dei capi religiosi.
Gesù rispose: «Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla. È il mio Padre che mi glorifica, quello che voi dite essere vostro Dio. Ma voi non l’avete conosciuto, io però lo conosco e se dicessi di non conoscerlo, sarei un bugiardo come voi; ma io lo conosco e osservo la sua parola».
a. Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla: Prima di rispondere alla loro domanda in Giovanni 8:53. Gesù riprese la questione della paternità spirituale. Gesù era sicuro nella conoscenza che Dio era Suo Padre e che era il mio Padre che mi glorifica.
i. “Non è difficile onorare sé stessi; è abbastanza facile – a dire il vero, è incredibilmente facile – crogiolarsi al sole dell’approvazione di sé stessi.” (Barclay)
b. Ma voi non l’avete conosciuto, io però lo conosco: I capi religiosi rivendicavano il Padre in cielo come loro Dio, ma non era una vera rivendicazione. In realtà, non conoscevano Dio, al contrario di Gesù.
c. Io lo conosco e osservo la sua parola: Gesù non poteva mentire e negare la Sua vera conoscenza di Dio Padre, dimostrata da una vita di obbedienza alla parola di Dio.
17. (56-59) Gesù fa la grande dichiarazione: IO SONO.
«Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò». I Giudei dunque gli dissero: «Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abrahamo?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: Prima che Abrahamo fosse nato, io sono». Allora essi presero delle pietre, per lanciarle addosso a lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio, passando in mezzo a loro, e così se ne andò.
a. Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò: Gesù fece un’altra dichiarazione sorprendente, rispondendo alle loro domande in Giovanni 8:53. Non solo Gesù sosteneva di essere superiore ad Abrahamo, ma diceva che Abrahamo stesso aveva riconosciuto tale superiorità.
i. “Ma quando ‘si rallegrò’ di aver visto il giorno di Cristo? Forse quando disse ad Isacco prima del sacrificio: ‘DIO provvederà egli stesso l’agnello per l’olocausto’ (Genesi 22:8).” (Bruce)
ii. “È anche interessante notare che l’espressione in ebraico di Genesi 24:1, in cui si afferma che Abrahamo ‘entrò nei giorni’ (tradotta nella nostra Bibbia con ‘era ormai vecchio e di età avanzata’), era interpretata da alcuni rabbini come indicazione che Abrahamo poté vedere molto lontano nel futuro.” (Tasker)
b. Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abrahamo? Il fatto che Abrahamo avesse visto e riconosciuto la grandezza di Gesù era per loro incomprensibile. Chiesero: “Come fai a sapere che Abrahamo si rallegrò di Te? Eri lì?”
i. “Forse le tensioni della Sua vita lo avevano fatto invecchiare prematuramente, ma era ovvio che aveva meno di cinquant’anni d’età.” (Tenney)
ii. “Cinquant’anni indicano un’approssimazione sufficientemente esatta a favore dei loro scopi, senza l’intenzione di determinare precisamente l’età di Gesù.” (Dods)
iii. “Perché cinquanta? A quell’età i Leviti andavano in pensione portando a termine il proprio servizio (Numeri 4:3). I Giudei stavano dicendo a Gesù: ‘Tu sei giovane, ancora nel fiore della tua vita, non hai nemmeno l’età per ritirarti dal servizio. Com’è possibile che tu abbia visto Abrahamo?’” (Barclay)
c. Prima che Abrahamo fosse nato, io sono: Con questa frase enfatica, Gesù rivelò loro di essere il Dio eterno, esistente non solo durante la vita di Abrahamo ma sin dall’eternità passata. Gesù affermò di essere il grande IO SONO, la voce del Dio del patto d’Israele, rivelato nel cespuglio ardente (Esodo 3:13-14).
i. IO SONO: È la terza volta in questo capitolo che Gesù usa l’espressione IO SONO (Giovanni 8:24, 8:28). L’espressione in greco è ego emi, lo stesso termine usato nella traduzione greca dell’Antico Testamento ai tempi di Gesù per descrivere la Voce proveniente dal cespuglio ardente. “Tutta la luce precedente impallidisce in importanza di fronte allo splendore di questo passaggio.” (Barclay)
ii. Usando l’espressione IO SONO (Giovanni 8:24, 8:58, 13:19), Gesù si appropriò di un chiaro titolo divino appartenente solo a Yahweh (Esodo 3:13-14, Deuteronomio 32:39, Isaia 43:10), e fu interpretato come tale da coloro che Lo ascoltavano (Giovanni 8:58-59). “IO SONO era riconosciuto dai Giudei come titolo di divinità.” (Tenney)
iii. “Prima che Abrahamo nascesse, io sono, eternamente esistente… Non incontreremo un’affermazione di preesistenza più forte di questa.” (Dods)
iv. “Se la dichiarazione di Gesù non fosse stata ben fondata, allora le Sue parole sarebbero state palesemente blasfeme: stava usando un linguaggio concesso solo a Dio.” (Bruce)
d. Presero delle pietre, per lanciarle addosso a lui: Ciò dimostra che i capi religiosi avevano inteso perfettamente le parole di Gesù. Egli dichiarò di essere l’eterno Dio, che essi considerarono una bestemmia. Credevano che meritasse di morire e avevano tutta l’intenzione di applicare la sentenza in quel momento.
i. “La loro furia si era scatenata, si erano accesi d’ira. Allora presero la legge nelle proprie mani.” (Morris)
ii. “Avevano trovato le pietre nel cortile dei Gentili: infatti il Tempio (cioè i suoi cortili) era ancora in costruzione.” (Trench)
iii. “Una lapidazione nel tempio viene menzionata da Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, 17.9,3.” (Dods)
e. Gesù si nascose e uscì dal tempio, passando in mezzo a loro: Volevano uccidere Gesù, ma non poterono, perché la Sua ora non era ancora venuta (Giovanni 7:30).
i. “Non sembra che qui si alluda ad alcuna fuga miracolosa, nonostante ipotizzarne una sia naturale in queste circostanze.” (Alford)
ii. Adam Clarke immaginò così la fuga di Gesù: “In tutta probabilità si rese invisibile, nonostante alcuni pensino che si sia allontanato da quei Giudei che gli erano contro, mescolandosi tra i tanti che avevano creduto in Lui.” (Clarke)
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