Luca 13




Luca 13 – Il Ravvedimento, la Falsa Religione e la Vera Via

A. L’importanza del ravvedimento.

1. (1-5) Gesù usa due avvenimenti disastrosi recenti per spiegare l’urgenza del ravvedimento.

In quello stesso tempo, c’erano lì alcuni che gli raccontarono di quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici. E Gesù, rispondendo, disse loro: «Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei, perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo. Oppure pensate voi che quei diciotto, sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo».

a. Di quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici: Non ci è pervenuto nessun resoconto storico dell’evento specifico qui menzionato. Secondo Barclay, qualcosa di simile era avvenuto prima del ministero di Gesù. Pilato voleva costruire un acquedotto dalle Piscine di Salomone alla città di Gerusalemme. Per pagare il progetto, chiese denaro dal tesoro del tempio, denaro che era stato dedicato a Dio, provocando l’indignazione dei sacerdoti e del popolo. Quando i Giudei mandarono una delegazione per implorare la restituzione del loro denaro, Pilato mandò tra la folla dei soldati travestiti da gente comune, che a un dato segnale tirarono fuori i pugnali e attaccarono le persone che avevano presentato la richiesta.

i. Non sembra trattarsi dello stesso evento a cui si allude qui, ma mostra come si addicesse al carattere di Pilato massacrare un gruppo di ebrei galilei che erano diretti a Gerusalemme per offrire sacrifici al Signore.

b. Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei: Gesù menzionò due disastri che erano ben noti ai Suoi tempi. Uno era un male fatto dalla mano dell’uomo, l’altro era apparentemente un disastro naturale (diciotto, sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise).

i. Normalmente pensiamo che ci siano alcune persone buone e altre cattive e ci viene facile credere che Dio permetta che accadano cose buone a persone buone e cose cattive a persone cattive. Gesù corregge questo pensiero.

ii. Gesù, però, non stava dicendo che i Galilei in questione fossero innocenti; intendeva dire semplicemente che non erano più colpevoli degli altri. Tutti erano e sono colpevoli.

iii. “È vero che l’uomo malvagio a volte muore improvvisamente lungo la strada; ma il ministro non è forse morto sul pulpito? È vero che una barca da diporto, in cui gli uomini cercavano il proprio piacere la domenica, è improvvisamente affondata; ma non è altrettanto vero che è affondata anche una nave che non conteneva altro che uomini pii, che erano in viaggio per predicare il vangelo?” (Spurgeon)

c. Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo: Analizzando la questione, Gesù spostò la Sua attenzione dalla domanda “perché è successo questo?” alla domanda “cosa significa questo per me?”.

i. Significa che, poiché tutti noi possiamo morire in qualsiasi momento, il ravvedimento deve essere una priorità assoluta. Coloro che morirono in entrambi gli episodi non pensavano di morire presto, ma successe, e possiamo supporre che la maggior parte di loro non fosse pronta.

d. Se non vi ravvedete […] se non vi ravvedete: Dando uno sguardo alla struttura grammaticale nel greco antico, vediamo che Gesù indica due tipi di ravvedimento, entrambi essenziali. Luca 13:5 (se non vi ravvedete) descrive un ravvedimento una volta per tutte. Il verbo di Luca 13:3 (se non vi ravvedete) descrive un ravvedimento continuo.

i. L’avvertimento di Gesù, che li poneva di fronte al ravvedimento o alla morte, avrebbe avuto un adempimento immediato e agghiacciante. Nel giro di una generazione, i cittadini di Gerusalemme che non si erano pentiti e avevano rivolto lo sguardo a Gesù sarebbero morti nella distruzione di Gerusalemme.

ii. “Non possiamo dire che la sofferenza individuale e il peccato siano inevitabilmente connessi, ma possiamo dire che il peccato e la sofferenza nazionale lo sono. La nazione che sceglie le vie malvagie alla fine ne soffrirà le conseguenze.” (Barclay)

2. (6-9) Gesù illustra alcuni principi riguardanti il giudizio di Dio.

Or disse questa parabola: «Un uomo aveva un fico piantato nella sua vigna; venne a cercarvi del frutto ma non ne trovò. Disse allora al vignaiolo: “Ecco, sono già tre anni che io vengo a cercare frutto su questo fico, e non ne trovo; taglialo; perché deve occupare inutilmente il terreno?”. Ma quegli gli rispose e disse: “Signore, lascialo ancora quest’anno, finché lo scalzi e gli metta del letame e se fa frutto, bene; altrimenti, in avvenire lo taglierai”».

a. Venne a cercarvi del frutto: Dopo l’avvertimento “se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo”, Gesù racconta questa parabola per illustrare i principi del giudizio di Dio. Il primo punto è semplice: Dio cerca i frutti.

i. Il frutto della nostra vita mostra che tipo di persona siamo veramente. Un albero di mele produrrà mele, non angurie. Se Gesù Cristo ha veramente toccato la nostra vita, si vedrà nel frutto che portiamo, anche se ci vorrà un po’ di tempo prima che il frutto sia visibile.

ii. Qual è il frutto che Dio ricerca? Sicuramente deve iniziare dal frutto dello Spirito, menzionato in Galati 5:22-23: Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo.

b. Ecco, sono già tre anni che io vengo a cercare frutto […] lascialo ancora quest’anno: L’uomo della parabola rappresenta la pazienza di Dio nel giudizio. Pur avendo aspettato tre anni, concede al fico una seconda possibilità.

i. L’uomo, che rappresenta Dio, non lascia l’albero da solo, ma se ne prende cura in maniera speciale. Quando Dio mostra una cura speciale per qualcuno, può sembrare che sia circondato da letame, ma lo sta nutrendo e preparando per il frutto che porterà in futuro.

c. Altrimenti, in avvenire lo taglierai: L’uomo, che rappresentava Dio, era anche giusto nel Suo giudizio. Non si trattava solo di una serie infinita di minacce, ma prima o poi sarebbe arrivato il giorno della resa dei conti.

i. “C’è un tempo per abbattere gli alberi senza frutto, così come c’è un tempo stabilito per abbattere e gettare nel fuoco il peccatore inutile.” (Spurgeon)

ii. Barclay elabora alcuni saggi punti di applicazione:

·L’inutilità porta al disastro.

·Se qualcosa prende solamente, non può sopravvivere.

·Dio dà seconde possibilità.

·C’è un’ultima possibilità.

B. La guarigione di una donna nella sinagoga.

1. (10-13) La guarigione di una donna nella sinagoga.

Or egli insegnava in una delle sinagoghe in giorno di sabato. Ed ecco vi era una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito di infermità, ed era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi. Or Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità». E pose le mani su di lei ed ella fu subito raddrizzata, e glorificava Dio.

a. Egli insegnava in una delle sinagoghe: Sebbene l’opposizione contro Gesù continuasse a crescere, sembra che egli fosse ancora accolto in alcune sinagoghe, anche in questo momento avanzato del suo ministero.

b. Uno spirito di infermità: A quanto pare, la condizione fisica della donna (era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi) era di origine spirituale. È da stolti pensare che i problemi spirituali siano la causa di tutti i problemi fisici, ma lo è anche ritenere che i problemi spirituali non possano mai causare problemi fisici.

i. Era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi: “Una situazione sia dolorosa che umiliante; non poteva sostenere la violenza della sua condizione, né nasconderne la vergogna.” (Clarke)

ii. “J. Wilkinson ha esaminato la causa fisica della sua incapacità di raddrizzarsi, identificando la paralisi come conseguenza della spondilite anchilosante, che causa la fusione delle vertebre.” (Pate)

iii. La sua condizione durava da diciotto anni. “Per diciotto anni non aveva potuto guardare il sole; per diciotto anni nessuna stella della notte aveva allietato il suo sguardo; la sua faccia era rivolta verso la polvere e la sua vita era buia: camminava come se stesse cercando una tomba, e non dubito che sentisse spesso che sarebbe stata una gioia averne trovata una.” (Spurgeon)

iv. Talvolta si usa questa donna come esempio per asserire che un credente può essere posseduto. Tuttavia, per quanto fosse devota, la donna non era nata di nuovo per lo Spirito di Dio, perché l’opera di Gesù non era ancora stata compiuta sulla croce. Siamo convinti che i cristiani non possono essere posseduti, non perché siano brave persone che vanno sempre in chiesa, ma perché sono nuove creature in Gesù Cristo e fuori dai limiti della possessione e del controllo demoniaco.

v. “Deve averla legata in modo molto astuto per far sì che il nodo reggesse per tutto quel tempo, perché non sembra che l’abbia posseduta. Leggendo gli evangelisti, si nota che nostro Signore non ha mai messo la mano su una persona posseduta da un demone. Satana non l’aveva posseduta, ma era caduto su di lei una volta, diciotto anni prima, e l’aveva legata come gli uomini legano una bestia nella sua stalla, e lei non era stata in grado di liberarsi per tutto quel tempo.” (Spurgeon)

c. Donna, tu sei liberata dalla tua infermità: Gesù rivolse alla donna una parola di compassione e di autorità. Inoltre, pose le mani su di lei, dandole un tocco compassionevole.

i. Per 18 anni la donna aveva frequentato la sinagoga, rimanendo in schiavitù, finché finalmente vi incontrò Gesù.

d. E pose le mani su di lei ed ella fu subito raddrizzata, e glorificava Dio: Gesù mostrò la Sua completa signoria sulla malattia e sulla deformità, indipendentemente che la causa fosse spirituale o fisica. La donna era felice di aver deciso di andare alla sinagoga in quel giorno di sabato.

i. “Avrebbe potuto chiamarla da lontano e dirle: “Sii guarita”, ma non lo fece, perché voleva mostrare la Sua compassione in maniera speciale verso un caso così triste di sofferenza.” (Spurgeon)

2. (14) L’indignazione del capo della sinagoga.

Ma il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse guarito in giorno di sabato, si rivolse alla folla e disse: «Vi sono sei giorni in cui si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire e non in giorno di sabato».

a. Ma il capo della sinagoga, indignato: Può sorprendere che il capo della sinagoga fosse così arrabbiato per un miracolo tanto meraviglioso, ma è importante ricordare quanto tanti del popolo ebraico fossero legati fortemente alle leggi e alle usanze del sabato. Era arrabbiato perché Gesù aveva guarito in giorno di sabato.

i. “Sembrava come se il demone che aveva lasciato il corpo della donna fosse entrato nel suo cuore.” (Clarke)

b. Vi sono sei giorni in cui si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire e non in giorno di sabato: Il capo della sinagoga non aveva la capacità o l’autorità di guarire in nessun giorno della settimana; eppure, non gradì che Gesù avesse guarito in giorno di sabato.

i. Si rivolse alla folla e disse: “Non ebbe nemmeno il coraggio di parlare direttamente a Gesù. Rivolse la propria protesta alla gente che era lì ad aspettare, sebbene fosse rivolta a Gesù.” (Barclay)

3. (15-17) Gesù risponde alla rabbia del capo della sinagoga.

Allora il Signore gli rispose e disse: «Ipocriti! Ciascun di voi non slega forse di sabato dalla mangiatoia, il suo bue o il suo asino per condurlo a bere? Non doveva quindi essere sciolta da questo legame, in giorno di sabato, costei che è figlia di Abrahamo e che Satana aveva tenuta legata per ben diciotto anni?». E mentre egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari erano svergognati; tutta la folla invece si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute.

a. Ipocriti! Gesù non rispose con delicatezza. Affrontò con autorità il capo della sinagoga, che apprezzava di più le aggiunte estreme ai comandamenti biblici che la potenza compassionevole e trasformatrice di Gesù nel guarire una donna afflitta da lungo tempo.

i. “Tu, ipocrita, fingi zelo per la gloria di Dio, quando è solo il risultato del tuo cuore maligno, insensibile e per nulla compassionevole.” (Clarke)

b. Ciascun di voi non slega forse di sabato dalla mangiatoia, il suo bue o il suo asino per condurlo a bere? La risposta di Gesù fu semplice. Se di sabato si può aiutare un animale di sabato, perché non è possibile aiutare anche una persona sofferente?

i. “La parola ‘slega’, che si riferisce allo slegare il bestiame, anticipa un gioco di parole nel v. 16; la donna ‘fu sciolta’ (lythenai) dalla sua malattia.” (Pate)

c. Non doveva quindi […] costei: Gesù fornì diverse ragioni convincenti per cui era appropriato mostrarle misericordia, e più appropriato che aiutare un animale in difficoltà.

·Era una donna, fatta a immagine di Dio, e poiché era una donna e non un uomo, era degna di maggiore cura e attenzione.

·Era una figlia di Abrahamo, una donna ebrea, con un legame di alleanza con Abrahamo. Questo può anche indicare che era una donna di fede, così come la sua frequentazione della sinagoga.

·Era una donna che Satana aveva tenuta legata, ed ogni giorno è un buon giorno per opporsi all’opera di Satana e per liberare i suoi prigionieri.

·Era afflitta da diciotto anni, un tempo sufficiente per una grande sofferenza e per attirare la compassione di Gesù e degli altri.

d. Non doveva quindi essere sciolta da questo legame, in giorno di sabato: Nel greco antico Gesù adotta una parola forte: doveva indica la perentorietà della liberazione della donna, e non poteva essere altrimenti.

i. “Nessuno gli aveva detto che era stata legata per diciotto anni, ma Lui sapeva tutto, come era stata legata, cosa aveva sofferto durante quel periodo, come aveva pregato per la guarigione e il modo in cui l’infermità continuava ancora a tormentarla. In un minuto aveva letto la sua storia e capito il suo caso.” (Spurgeon)

e. Tutti i suoi avversari erano svergognati; tutta la folla invece si rallegrava: Era così palese che la donna fosse stata guarita e che il capo della sinagoga avesse torto che tutta la folla si rallegrava della vittoria di Gesù.

C. Due parabole come avvertimento contro la corruzione nel regno di Dio.

1. (18-19) La parabola del granel di senape.

Quindi egli disse: «A cosa è simile il regno di Dio, e a che lo paragonerò? È simile a un granel di senape che un uomo ha preso e gettato nel suo orto; poi è cresciuto ed è diventato un grande albero, e gli uccelli del cielo sono venuti a cercar riparo tra i suoi rami».

a. A cosa è simile il regno di Dio: La spiegazione tradizionale e spesso più familiare di questa parabola è che essa descrive la crescita e la diffusione dell’influenza della chiesa. Tuttavia, alla luce sia della parabola stessa che del contesto che circonda queste parabole, va considerata come un’altra descrizione della corruzione nella comunità del regno.

b. Poi è cresciuto ed è diventato un grande albero: Molti, o addirittura la maggior parte, considerano questa come una bella immagine della chiesa che cresce così tanto da dare rifugio a tutto il mondo. Ma il granel di senape crebbe a dismisura in maniera innaturale, ospitando gli uccelli del cielo, che, in alcune parabole precedenti, rappresentavano gli emissari di Satana (Matteo 13:4, 13:19).

i. È diventato un grande albero: La pianta di senape di solito non cresce mai oltre quello che si definirebbe un cespuglio e, con le sue dimensioni normali, è un luogo improbabile per i nidi degli uccelli. La grande crescita ad albero del granel di senape descrive un fenomeno innaturale.

ii. Inoltre, gli alberi sono talvolta usati nella Bibbia per descrivere i governi umani, soprattutto quelli malvagi. Infatti, questo albero ci ricorda quello che Nabucodonosor vide nella sua visione (Daniele 4:10-16).

iii. “Uno studio attento degli uccelli come simboli nell’Antico Testamento e soprattutto nella letteratura del giudaismo successivo mostra che gli uccelli simboleggiano regolarmente il male e persino i demoni o Satana (cfr. b. Sinedrio, 107a; cfr. Apocalisse 18:2).” (Carson)

iv. Questa parabola descrive accuratamente ciò che la comunità del regno divenne nei decenni e nei secoli successivi alla cristianizzazione dell’Impero Romano. In quei secoli la chiesa crebbe abnormemente in influenza e dominio, ospitando molta corruzione. “Gli uccelli che alloggiano nei rami si riferiscono molto probabilmente agli elementi di corruzione che si rifugiano nell’ombra stessa del cristianesimo.” (Morgan)

2. (20-21) La parabola del lievito.

Poi disse di nuovo: «A che paragonerò il regno di Dio? Esso è simile al lievito che una donna prende e ripone in tre staia di farina, finché sia tutta lievitata».

a. Esso è simile al lievito: Gesù usa un’immagine sorprendente. Molti, se non la maggior parte, considerano questo passo come una bella immagine del regno di Dio che si espande in tutto il mondo. Tuttavia, il lievito rappresenta costantemente il peccato e la corruzione (soprattutto nel resoconto della Pasqua di Esodo 12:8, 12:15-20). Sia il contenuto che il contesto indicano che si tratta della descrizione della corruzione nella comunità del regno.

i. “Sarebbe scioccante sentir paragonare il Regno di Dio al lievito”. (Barclay)

b. Lievito che una donna prende e ripone in tre staia di farina, finché sia tutta lievitata: Si trattava di un pasto insolitamente grande. Era molto di più di quanto una donna normale avrebbe preparato, suggerendo ancora una volta dimensioni massicce o innaturali.

i. “Tre staia di farina sarebbero circa 40 litri, abbastanza da preparare il pane per un pasto per 100 persone, un impasto notevole per una donna comune.” (France)

c. Ripone: L’idea di nascondere (nascosto, Riveduta 2020) il lievito in tre staia di farina avrebbe offeso qualsiasi giudeo osservante. Non si tratta certo di un’immagine della chiesa che influenza gradualmente il mondo intero per il bene. Anche se la recente esperienza nella sinagoga mostrava una sorta di corruzione religiosa, Gesù annunciava che anche la comunità del Suo regno sarebbe stata minacciata dalla corruzione e dall’impurità.

i. G. Campbell Morgan scrisse che il lievito rappresenta “influenze paganizzanti” introdotte nella chiesa. “La parabola dell’albero insegna la crescita del Regno fino a diventare una grande potenza; la seconda, la parabola del lievito, la sua corruzione.” (Morgan)

D. I primi e gli ultimi.

1. (22-24a) Gesù risponde a una domanda sulla salvezza.

Ed egli andava in giro per città e villaggi insegnando, e intanto si avvicinava a Gerusalemme. Or un tale gli chiese: «Signore, sono pochi coloro che si salvano?». Egli disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta».

a. Egli andava in giro per città e villaggi insegnando, e intanto si avvicinava a Gerusalemme: Come descritto da Luca, Gesù si avvicinava sempre più alla Sua opera designata a Gerusalemme. Nella descrizione di Luca, Gesù non arriva a Gerusalemme fino al capitolo 19, ma continua il Suo cammino verso la città.

b. Signore, sono pochi coloro che si salvano? Come le persone che interrogarono Gesù, ce ne sono tante altre che si interrogano sulla salvezza degli altri. Invece, con la Sua risposta (sforzatevi di entrare per la porta stretta) Gesù riporta l’attenzione alla salvezza dell’unica persona che possiamo veramente conoscere, chiedendo: “E voi, siete salvati?”.

i. “La domanda sembra riflettere un dibattito che esisteva tra i Giudei ai giorni di Cristo.” (Pate) Pate poi cita due rabbini, uno che diceva che tutti i Giudei sarebbero stati salvati e un altro che diceva che lo sarebbero stati solo alcuni. Gesù, tuttavia, non si fece trascinare nel dibattito, ma chiese semplicemente: “E voi, siete salvati?”.

ii. “Una domanda impertinente o motivata dalla curiosità, la cui risposta non può giovare a nessuno. La domanda importante è: Posso io essere salvato?”. (Clarke)

c. Sforzatevi di entrare per la porta stretta: Poiché la via è stretta, ci vogliono sforzo e determinazione per entrarvi. Una porta stretta implica, inoltre, che non possiamo portare con noi cose inutili. Pertanto, dobbiamo sforzarci (la parola è letteralmente “agonizzare”) di mettere da parte queste cose ed entrare. La parola greca per sforzarsi dà “l’idea di una lotta o di un combattimento a premi.” (Bruce)

i. Molti arrivano al cancello, ma poi decidono che non gli piace per qualche motivo. È troppo largo, è troppo stretto, è troppo elegante, è troppo semplice. Si può criticare la porta quanto si vuole, ma è una cosa terribile rifiutarsi di entrarvi.

ii. “Sforzatevi fino all’agonia; o come facevano per ottenere la ghirlanda nei giochi olimpici, a cui la parola agonizomai, qui usata, sembra alludere.” (Trapp)

iii. Sforzatevi di entrare per la porta stretta non è un invito a salvarsi con le buone opere. Le buone opere non sono la porta giusta. Uno può sforzarsi per tutta la vita cercando di entrarvi, ma, se non è alla porta giusta, non fa differenza. La porta è Gesù stesso.

iv. È necessario sforzarsi di entrare perché ci sono molti ostacoli sulla strada. Il mondo è un ostacolo. Il diavolo è un ostacolo. La nostra carne è un ostacolo, probabilmente il peggiore.

2. (24b-27) Perché è importante sforzarsi di entrare.

«Perché vi dico che molti cercheranno di entrare e non potranno. Una volta che il padrone di casa si è alzato ed ha chiuso la porta, voi allora, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: “Signore, Signore, aprici”. Ma egli, rispondendo, vi dirà: “Io non so da dove venite”. Allora comincerete a dire: “Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli dirà: “Io vi dico che non so da dove venite; via da me voi tutti operatori d’iniquità”».

a. Cercheranno di entrare e non potranno. Una volta che il padrone di casa si è alzato ed ha chiuso la porta: La punteggiatura usata dai traduttori in Luca 13:24-25 non fa giustizia al testo. Una migliore traduzione sarebbe “non potranno entrare una volta che il padrone di casa si sarà alzato e avrà chiuso la porta”. In altre parole, verrà il momento in cui sarà troppo tardi per entrare; ecco perché c’è l’urgenza di entrare ora.

i. “C’è una notevole differenza tra cercare e sforzarsi. Non ci viene consigliato semplicemente di cercare; ci viene ordinato urgentemente di sforzarci.” (Spurgeon)

ii. Dopo aver parlato della porta stretta, Gesù ora avverte riguardo alla porta chiusa. “Nostro Signore mostra che ci sono limiti alla misericordia divina, che ci saranno coloro che non potranno entrare.” (Morgan)

b. Voi allora, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: “Signore, Signore, aprici”: Molti cercheranno di entrare (nel senso di desiderare di entrare), ma non potranno. Quando la porta è aperta, è aperta; quando è chiusa, è chiusa.

i. C’è una vera differenza tra il semplice cercare e lo sforzarsi di entrare. Un desiderio casuale di essere salvati non è sufficiente, perché ci sono troppi ostacoli sul cammino.

c. Allora comincerete a dire: “Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze”: Parlando di coloro che saranno esclusi dalla presenza di Dio, Gesù dice che dichiareranno di conoscere qualcosa di Gesù e di aver sentito qualcosa del Suo insegnamento.

d. Io vi dico che non so da dove venite; via da Me voi tutti operatori d’iniquità: Gesù avvertì che non bastava conoscere qualcosa di Gesù o essere associati a Lui, ma occorreva che Egli li conoscesse e li riconoscesse.

i. Ovviamente, Gesù li conosceva in un certo senso; sapeva chi erano e conosceva la loro vita. Non li conosceva però nel senso della relazione, del legame vitale della fede. Le Sue parole sottolineano l’importanza della relazione (non so da dove venite) che influenza il modo di vivere (voi tutti operatori di iniquità).

3. (28-30) Il destino di coloro che non si sforzano di entrare.

«Lì sarà pianto e stridor di denti, quando vedrete Abrahamo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, mentre voi ne sarete cacciati fuori. Ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e sederanno a tavola nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono alcuni fra gli ultimi che saranno i primi, e alcuni fra i primi che saranno gli ultimi».

a. Lì sarà pianto e stridor di denti: Parlando di quelli che sono esclusi dal Regno di Dio, Gesù dice che si troveranno all’inferno (luogo di pianto e stridor di denti) e vedranno altri entrare al posto loro.

i. Una donna contestò a un evangelista che il pianto e stridor di denti non potevano applicarsi a coloro che avevano perso i loro denti. Il predicatore rispose solennemente: “I denti saranno forniti!”.

ii. Più seriamente, “gli articoli determinativi che accompagnano le parole ‘pianto’ e ‘stridor’ (cfr. greco) sottolineano l’orrore della scena: il pianto e lo stridore… Il pianto suggerisce sofferenza e lo stridere dei denti disperazione.” (Carson)

iii. Notiamo che Gesù non aveva paura di parlare dell’inferno; infatti, lo fa più di chiunque altro nella Bibbia. “Ci sono ministri che non parlano mai dell’inferno. Ho sentito di un ministro che una volta ha detto alla sua congregazione: ‘Se non amate il Signore Gesù Cristo, sarete mandati in quel luogo che non è educato menzionare’. Sono sicuro che non gli sarebbe stato permesso di predicare di nuovo, se non avesse saputo usare parole chiare.” (Spurgeon)

b. Ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e sederanno a tavola nel regno di Dio: Gesù disse al suo pubblico stupito che ci sarebbero stati molti provenienti da tutto il mondo, da molte nazioni, insieme a Dio nel Suo regno. Questo fu uno shock per i molti Giudei del Suo tempo, ai quali era stato insegnato che la salvezza era solo per i Giudei e non per i Gentili.

i. Per molti Giudei dell’epoca di Gesù si trattava di un’idea radicale; pensavano che al grande banchetto messianico non ci sarebbero stati i Gentili e che vi avrebbero partecipato tutti i Giudei. Gesù corresse entrambe le idee sbagliate.

ii. Le poche parole di Gesù ci danno qualche dettaglio del cielo.

·È un luogo di riposo; saremo seduti in cielo (sederanno).

·È un luogo in cui sedersi in buona compagnia; godremo dell’amicizia di Abrahamo, Isacco e Giacobbe e di tutti i profeti in cielo.

·È un luogo con persone provenienti da tutta la terra; entreranno nel cielo da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno.

·È un luogo certo; Gesù ha detto che verranno e, quando Gesù dice che accadrà, allora accadrà.

iii. “Ma sentirete di nuovo quelle voci amate, sentirete di nuovo quelle dolci voci, saprete ancora che coloro che avete amato sono stati amati da Dio. Non sarebbe forse un cielo tetro quello in cui vivremmo, in cui saremmo allo stesso tempo inconsapevoli e sconosciuti? Non mi piacerebbe andare in un paradiso del genere. Credo che il cielo sarà la comunione dei santi e che lì ci conosceremo l’un l’altro.” (Spurgeon)

c. Mentre voi ne sarete cacciati fuori: Gesù ricordò ai Suoi ascoltatori ebrei che, proprio come l’identità razziale dei Gentili non era un impedimento automatico al regno, così anche la loro identità razziale non era una garanzia di accesso al regno.

i. “Non ci potrebbe essere dichiarazione più radicale del cambiamento nel piano di salvezza di Dio inaugurato dalla missione di Gesù.” (France)

d. Ed ecco, vi sono alcuni fra gli ultimi che saranno i primi, e alcuni fra i primi che saranno gli ultimi: Gesù ricordò loro che chi è ammesso o escluso dal regno poteva non rispecchiare le aspettative loro o di altri. Non si tratta di una legge universale; Gesù non disse: “Tutti gli ultimi saranno i primi” o “Tutti i primi saranno gli ultimi”. Eppure, alcuni lo saranno, per la sorpresa di molti.

i. “Ci saranno sorprese nel regno di Dio. Coloro che sono molto in vista in questo mondo dovranno forse essere molto umili nel prossimo; coloro che qui non vengono notati saranno i principi del mondo a venire.” (Barclay)

ii. Spurgeon disse che alcuni fra gli ultimi che saranno i primi è un miracolo della grazia, e che alcuni fra i primi che saranno gli ultimi è un prodigio del peccato.

4. (31-33) Gesù continua la Sua opera nonostante la minaccia di Erode.

In quello stesso giorno alcuni farisei vennero a dirgli: «Parti e vattene da qui, perché Erode vuole ucciderti». Ed egli disse loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, oggi e domani io scaccio i demoni e compio guarigioni, e il terzo giorno giungo al termine della mia corsa”. Ma oggi, domani e dopodomani devo camminare, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme».

a. Alcuni farisei vennero a dirgli: «Parti e vattene da qui, perché Erode vuole ucciderti»: Da qui capiamo che non tutti i farisei si opponevano a Gesù, ma alcuni volevano proteggerlo dal complotto di Erode.

i. Secondo William Barclay, il Talmud descriveva sette diversi tipi di farisei:

·Il Fariseo Ostentatore, che sembrava portare il peso delle buone opere e della giustizia sulle sue spalle affinché tutti lo notassero.

·Il Fariseo Procrastinatore, che aveva sempre l’intenzione di fare buone azioni, ma trovava sempre una ragione per posticiparle.

·Il Fariseo Sanguinante, che era così santo da distogliere lo sguardo da qualsiasi donna vista in pubblico e perciò sbatteva costantemente contro le cose e inciampava, ferendosi.

·Il Fariseo Spigolatore, che era talmente umile che camminava piegato e sollevava a malapena i piedi affinché tutti notassero la sua umiltà.

·Il Fariseo Previdente, il quale teneva sempre il conto delle sue buone opere e credeva che Dio fosse in debito con lui per tutto il bene compiuto.

·Il Fariseo Pauroso, che faceva del bene solo perché aveva il terrore che Dio lo avrebbe colpito con il giudizio se non l’avesse fatto.

·Il Fariseo Timorato di Dio, che amava veramente Dio e compiva buone opere per compiacere il Dio che amava.

ii. “Ma Gesù, infatti, avrebbe lasciato la Galilea, non perché avesse paura di Erode, ma perché seguiva il piano divino.” (Pate)

b. Andate a dire a quella volpe: Secondo alcuni (come Geldenhuys), l’appellativo “volpe” descriveva un “governante astuto ma debole”. Il termine veniva usato in contrasto con un animale maestoso come il leone.

i. “Per l’ebreo la volpe simboleggiava tre cose. Primo, era considerata l’animale più scaltro. Secondo, era considerata l’animale più distruttivo. Terzo, era il simbolo di un uomo inutile e insignificante.” (Barclay)

ii. Erode era anche un esempio di uno di quei primi che sarebbero stati ultimi, come visto in Luca 13:30. A quel tempo deteneva potere e autorità, ma non sarebbe durato a lungo.

c. Ecco, oggi e domani io scaccio i demoni e compio guarigioni, e il terzo giorno giungo al termine della mia corsa: Gesù voleva che Erode sapesse che avrebbe continuato la Sua opera, fino alla fine. Voleva fargli sapere che non aveva paura di lui.

i. “Giungo al termine della mia corsa riguarda proprio il “raggiungimento della meta”. Gesù sapeva che presto sarebbe arrivato il terzo giorno in cui avrebbe raggiunto la meta: la Sua resurrezione.

ii. “Allora avrò adempiuto lo scopo per cui sono venuto nel mondo, senza lasciare nulla di incompleto di quello che il consiglio di Dio mi ha destinato a completare.” (Clarke)

iii. “Guardando indietro, avendone la possibilità, sappiamo che il ‘terzo giorno’ era la via della croce e tutto ciò che ne derivò.” (Morgan)

d. Non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme: Le parole di Gesù nascondevano probabilmente un pizzico di ironia. Ovviamente c’erano stati casi di profeti che morivano fuori da Gerusalemme, ma l’ironia stava nel fatto che il Messia d’Israele sarebbe stato rifiutato e giustiziato a Gerusalemme.

i. “Probabilmente si trattava di un proverbio tra i Giudei, che il nostro Salvatore usò e approvò. Per molti anni Gerusalemme si era macchiata del sangue dei profeti.” (Spurgeon)

ii. Morgan disse di queste parole: “Esse rivelano il Suo sguardo indisturbato sulla Sua opera e la tranquilla intrepidezza della Sua devozione”.

5. (34-35) Gesù piange per la città che Lo respingerà.

«Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, ma voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta. Or io vi dico che non mi vedrete più finché venga il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”».

a. Gerusalemme, Gerusalemme: La ripetizione rivela grande sentimento nelle parole di Gesù e serve a dare enfasi e profondità. Quando Dio ripete un nome due volte, è per mostrare un’emozione profonda, ma non necessariamente rabbia (come il Marta, Marta di Luca 10:41 e il Saulo, Saulo di Atti 9:4).

i. Il profondo amore che Gesù aveva per Gerusalemme era accompagnato dalla piena consapevolezza dei peccati della città: uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati. Nonostante ciò, continuava a supplicarla di convertirsi dalla distruzione che si sarebbe abbattuta su di essa.

b. Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali: Gesù voleva proteggere, nutrire e custodire il Suo popolo, i Giudei, proprio come una chioccia protegge i propri pulcini.

i. “L’immagine di una gallina (in greco è semplicemente ‘uccello’) che protegge i suoi piccoli è usata nell’Antico Testamento per indicare la protezione di Dio nei confronti del Suo popolo (Salmo 17:8; 91:4; Isaia 31:5; ecc.).” (France)

ii. “Quando la chioccia vede arrivare un predatore, emette un suono per radunare i suoi pulcini, così da coprirli con le sue ali e proteggerli dal pericolo. L’aquila romana sta per piombare sullo stato ebraico – nulla può impedirlo se non la loro conversione a Dio attraverso Cristo – e Gesù grida in tutto il paese, annunciando il vangelo della riconciliazione. Al suo annuncio non si radunarono; l’aquila romana arrivò e li distrusse.” (Clarke)

iii. L’immagine della gallina e dei suoi pulcini ci parla di quello che Gesù voleva fare per coloro che lo avevano rifiutato.

·Voleva tenerli al sicuro.

·Voleva renderli felici.

·Voleva renderli parte di una comunità benedetta.

·Voleva incoraggiare la loro crescita.

·Voleva che conoscessero il Suo amore.

·Ciò sarebbe potuto accadere solo se avessero risposto alla Sua chiamata.

iv. G. Campbell Morgan l’ha definita la manifestazione del “cuore materno di Dio”.

v. Le parole “quante volte ho volutosono una piccola indicazione del fatto che Luca sapeva che Gesù aveva visitato Gerusalemme molte altre volte (come chiaramente raccontato nel Vangelo di Giovanni), sebbene faccia riferimento solo a quest’ultima visita.

c. Ma voi non avete voluto! Il problema non era la volontà di Gesù di salvarli e proteggerli, bensì la loro mancanza di disposizione (non avete voluto). Per questa ragione, la distruzione predetta si sarebbe abbattuta su di loro.

i. La vostra casa vi è lasciata deserta: Queste parole “sembrano predire la distruzione imminente di Gerusalemme per mano dell’esercito romano nel 70 d.C.” (Pate)

d. Non mi vedrete più finché venga il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”: Gesù rivela alcuni dettagli sulle circostanze della Sua seconda venuta. Quando Gesù tornerà, i Giudei lo accoglieranno come il Messia, dicendo: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”.

i. “Fino a quando la pienezza dei Gentili non sarà entrata, quando vi sarà rivolta di nuovo la parola di vita, allora vi rallegrerete, benedirete e loderete colui che viene nel nome del Signore, portando salvezza totale e certa per le pecore perdute della casa d’Israele.” (Clarke)

ii. Ci vorrà molto per portare Israele a quel punto, ma Dio lo farà. La promessa è che Israele accoglierà Gesù, come dichiara l’apostolo Paolo in Romani 11:26: E così tutto Israele sarà salvato.

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