Luca 19 – L’ingresso Trionfale
A. Gesù e Zaccheo.
1. (1-4) Zaccheo sale su un albero, rischiando di essere deriso, per vedere Gesù.
Poi Gesù, entrato in Gerico, l’attraversava; ed ecco un uomo, chiamato Zaccheo, il quale era il capo dei pubblicani ed era ricco. Egli cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo, perché egli doveva passare di là.
a. Gesù, entrato in Gerico, l’attraversava: Gerico era una città antica e importante e, mentre Gesù passava per la città diretto a Gerusalemme, sembra che il motivo fosse l’incontro con un uomo chiamato Zaccheo.
i. Gerico era una città prospera. “Aveva una grande foresta di palme e boschetti di balsamo famosi in tutto il mondo che profumavano l’aria per chilometri. I suoi giardini di rose erano conosciuti in lungo e in largo. Gli uomini la chiamavano “la città delle palme”. Flavio Giuseppe la definì “una regione divina”, “la più ricca della Palestina”. I Romani portarono i suoi datteri e il balsamo al commercio e alla fama mondiale.” (Barclay)
b. Zaccheo, il quale era il capo dei pubblicani: Zaccheo non era solo un esattore delle tasse, ma era il capo dei pubblicani. I Giudei odiavano gli uomini come lui, non solo a causa della loro naturale avversione per le tasse, ma soprattutto a causa della pratica nota come “depredazione fiscale”, in base alla quale i pubblicani traevano il proprio guadagno sugli extra che facevano pagare alle loro vittime. Un esattore delle tasse aveva tutto l’interesse di alzare le tasse il più possibile.
i. Quando i pubblicani andavano da Giovanni Battista, chiedendo come potessero mettersi in regola con Dio, egli rispondeva: Non riscuotete nulla di più di quanto vi è stato ordinato (Luca 3:13). Se eri un esattore delle tasse ed eri ricco, allora eri corrotto.
ii. Morris commenta capo dei pubblicani: “Il titolo non si trova da nessun’altra parte, quindi il suo significato preciso non è noto, ma sembra indicare il capo del dipartimento fiscale locale”.
iii. Il nome Zaccheo significa “puro”, ma quest’uomo era tutt’altro che puro, finché non ricevette Gesù. “Secondo il suo nome, avrebbe dovuto essere un puritano (nel senso positivo del termine); invece, era un arci-pubblicano, un peccatore in bella vista, non semplice ma sottile, un estorsore accanito, un ricco ma miserabile ruffiano.” (Trapp)
c. Egli cercava di vedere chi fosse Gesù: Zaccheo voleva posare gli occhi su Gesù, lostava cercando. Forse aveva sentito dire che Gesù accettava persone come lui; desiderava vedere di persona quest’uomo straordinario.
d. Era piccolo di statura: La sua condizione naturale lo svantaggiò nella ricerca di Gesù e probabilmente influì anche sulla sua personalità; essendo piccolo di statura, possiamo immaginare come Zaccheo fosse deriso e odiato dagli altri, e come ricambiasse il favore incrementando le tasse alle sue vittime.
i. Se Zaccheo avesse avuto un cuore piccolo, si sarebbe arreso e non si sarebbe dato tanto da fare per vedere Gesù. “Zaccheo aveva mostrato grande volontà di arricchirsi e aveva trovato anche il modo di farlo. Ora aveva grande volontà di vedere Gesù e non era il tipo di persona che si sarebbe arresa facilmente.” (Morrison)
e. Allora corse avanti e salì su un sicomoro per vederlo: Poiché Zaccheo cercava Gesù così intensamente, non si fece problemi a fare ciò che molti avrebbero considerato indecoroso per un uomo adulto e ricco: salì su un sicomoro.
i. Si arrampicò sull’albero come un bambino e, senza saperlo, adempì alla parola di Gesù secondo cui, se non diventiamo come bambini, non vedremo il regno di Dio (Matteo 18:3).
ii. “Un viaggiatore rassomiglia l’albero a “una quercia inglese, dall’ombra molto piacevole… molto facile da scalare’.” (Barclay)
iii. “Vorrei che ci fossero più persone che non si preoccupano di essere derise, se anche solo quello che facciamo ci aiuta a vedere Gesù.” (Maclaren)
2. (5-6) Gesù si autoinvita a casa di Zaccheo.
E, quando Gesù arrivò in quel luogo, alzò gli occhi, lo vide e gli disse: «Zaccheo, scendi giù subito, perché oggi devo fermarmi in casa tua». Ed egli scese in fretta e lo ricevette con gioia.
a. Alzò gli occhi, lo vide: Poiché Zaccheo fece di tutto, rischiando di essere deriso per aver voluto vedere Gesù, Gesù lo vide e non passò oltre. Nel senso migliore del termine, Zaccheo si fece notare da Gesù e Gesù interagì con lui.
b. Zaccheo […] subito: Gesù iniziò chiamando Zaccheo per nome, perché conosceva l’importanza del nome di una persona. Forse fu la prima volta che Zaccheo sentì qualcuno, oltre a sua madre, pronunciare il suo nome in modo gentile.
i. Pronunciare il suo nome fece la differenza; Gesù disse a Zaccheo: “Io ti conosco e mi aspetto qualcosa da te”.
ii. Gesù conosceva l’importanza del nome. Egli chiama le Sue pecore per nome: A lui apre il portinaio; le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori (Giovanni 10:3). In Apocalisse ci viene promesso un nuovo nome che solo Dio e noi conosciamo. Quando arriveremo in cielo, ci sarà qualcuno che conoscerà il nostro nome.
c. Scendi giù subito: Gesù disse a Zaccheo di affrettarsi a scendere. Se non si fosse affrettato, avrebbe potuto perdere l’occasione; se non si fosse abbassato, non avrebbe mai incontrato Gesù.
i. Questo dice a ciascuno di noi: “Scendi dalla tua posizione elevata; Gesù non avrebbe mai mangiato con Zaccheo se fosse rimasto sul sicomoro”.
d. Oggi devo fermarmi in casa tua: Gesù non voleva semplicemente predicare a Zaccheo e convertirlo in senso spirituale o religioso, ma voleva avere una vera relazione con lui, iniziando con un pasto e trascorrendo del tempo insieme.
i. Gesù si autoinvitò a passare del tempo con Zaccheo, l’emarginato che tutti odiavano. La chiesa primitiva era disprezzata per la sua accettazione degli emarginati (1 Corinzi 1:26-31), ma i primi cristiani consideravano questo come qualcosa di glorioso, non di vergognoso.
e. E lo ricevette: Gesù sarebbe entrato a casa di Zaccheo e nella sua vita solo se invitato, se accolto. Prima, Zaccheo ricevette Gesù, poi iniziò una relazione con Lui.
i. “Cristo non si introdurrà con forza a casa di qualcuno, né si siederà contro la sua volontà. Non sarebbe l’azione di un ospite, ma di un intruso sgradito.” (Spurgeon)
ii. Forse Zaccheo aveva molte domande, ma non le fece dal sicomoro. Scese dall’albero, incontrò Gesù e poi Gli domandò quello che aveva in cuore.
f. E lo ricevette con gioia: Zaccheo fu felice di ricevere Gesù. Gesù lo chiamò a sé e lui andò da Gesù, con gioia. Zaccheo lo ricevette, cioè accolse Gesù. Non accolse principalmente un credo, una dottrina, una teoria o una cerimonia, ma Gesù.
i. Gesù era in viaggio verso Gerusalemme e sarebbe stato accolto in città con gioia – il famoso ingresso trionfale. Prima di quel momento, però, in questo episodio fece un ingresso diverso, nel cuore di un solo uomo. Questo ingresso, questa accoglienza sembra avere risultati più duraturi.
ii. Gesù è gioioso di ricevere i peccatori e loro sono gioiosi di essere salvati. Sappiamo che la gioia di Gesù è più grande, perché c’è maggiore benedizione nel dare che nel ricevere.
iii. Zaccheo costituisce un modello per chiunque voglia ricevere Gesù:
·Ricevi Gesù cercandolo diligentemente.
·Ricevi Gesù umiliandoti.
·Ricevi Gesù a prescindere dal tuo peccato e da quanto gli altri ti odino.
·Ricevi Gesù quando Egli ti invita per nome.
·Ricevi Gesù senza indugio.
·Ricevi Gesù scendendo verso di Lui.
·Ricevi la persona di Gesù.
·Ricevi Gesù nella tua vita, nella tua casa.
·Ricevi Gesù con gioia.
·Ricevi Gesù a prescindere da quello che dicono gli altri.
·Ricevi Gesù con ravvedimento e facendo ammenda.
3. (7-10) Zaccheo rinuncia al suo peccato e Gesù proclama la sua salvezza.
Vedendo ciò, tutti mormoravano, dicendo: «Egli è andato ad alloggiare in casa di un uomo peccatore». Ma Zaccheo si alzò e disse al Signore: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho defraudato qualcuno di qualcosa, gli restituirò quattro volte tanto». E Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche costui è figlio d’Abrahamo. Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
a. Egli è andato ad alloggiare in casa di un uomo peccatore: La gente (tutti, non solo i capi religiosi) pensava che Gesù si fosse spinto troppo oltre associandosi a un uomo malvagio come Zaccheo; quindi, protestarono.
i. “Gesù Cristo non insegnò a Zaccheo, andando a casa sua, che il carattere di una persona non ha alcuna importanza; anzi, Zaccheo percepì subito che il carattere aveva la massima importanza, e così si fece avanti e disse: ‘Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho defraudato qualcuno di qualcosa, gli restituirò quattro volte tanto’.” (Spurgeon)
b. Signore […] restituirò quattro volte tanto: Ricevendo Gesù e trascorrendo solo un po’ di tempo con Lui, Zaccheo sapeva di doversi ravvedere e fare ammenda. Prima cercò Gesù; poi, cercando Gesù, capì di dover cercare il ravvedimento.
i. Zaccheo si offrì allegramente di fare tanto o addirittura più di quanto la legge richiedesse. La promessa di restituire a chiunque avesse fatto un torto è notevole: “Considerando il modo in cui si era arricchito, probabilmente non era una lista breve.” (Morris)
ii. Una vita può cambiare così rapidamente? Sì. Non tutte le abitudini nella vita di Zaccheo cambiarono immediatamente, ma il cuore cambiò e subito ci furono delle prove a dimostrarlo.
c. Oggi la salvezza è entrata in questa casa: Gesù sapeva che Zaccheo, dopo essersi ravveduto, era stato salvato, sottratto alla schiavitù, alla potenza, alla colpa e alla punizione del suo peccato. La parola non era più “uomo peccatore” ma “salvezza”, e Gesù lo fece sapere a tutti.
i. Gesù ordinò al giovane ricco di dare via tutto (Luca 18:18-23), ma a Zaccheo bastò restituire a chi aveva fatto un torto. Gesù conosceva Zaccheo per nome e sapeva esattamente cosa dovesse fare per ravvedersi ed essere a posto con Dio e con gli uomini.
ii. In Luca 18:24-27, Gesù disse che era impossibile, umanamente parlando, che i ricchi entrassero in cielo; per Dio, questo era invece possibile. Ci troviamo di fronte all’adempimento di quella promessa. Zaccheo divenne un donatore gioioso, mostrando così l’opera impossibile di Dio in lui, mentre il giovane ricco se ne andò dispiaciuto, tenendosi strette le sue ricchezze.
d. Perché anche costui è figlio d’Abrahamo: Poiché Zaccheo era così odiato dai suoi connazionali, probabilmente dicevano spesso che non era un “vero” ebreo. Gesù voleva che tutti sapessero che Zaccheo era davvero un figlio d’Abrahamo, sia per genetica che per fede, perché aveva accolto Gesù con gioia e sincerità.
i. Probabilmente, I sacerdoti di Gerico (era una città levitica) spesso avevano condannato Zaccheo e lo avevano invitato a dare ai poveri. Ma dopo aver incontrato Gesù, tale sacrificio fu fatto con gioia. L’amore per Gesù può motivarci a fare cose più grandi di quanto il legalismo, il senso di colpa o la manipolazione possano mai fare.
e. Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto: Gesù spiega perché ha cercato ed esteso l’amicizia a un noto peccatore come Zaccheo. Gesù è venuto proprio per salvare persone come lui.
i. Zaccheo credette realmente in Gesù. Un vero figlio di Abrahamo non solo discendeva geneticamente da Abrahamo, ma aveva anche la stessa fede in Dio che era stata di Abrahamo.
ii. Benché fosse stato Zaccheo a cercare Gesù, in realtà era lui a essere perduto e fu Gesù a cercarlo (è venuto a cercare). Zaccheo era perduto per i suoi genitori, per i religiosi, per la sua comunità, per gli amici che poteva avere, ma in un certo senso non era perduto per Dio. “Nel corso della storia della sua conversione, sembra sia lui a cercare Gesù (Luca 19:3), ma alla fine si nota che è Gesù a cercare per primo lui (Luca 19:10).” (Pate)
iii. L’intero racconto di Zaccheo ci offre uno straordinario chi, cosa, dove, quando, perché e come ricevere Gesù.
·Da chi Gesù vuole essere ricevuto: da chi è perduto.
·Cosa vuole Gesù da coloro che Lo ricevono: avere una relazione con loro.
·Dove Gesù vuole che si vada: verso di Lui.
·Quando Gesù vuole che Lo si riceva: subito, rapidamente.
·Perché Gesù vuole che Lo si riceva: per stare con Lui, essere collegati a Lui nella propria vita.
·Come Gesù vuole che Lo si riceva: con gioia.
B. La parabola delle dieci mine.
1. (11) Lo scopo della parabola.
E, mentre essi ascoltavano queste cose, Gesù proseguì a raccontare una parabola, perché era vicino a Gerusalemme, ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito.
a. Era vicino a Gerusalemme: Gerico non era molto distante da Gerusalemme e, mentre Gesù si avvicinava alla città, i discepoli e gli altri si aspettavano che Gesù si presentasse come Messia e salvatore politico di Israele (pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito).
i. La Pasqua si avvicinava. Secondo Flavio Giuseppe, più di due milioni di pellegrini si riversavano a Gerusalemme in questo periodo. C’era anche una grande attesa messianica, che rafforzava l’idea che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito.
ii. George Macdonald scrisse alcuni versi riguardo alle loro aspettative confuse:
Erano tutti alla ricerca di un Re,
Che uccidesse e umiliasse l’oppressore.
Come un piccolo bambino venne a te,
E a una donna finì per recare dolore.
b. Pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito: Gesù raccontò questa parabola per avvertire i Suoi discepoli che se ne sarebbe andato e sarebbe ritornato prima della manifestazione del regno in gloria; la raccontò anche per dire loro come avrebbero dovuto comportarsi in Sua assenza.
i. “Era un emblema della Sua stessa dipartita verso un paese lontano per ricevere il regno. Figurativamente parlando, insegnò che prima dovevano esserci la partenza e la lunga assenza del Re e, solo dopo, il Regno sarebbe potuto venire in gloria.” (Morrison)
ii. La parabola che segue è ricca di allusioni storiche. “Il Salvatore probabilmente ricavò i dettagli di questa parabola dalla vera storia di Archelao, figlio di Erode, che dopo la morte del padre si recò a Roma per essere nominato sovrano su parte del regno paterno, così come specificato nel testamento del padre. La conferma da parte dell’imperatore romano era necessaria, perché l’impero di Erode, in realtà, faceva parte dell’Impero Romano. Anche una rappresentanza giudaica si recò a Roma per contestare la rivendicazione del trono da parte di Archelao, ma l’imperatore lo nominò comunque sovrano (anche se non con pieni poteri) su metà del regno paterno.” (Geldenhuys)
2. (12-13) Il padrone distribuisce le mine– unità di denaro.
Disse dunque: «Un uomo nobile andò in un paese lontano, per ricevere l’investitura di un regno e poi tornare. E, chiamati a sé dieci suoi servi, diede loro dieci mine e disse loro: “Trafficate fino al mio ritorno”».
a. Un uomo nobile andò in un paese lontano, per ricevere l’investitura di un regno e poi tornare: Questa parabola è diversa da quella dei talenti in Matteo 25. In questo caso, ai dieci servi fu data la stessa somma di denaro, equivalente a circa tre mesi del salario di un operaio.
i. Dio distribuisce alcuni doni in modo diverso, a Suo piacimento; altri sono dati universalmente a ogni credente – come il vangelo, che è dato a ogni cristiano in egual misura.
ii. Diede loro dieci mine: Non dice che ogni servo ricevette dieci mine, ma che dieci furono distribuite al gruppo nel suo insieme, una a ciascuno dei dieci servi.
b. Trafficate fino al mio ritorno: Mentre il padrone era lontano a ricevere il suo regno, i servi dovevano occuparsi degli affari, usare al meglio le risorse che il padrone aveva affidato loro.
3. (14) La ribellione dei cittadini.
«Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasciata, dicendo: “Non vogliamo che costui regni su di noi”».
a. Ma i suoi cittadini lo odiavano: Si trattava dei cittadini che erano sotto la giurisdizione del nobile e che vivevano nell’area da lui governata. Non si trattava dei servi che avevano ricevuto le mine.
b. Non vogliamo che costui regni su di noi: Quei cittadini odiavano il nobile e glielo fecero capire. Nella parabola di Gesù, il nobile non aveva fatto nulla per meritare un tale rifiuto; era solo perché i cittadini avevano il cuore pieno di odio.
4. (15-19) I primi due servi rendono conto al loro padrone.
«Ora, quando fu di ritorno, dopo aver ricevuto l’investitura del regno, fece chiamare quei servi ai quali aveva dato il denaro per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato trafficando. Allora si fece avanti il primo e disse: “Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine”; ed egli disse: “Bene, servo buono, poiché sei stato fedele in cosa minima, ricevi il governo su dieci città”. Venne poi il secondo, dicendo: “Signore, la tua mina ha fruttato altre cinque mine”; ed egli disse anche a costui: “Tu pure sii capo di cinque città”».
a. Dopo aver ricevuto l’investitura del regno, fece chiamare quei servi ai quali aveva dato il denaro: Quando il padrone rientrò, si occupò innanzitutto dei suoi servi. Si occupò dei cittadini ribelli solo in seguito, perché non erano la sua prima preoccupazione. Volle piuttosto sapere quanto erano stati fedeli i suoi servi durante la sua assenza.
b. Allora si fece avanti il primo e disse: “Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine”: Il primo servo portò un buon resoconto. Fece fruttare la mina del suo padrone, ricavandone dieci in più, un aumento impressionante del 1000%.
i. Il primo servo ricevette una bella lode dal suo padrone: Bene, servo buono, poiché sei stato fedele in cosa minima, ricevi il governo su dieci città. Avendo dimostrato di saper gestire con fedeltà le risorse del padrone, gli fu data autorità su dieci città del regno, che il suo padrone aveva appena ricevuto.
ii. Ricevi il governo: La ricompensa per un fedele servizio non è il riposo, ma un servizio maggiore, cosa del tutto gradita al servo di Dio. “La ricompensa del lavoro ben fatto era più lavoro da fare… La grande ricompensa di Dio per l’uomo che ha superato la prova è più fiducia.” (Barclay)
c. Signore, la tua mina ha fruttato altre cinque mine: Il secondo servo portò un altro buon resoconto. Trafficò con la mina del suo padrone e ne ricavò altre cinque: un aumento del 500%.
i. Ciascuno dei servi attribuiva il lavoro svolto al dono del padrone (la tua mina) invece che al proprio sforzo o alla propria intelligenza. “Non le mie fatiche, ma la tua opera l’ha fatto.” (Trapp)
ii. Anch’egli fu ricompensato, anche se non con le parole “Bene, servo buono”. Il numero di città su cui gli fu data autorità era proporzionale alla sua fedeltà nel fare affari con le risorse del suo padrone.
5. (20-26) Il terzo servo porta il suo resoconto al padrone.
«Venne poi un altro, che disse: “Signore, ecco la tua mina che ho tenuta riposta in un fazzoletto, perché ho avuto paura di te, che sei un uomo severo; tu prendi ciò che non hai depositato e mieti ciò che non hai seminato”. E il suo signore gli disse: “Ti giudicherò dalle tue stesse parole, malvagio servo; tu sapevi che sono un uomo duro, che prendo ciò che non ho depositato e mieto ciò che non ho seminato; perché non hai depositato il mio denaro in banca; così, al mio ritorno, lo avrei riscosso con l’interesse?”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la mina e datela a colui che ha dieci mine”. Ed essi gli dissero: “Signore, egli ha dieci mine”. “Poiché io vi dico che a chi ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”».
a. Signore, ecco la tua mina che ho tenuta riposta in un fazzoletto: Il terzo servo non aveva un buon resoconto. Non obbedì al comando del padrone di trafficare fino al suo ritorno. Si limitò a conservare le risorse del padrone, senza farne buon uso.
i. Il terzo servo giustificò la propria disobbedienza sostenendo che il padrone era così potente da non aver bisogno dell’aiuto del servo (tu prendi ciò che non hai depositato e mieti ciò che non hai seminato).
b. Ti giudicherò dalle tue stesse parole, malvagio servo; tu sapevi che sono un uomo duro: Il padrone non premiò il terzo servo. Al contrario, lo rimproverò perché il grande potere del padrone avrebbe dovuto ispirare il servo a una maggiore diligenza, non alla disobbedienza e alla pigrizia.
i. Sarebbe stato facile per questo servo fare qualcosa con le risorse del padrone (perché non hai depositato il mio denaro in banca?). Invece, a motivo della sua disobbedienza, non fece nulla.
ii. Questo ci aiuta a capire il piano del padrone. Non si trattava di fare soldi tramite i suoi servi, ma di formare carattere in loro. Non aveva bisogno che facessero soldi, ma che lavorassero insieme a lui affinché il loro carattere fosse formato.
c. Toglietegli la mina e datela a colui che ha dieci mine: Al terzo servo fu tolto tutto. Continuò a essere servo del suo padrone e a stare nella sua casa, ma non gli rimase nulla. Si dimostrò incapace di gestire i beni del suo padrone e non gli fu affidato nulla.
i. Gesù lo sottolinea dicendo: “Poiché io vi dico che a chi ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. “L’affermazione paradossale, quasi ossimorica, riflette l’assioma spirituale già riportato in Luca 8:18: chi è fedele al Signore sarà ricompensato e chi non lo è subirà una perdita. La luce ricevuta porta altra luce; la luce rifiutata porta la notte.” (Pate)
ii. “Non restiamo fermi nella vita cristiana, ma usiamo i nostri doni e facciamo progressi, o perderemo ciò che abbiamo”. (Morris)
iii. Il punto principale di questa parabola è chiaro: il regno tarderà ad arrivare; quindi, nel frattempo, dobbiamo concentrarci sull’essere servi fedeli. Il nostro Padrone è partito per un paese lontano e un giorno tornerà con il Suo regno. Nel frattempo, ci è stato ordinato di trafficare ciò che ci ha dato fino al Suo ritorno.
iv. “Possiamo intendere le dieci mine distribuite a ciascuno come il Vangelo del regno dato a ogni persona che professa di credere in Cristo, Vangelo che deve valorizzare per la salvezza della sua anima. La stessa parola è data a tutti, affinché tutti credano e siano salvati”. (Clarke)
v. Quando il nostro Padrone tornerà, verrà a ricompensarci in base alla nostra fedeltà e saremo ricompensati con diversi livelli di autorità nel Suo regno.
vi. I servi infedeli erano quelli che pensavano che, essendo il loro Padrone così potente, non avesse bisogno del loro aiuto. Ma il problema non è il Suo bisogno di aiuto, bensì il mio bisogno di aiutarlo e di far parte della Sua opera.
6. (27) Il giorno del giudizio arriva per i nemici del padrone.
«“Inoltre, conducete qui i miei nemici, che non hanno voluto che io regnassi su di loro e uccideteli alla mia presenza”».
a. Inoltre, conducete qui i miei nemici: Tutti i servi dovevano rispondere di ciò che avevano fatto durante l’assenza del padrone, ma almeno nessuno di loro si era macchiato di tradimento. Ora il padrone doveva occuparsi dei suoi nemici, i cittadini ribelli di Luca 19:14, che lo odiavano e dicevano: “Non vogliamo che costui regni su di noi”.
i. Che non hanno voluto che io regnassi su di loro: Potevano provare a negare il regno del Padrone quanto volevano, ma non avrebbero ottenuto nulla. Egli avrebbe regnato su di loro in un modo o nell’altro.
b. E uccideteli alla mia presenza: I servi del padrone dovevano rispondere a lui, ma anche i suoi nemici. Essi andarono incontro a un giudizio certo e definitivo. Questo finale drammatico e forte mostra che rispondere al regno di Gesù è una decisione di vita o di morte.
C. Gesù entra a Gerusalemme.
1. (28) Verso Gerusalemme.
Dopo aver detto queste cose, egli andava avanti salendo a Gerusalemme.
a. Dopo aver detto queste cose: Dopo aver accuratamente corretto i Suoi seguaci circa la vera natura del Suo regno e della Sua missione, Gesù si diresse con fermezza verso Gerusalemme.
i. “Gerusalemme, la città del tempio, in cui la settimana successiva si sarebbe svolto il dramma più grande e più sacro della terra, era finalmente nelle immediate vicinanze.” (Geldenhuys)
b. Egli andava avanti salendo a Gerusalemme: Gesù andò, sapendo bene cosa Lo aspettava, sapendo che doveva sopportare la croce prima di ricevere il regno. Guardando alla Sua sofferenza, dobbiamo ammirare Gesù, non compatirlo. Egli sapeva esattamente a cosa si sarebbe trovato di fronte.
i. Giovanni 11:57 dice chiaramente che Gesù, sebbene avesse una taglia sulla testa e fosse ricercato, entrò a Gerusalemme il più apertamente possibile.
2. (29-34) La cerimonia d’ingresso viene preparata con cura.
E, come fu vicino a Betfage e a Betania, presso il monte detto degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli, dicendo: «Andate nel villaggio di fronte, entrando nel quale troverete un puledro di asino legato, su cui nessun uomo è mai salito; scioglietelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda perché lo sciogliete, direte loro così: “Il Signore ne ha bisogno”». E quelli che erano stati mandati andarono e trovarono come egli aveva loro detto. E, mentre scioglievano il puledro, i suoi padroni dissero loro: «Perché sciogliete il puledro?». Ed essi dissero: «Il Signore ne ha bisogno».
a. Andate nel villaggio di fronte, entrando nel quale troverete un puledro di asino legato: Giunta la sua ultima, critica settimana prima della crocifissione, Gesù mandò scrupolosamente e intenzionalmente i Suoi discepoli a predisporre il Suo arrivo a Gerusalemme. Aveva già visitato molte volte la città, ma questa volta il viaggio aveva qualcosa di molto speciale.
b. Troverete un puledro di asino legato, su cui nessun uomo è mai salito: Gesù entrò a Gerusalemme in groppa a un animale relativamente umile. Invece di arrivare a cavallo come un generale conquistatore, venne su un puledro di asino, secondo l’usanza dei reali. Entrò a Gerusalemme in qualità di Principe della pace.
i. “L’asino era la cavalcatura tipica di un uomo di pace, di un mercante o di un sacerdote. I re cavalcavano gli asini in qualche occasione, ma era più probabile che si presentassero su un potente cavallo da guerra. Le profezie di Zaccaria parlano del Messia come del Principe della pace.” (Morris)
ii. “L’ingresso a Gerusalemme è stato definito il trionfo di Cristo. Fu in effetti il trionfo dell’umiltà sull’orgoglio e sulla superbia; della povertà sull’opulenza; della mitezza e della gentilezza sull’ira e sulla malizia.” (Clarke)
iii. Su cui nessun uomo è mai salito: F.B. Meyer osserva che si tratta di un’illustrazione della fedeltà assoluta che Dio richiede da noi; che l’autorità appartiene a Gesù e a Lui solo. Osserva anche che Gesù può richiedere da noi solo un breve servizio di notorietà o di attenzione, da cui, se questo è il Suo piano, trarremo soddisfazione.
c. Il Signore ne ha bisogno: A quanto pare, si trattava di un prestito o di un affitto prefissato per l’utilizzo dell’animale da parte di Gesù. I discepoli dovevano solo riferire ai proprietari che era per il Signore.
i. “Normalmente, animali come gli asini (per i poveri) e i cavalli (per i ricchi) venivano messi a disposizione dai loro proprietari per i viaggiatori dietro pagamento di un prezzo o, a volte, per essere presi in prestito.” (Pate)
ii. “Che accostamento singolare di parole: ‘il Signore’ e ‘ha bisogno’. Gesù, senza rinunciare alla Sua sovranità, aveva assunto una natura piena di bisogni; tuttavia, per quanto fosse nel bisogno, era ancora il Signore e poteva dare ordini ai Suoi sudditi e richiederne i beni.” (Spurgeon)
iii. “Ne ha bisogno: non per stanchezza, perché colui che aveva viaggiato a piedi dalla Galilea a Betania avrebbe potuto camminare per altre due miglia; ne aveva bisogno per poter entrare a Gerusalemme e adempiere le profezie a Suo riguardo, Zaccaria 9:9.” (Poole)
3. (35-40) Gesù entra in città con un’umile manifestazione di lode e di onore.
Lo condussero allora da Gesù e, gettate le loro vesti sopra il puledro, vi fecero montare Gesù. E, mentre egli avanzava, stendevano le loro vesti sulla strada. E, quando egli fu vicino alla discesa del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli iniziò con gioia a lodare Dio a gran voce per tutte le opere potenti che avevano visto, dicendo: «Benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi». E alcuni farisei fra la folla gli dissero: «Maestro, sgrida i tuoi discepoli!». Ed egli, rispondendo, disse loro: «Io vi dico che se costoro tacessero, griderebbero le pietre».
a. Gettate le loro vesti sopra il puledro […] stendevano le loro vesti sulla strada […] iniziò con gioia a lodare Dio a gran voce: La folla onorò Gesù in modo stravagante e lodò Dio per aver mandato questo Re a Gerusalemme, dicendo: “Benedetto il Re che viene nel nome del Signore”.
i. L’immagine di un re vittorioso e conquistatore che entra in una città era ben chiara a quel tempo. In genere, un re vittorioso entrava in città scortato dai cittadini del suo regno e dal suo esercito. Al suo ingresso, si intonavano canti di lode e di acclamazione per il conquistatore, che si presentava con i simboli della sua vittoria e della sua autorità. Infine, entrava nel tempio più importante della città e offriva un sacrificio per onorare gli dèi e identificarsi con loro.
ii. I Vangeli prendono queste forme ben note e le capovolgono. Gesù entrò a Gerusalemme con una scorta umile ed eterogenea e con canti. Gli unici simboli del Suo potere erano un umile asino e rami di palma. Entrando in città, non offrì sacrifici, ma sfidò lo status quo religioso e purificò il tempio.
b. Maestro, sgrida i tuoi discepoli: La lode della folla mise a disagio i nemici di Gesù, li rese contrari alla lode che veniva offerta. Li rendeva consapevoli della loro sconfitta. Giovanni 12:19 dice che in quel giorno i farisei allora dissero tra loro:«Vedete che non guadagnate nulla; ecco, il mondo gli va dietro».
i. Nulla ricorda a Satana e ai suoi seguaci che hanno perso quanto le lodi di Dio che risuonano nelle loro orecchie. Satana perde perché, quando il popolo di Dio adora davvero, il cuore e la mente di coloro che Lo adorano sono rivolti a Lui – non al peccato, non a sé stessi e nemmeno alle distrazioni di Satana.
c. Io vi dico che se costoro tacessero, griderebbero le pietre: Gesù pronunciò queste parole nel momento in cui i farisei gli dissero di far tacere coloro che Lo lodavano e Lo accoglievano come Re. Tuttavia, quello era il giorno in cui Gesù avrebbe ricevuto la lode. Durante la maggior parte del Suo ministero, aveva fatto di tutto per scoraggiare le persone dal celebrarlo pubblicamente come Messia. Ora, in qualità di Messia, le invitava alla lode e all’adorazione pubblica.
i. Griderebbero le pietre: Il pensiero che la creazione stessa lodi Dio può sembrare strano, ma la Bibbia ne parla in alcuni punti: alberi, colline, oceani, fiumi, montagne, valli, bestiame e animali che strisciano, uccelli e campi, tutti danno lode a Dio (Salmo 148:7-13, Salmo 96:11-12).
ii. Quel giorno, però, le pietre tacevano, perché tutta la moltitudine lodava Gesù: tutta la folla dei discepoli iniziò con gioia a lodare. “Eppure, suppongo che ognuno di quei discepoli avesse le proprie difficoltà come le abbiamo noi. Magari avevano una moglie malata a casa, o un figlio che stava morendo per qualche infermità.” (Spurgeon) Eppure, tutti Lo lodavano!
d. A gran voce per tutte le opere potenti che avevano visto: La loro lode era intrisa di memoria. Ricordavano tutte le opere potenti che avevano visto fare a Gesù, come la risurrezione di Lazzaro dai morti (Giovanni 12:17-18). Stavano raccontando le grandi cose che Dio aveva fatto nella loro vita.
i. Una grande accusa contro molte delle nostre lodi è che sono prive di senso. Non abbiamo in mente nulla di specifico per cui lodare Dio, per quelle cose che Gli abbiamo visto fare nella nostra vita. Chiunque dica: “Lodate il Signore!” dovrebbe essere in grado di rispondere a questa domanda: “Lodarlo per cosa?”.
4. (41-44) Gesù piange per Gerusalemme.
E come egli si avvicinava, vide la città e pianse su di essa, dicendo: «Oh, se tu, proprio tu, avessi riconosciuto almeno in questo tuo giorno le cose necessarie alla tua pace! Ma ora esse sono nascoste agli occhi tuoi. Poiché verranno sopra di te dei giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti accerchieranno e ti assedieranno da ogni parte. E abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te; e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
a. E come egli si avvicinava, vide la città e pianse su di essa: Si trattò di un momento di profonda commozione per Gesù. Le sue lacrime non erano per il destino che Lo attendeva a Gerusalemme, ma per la sorte della città stessa.
i. “Pianse può essere tradotto ‘gemette’; Gesù singhiozzava mentre deplorava l’opportunità mancata.” (Morris)
ii. “Il grido era quello di un desiderio infranto. Egli aveva visitato la città con il desiderio di liberarla da ciò che la distruggeva e offrirle le cose necessarie alla sua pace. La cecità spirituale dei capi e del popolo era tale da non far loro comprendere il significato della Sua venuta. Il risultato era inevitabile. Non c’era scampo alla distruzione.” (Morgan)
b. Se tu, proprio tu, avessi riconosciuto almeno in questo tuo giorno le cose necessarie alla tua pace! Era un momento di svolta per il popolo ebraico. I loro capi avevano rifiutato Gesù e la maggior parte del popolo seguiva i propri capi. Tuttavia, se avessero riconosciuto Gesù e la sua opera come Messia, avrebbero potuto essere risparmiati dalla distruzione che li attendeva.
i. In alcune vecchie copie della Bibbia, i copisti eliminarono il passo di Gesù che piange, perché pensavano che Gesù, essendo perfetto, non potesse piangere. Ma la perfezione di Gesù esige che Egli pianga in questa occasione, visto che Israele ha rifiutato la sua unica opportunità di sfuggire alla distruzione futura.
ii. Gesù mostra il cuore di Dio: quando arriva il momento di pronunciare il giudizio, Dio non lo fa mai con gioia. Sebbene il giudizio di Dio sia sempre giusto e retto, il Suo cuore piange quando giunge il momento della sentenza.
c. Se tu, proprio tu, avessi riconosciuto almeno in questo tuo giorno le cose necessarie alla tua pace! Gesù faceva cordoglio, perché non avevano riconosciuto il tempo della venuta del Messia, il giorno profetizzato da Daniele: questo tuo giorno.
i. Questo tuo giorno era così importante perché era probabilmente il giorno profetizzato da Daniele in cui il Messia, il principe, sarebbe giunto a Gerusalemme. Daniele disse che sarebbero passati 483 anni, secondo il calendario ebraico, dal giorno del decreto di restaurare e ricostruire Gerusalemme al giorno in cui il Messia sarebbe entrato nella città. Secondo i calcoli di Sir Robert Anderson, ciò si realizzò in quel giorno esattamente 483 anni dopo (secondo l’anno ebraico di 360 giorni, v. Daniele 9:25).
ii. È il giorno menzionato nel Salmo 118:24: Questo è il giorno che l’Eterno ha fatto; rallegriamoci ed esultiamo in esso.
d. Le cose necessarie alla tua pace: Il nome Gerusalemme significa “città della pace”; tuttavia, la città della pace non conosceva le cose necessarie alla sua pace. Gesù sapeva che il loro desiderio di un Messia politico avrebbe portato alla distruzione totale in meno di una generazione.
e. Verranno sopra di te dei giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee: Gesù predisse cinque dettagli dell’attacco romano contro Gerusalemme:
·La costruzione di trincee.
·L’accerchiamento della città, l’assedio.
·La distruzione della città.
·L’uccisione degli abitanti della città.
·Il completo spianamento della città.
i. Lo storico Flavio Giuseppe descrisse dettagliatamente le trincee intorno a Gerusalemme; come esse sbarrarono totalmente la città prima che i Romani la distruggessero completamente (Guerra giudaica, 5.12.1-3).
ii. Da Flavio Giuseppe: “Ogni speranza di fuga era ormai preclusa per i Giudei, insieme alla libertà di uscire dalla città. Allora la carestia si espanse e divorò il popolo, intere case e famiglie; le stanze superiori erano piene di donne e bambini che morivano di fame e i vicoli della città erano sommersi di cadaveri di anziani; anche i bambini e i giovani vagavano per i mercati come ombre, gonfi per la carestia, e cadevano a terra morti ovunque la miseria li cogliesse. Per un certo periodo i morti venivano seppelliti; ma poi, non potendo più farlo, li fecero gettare dalle mura nelle valli sottostanti. Quando Tito, girando per quelle valli, le vide piene di cadaveri già in forte decomposizione, emise un gemito e, stendendo le mani al cielo, chiamò Dio a testimoniare che ciò non era opera sua.” (cit. in Spurgeon, che aggiunge: “Non c’è nulla nella storia che superi questo orrore, ma anche questo non è nulla in confronto alla perdizione di un’anima”).
5. (45-48) Purificazione del tempio.
Poi, entrato nel tempio, cominciò a cacciarne fuori coloro che vendevano e comperavano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto un covo di ladroni”». Ogni giorno egli insegnava nel tempio. E i capi dei sacerdoti, gli scribi e i capi del popolo cercavano di farlo morire. Ma non riuscivano a decidere che cosa fare, perché tutto il popolo lo ascoltava pendendo dalle sue labbra.
a. Entrato nel tempio cominciò a cacciarne fuori coloro che vendevano e comperavano: Sembra si tratti di una purificazione diversa da quella dei cortili del tempio di Giovanni 2:13-22, avvenuta verso l’inizio del ministero terreno di Gesù. Tuttavia, lo scopo era lo stesso: cacciare i mercanti che, in collaborazione con i sacerdoti, ingannavano i visitatori di Gerusalemme, costringendoli ad acquistare a prezzi elevati animali per i sacrifici e monete approvati.
i. Barclay osserva: “Una coppia di colombe poteva costare appena 4 monete fuori dal Tempio e fino a 75 monete all’interno”. Si tratta di un prezzo quasi 20 volte superiore.
ii. Tuttavia, la rabbia di Gesù era rivolta a coloro che vendevano e comperavano nel tempio. “I venditori e i compratori erano visti come un’unica compagnia – affini nello spirito, da liquidare in blocco… Il traffico era necessario, e magari inizialmente era anche innocente, ma lo spirito del commercio sviluppa presto abusi che in quel periodo erano sicuramente dilaganti.” (Bruce)
iii. Ciò che Gesù fece era intesa più come una parabola vivente. “Non c’è alcuna indicazione, né è probabile, che si sia raggiunta una riforma duratura; senza dubbio le tavole tornarono a posto per il resto della settimana e Gesù non intraprese altre azioni.” (France)
b. La mia casa è casa di preghiera: I mercanti operavano nei cortili esterni del tempio, l’unica area in cui i Gentili potevano venire a pregare. Quel luogo di preghiera fu quindi trasformato in un mercato disonesto (un “covo di ladroni”).
i. Il resoconto di Marco contiene la citazione completa del riferimento di Gesù a Isaia 56:7: Non è scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti”? (Marco 11:17). Isaia lo aveva profetizzato e Gesù pretendeva che il tempio fosse un luogo di preghiera per tutte le genti. L’attività di tutti coloro che vendevano e comperavano nei cortili esterni impediva a qualsiasi gentile di pregare.
ii. “In quel frastuono di compravendite, contrattazioni e aste era impossibile pregare. Coloro che cercavano la presenza di Dio ne erano esclusi dallo stesso popolo della Casa di Dio.” (Barclay)
c. Ogni giorno egli insegnava nel tempio: Dopo aver cacciato i mercanti dal cortile del tempio, Gesù continuò con coraggio la Sua opera di insegnamento pubblico e di guarigione (Matteo 21:14). Poté continuare perché la gente voleva ascoltarlo (perché tutto il popolo lo ascoltava pendendo dalle sue labbra).
© 2023 The Enduring Word Bible Commentary by David Guzik – ewm@enduringword.com