Matteo 18 – Qualità e Atteggiamenti dei Cittadini del Regno
Tra i membri della comunità separatista di Qumran – coloro che custodivano i Rotoli del Mar Morto, scoperti più avanti nel XX secolo – è stato rinvenuto un “Manuale di Disciplina” (conosciuto dagli studiosi come 1QS). Alcuni pensano che Matteo 18 sia una versione della chiesa primitiva di un “Manuale di Disciplina”. C’era però una grande differenza tra Matteo 18 e il manuale in possesso degli Esseni di Qumran. Il loro Manuale di Disciplina si occupava di molte regole specifiche; qui Gesù affronta i principi e le attitudini che dovrebbero contraddistinguere il Suo popolo nelle sue relazioni interpersonali.
A. Il cuore di un bambino e la cura per i piccoli fanciulli di Dio.
1. (1) I discepoli pongono una domanda.
In quell’ora i discepoli si accostarono a Gesù e gli chiesero: «Chi, dunque, è il più grande nel regno dei cieli?».
a. Chi, dunque, è il più grande: I discepoli mostravano spesso interesse per la questione della grandezza. Sembra che abbiano posto la domanda pensando che Gesù avesse già scelto tra loro il più grande, o magari per indurlo a scegliere uno di loro.
i. Possiamo immaginare i discepoli mentre discutevano su chi tra loro fosse il più grande (come fecero in Luca 9:46 e in altri passi), per poi dire: “Lasciamo che sia Gesù a deciderlo”.
ii. “Egli parlava della Sua umiliazione, essi pensavano alla loro promozione; e tutto ciò ‘in quel momento’ (Nuova Riveduta).” (Spurgeon)
b. È il più grande nel regno dei cieli: I discepoli volevano sapere chi di loro avrebbe ricoperto la posizione più alta nel governo che Gesù avrebbe presto istituito.
i. “Senza dubbio immaginavano un regno secolare del Messia, in cui sarebbero state assegnate delle cariche.” (Poole) “Sognavano una distribuzione di onori e di cariche, una monarchia secolare, come i regni della terra.” (Trapp)
2. (2-4) Gesù presenta un bambino come esempio di umiltà.
E Gesù, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli. Chi, dunque, si umilierà come questo piccolo fanciullo, sarà il più grande nel regno dei cieli».
a. Gesù, chiamato a sé un piccolo fanciullo: Gesù avrebbe potuto rispondere alla domanda “chi è il più grande?” indicando sé stesso. Invece, Egli attirò la loro attenzione alla Sua natura, facendo sì che guardassero a un bambino come esempio.
i. Il fatto che il bambino andò da Gesù, dopo essere stato chiamato, ci rivela qualcosa di Lui. Era il tipo d’uomo da cui i bambini andavano volentieri.
ii. Ci dice anche qualcosa su Pietro. Se Pietro fosse stato considerato realmente il primo papa nel modo in cui i Papi sono considerati nella teologia e nella storia cattolica romana, Gesù avrebbe dovuto proclamare Pietro il più grande nel regno dei cieli.
iii. “Secondo una tradizione, questo bambino crebbe e diventò Ignazio di Antiochia, che successivamente divenne un grande servo della Chiesa, un grande scrittore e, infine, un martire per Cristo.” (Barclay) Clarke indica che tale tradizione proviene dallo scrittore cristiano Niceforo, che afferma che Ignazio fu ucciso da Traiano nel 107 d.C. Tuttavia, Clarke scrive anche a riguardo di Niceforo che “non ci si può fidare molto di lui, essendo debole e credulone”.
b. Se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli: Si trattò probabilmente di una grande delusione per i discepoli. Sapevano che a quel tempo i bambini venivano considerati più come proprietà che come individui. Era perciò sottinteso che i bambini venivano visti, ma non ascoltati. Gesù disse che dobbiamo avere questo tipo di atteggiamento di umiltà per poter entrare nel regno, figuriamoci per poter essere il più grande nel regno dei cieli.
i. “Un bambino era una persona che non aveva alcuna importanza nella società giudaica, soggetto all’autorità dei suoi anziani, mai preso sul serio se non come una responsabilità, qualcuno a cui bisognava badare, non qualcuno da prendere come modello.” (France)
ii. I bambini non rappresentano una minaccia; non abbiamo paura di incontrarne uno di cinque anni in un vicolo buio. Quando abbiamo una presenza dura e intimidatoria, non siamo come Gesù.
iii. I bambini non sono bravi a ingannare; falliscono alquanto miseramente nel prendere in giro i propri genitori. Quando siamo bravi a nasconderci e ad ingannare gli altri, non siamo come Gesù.
iv. “Il bambino è presentato come un ideale non di innocenza, di purezza e di fede, ma di umiltà e di noncuranza dello status sociale.” (Carson)
v. Gesù sapeva che dobbiamo essere convertiti per diventare come piccoli fanciulli. Non è nella nostra natura abbassarci e umiliarci.
c. Chi… si umilierà come questo piccolo fanciullo, sarà il più grande nel regno: Gesù, quindi, affrontò la questione della grandezza. Avvicinandoci sempre più al posto di umiltà occupato da un bambino in quella cultura, saremo allora sulla strada per la grandezza nel Suo regno.
i. “Si umilierà non si riferisce a un ascetismo volontario o a una finta modestia ipocrita… ma all’accettazione di una posizione inferiore (come fece Gesù, Filippesi 2:8, dove viene usata la stessa espressione).” (France)
ii. “I bambini non cercano di essere umili, lo sono; lo stesso vale per le persone davvero benevoli. L’imitazione di umiltà è nauseante; la realtà è attraente.” (Spurgeon)
iii. Sappiamo che un solo Uomo era effettivamente il più grande nel regno: Gesù Cristo. Ciò significa che Gesù stesso era umile come un piccolo fanciullo. Non si preoccupava del Suo status. Non doveva essere per forza al centro dell’attenzione. Non era capace di ingannare e non aveva una presenza minacciosa.
3. (5-6) Guai a coloro che fanno inciampare uno di questi piccoli!
«E chiunque riceve un piccolo fanciullo come questo in nome mio, riceve me. Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata una macina d’asino al collo e che fosse sommerso nel fondo del mare».
a. Chiunque riceve un piccolo fanciullo come questo in nome mio, riceve me: Dal momento che la natura di Gesù è come quella di uno di questi piccoli fanciulli, il modo in cui trattiamo coloro che sono umili come bambini mostra ciò che pensiamo della natura di Gesù.
i. “Non sono i benvenuti perché sono grandi, saggi o potenti, ma perché vengono nel nome di Gesù – ovvero, appartengono a Lui.” (Carson) “Il fatto essenziale nella trasformazione operata da Cristo è che Egli muta i grandi in piccoli fanciulli.” (Morgan)
ii. È, in realtà, facile disprezzare gli umili. Sono dei perdenti, una razza che non la spunterà mai in un mondo competitivo, aggressivo e frenetico come il nostro. Tuttavia, quando disprezziamo le persone umili, disprezziamo anche Gesù.
b. Chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me: Gesù prende sul serio quando uno dei Suoi piccoli viene scandalizzato e indotto al peccato. “Piccoli” non solo significa “fanciulli”, ma indica anche coloro che si umiliano come dei bambini nella maniera descritta da Gesù.
i. È una cosa malvagia peccare, ma è un male ancora più grande far cadere gli altri nel peccato. Ma indurre uno dei piccoli di Gesù a peccare è molto peggio, perché così si avvia la persona verso un episodio singolo o una routine di peccato che corrompe tutta la sua innocenza.
c. Sarebbe meglio per lui che gli fosse legata una macina d’asino al collo e che fosse sommerso nel fondo del mare: Viene descritta qui una punizione severa. Sarebbe meglio per colui che causa lo scandalo ricevere la punizione della macina d’asino.
i. C’era la certezza che la macina e chiunque vi fosse legato sarebbero affondati e non sarebbero mai più risaliti a galla. Ed era una gran bella macina. “Gran parte delle macine erano degli strumenti manuali per uso domestico… qui si intende la pietra pesante trainata da un asino.” (Carson)
ii. “Nella parte profonda del mare.” (Bruce) “Inoltre, l’immagine stessa dell’annegamento era terrificante per i Giudei. L’annegamento era una pena applicata a volte dai Romani, ma mai dai Giudei.” (Barclay)
4. (7) Gli scandali sono inevitabili, ma non dobbiamo esserne parte.
«Guai al mondo per gli scandali! Perché è necessario che avvengano gli scandali, ma guai a quell’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!»
a. Guai al mondo per gli scandali! Il primo guaio è un grido di pietà per un mondo a rischio di scandali.Il secondo guaio è un avvertimento per colui che porta o presenta il male agli altri.
i. “Dio ha così ordinato nella sapienza della Sua provvidenza, che Egli non reprimerà la cupidigia del cuore di ogni uomo, ma consentirà che alcuni camminino nelle proprie vie.” (Poole)
b. Guai a quell’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo: Viviamo in un mondo corrotto ed è inevitabile che il peccato, il dolore e gli scandali si verifichino.Eppure, la persona che causa lo scandalo è colpevole di fronte a Dio e non ha scuse.
i. Questo ci insegna che possiamo lasciar andare la rabbia e l’amarezza causateci da ciò che le persone hanno fatto contro di noi. Dio ha promesso di occuparsi di coloro per colpa dei quali avviene lo scandalo.
ii. Se Dio promette di occuparsi di coloro che scandalizzano i Suoi, è la riprova che Egli difende e protegge i Suoi. Questo ci insegna che, in Gesù Cristo, non c’è persona che può rovinare la nostra vita. Se qualcuno causa degli scandali o delle offese nella nostra vita, Dio se ne occuperà, ma non ci abbandonerà in questo tempo o nell’eternità.
5. (8-9) In vista del giudizio che incombe su coloro che inducono gli altri a peccare, vale la pena sacrificarsi nella battaglia contro il peccato.
«Ora, se la tua mano, o il tuo piede, ti è occasione di peccato, mozzalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. Parimenti, se il tuo occhio ti è occasione di peccato, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita avendo un occhio solo che, avendone due, esser gettato nella Geenna del fuoco».
a. Se la tua mano, o il tuo piede, ti è occasione di peccato, mozzalo e gettalo via da te: Alcuni si astengono dal peccato solo se è facile o conveniente evitarlo. Gesù ci avverte che dobbiamo essere disposti a sacrificarci nella battaglia contro il peccato, che non c’è nulla di peggio che trovarsi di fronte all’ira di un Dio giusto. È veramente meglio sacrificarsi nella battaglia contro il peccato adesso che affrontare la pena eterna dopo.
b. Se il tuo occhio ti è occasione di peccato, cavalo e gettalo via da te: Si incontrano dei problemi significativi se si prendono queste parole come delle istruzioni alla lettera, piuttosto che come un messaggio che vuole impartire un atteggiamento. Il problema non solo ha a che fare con il danno fisico evidente che ci si può causare, ma maggiormente con il fatto che la mutilazione del corpo non è sufficiente a controllare il peccato. Dobbiamo essere trasformati dall’interno.
i. Se mi mozzo la mano destra, posso ancora peccare con la sinistra. Se il mio occhio sinistro è stato cavato, posso comunque peccare con il destro – e, se mi sbarazzo di tutte queste parti del corpo, posso ancora peccare nel mio cuore e nella mia mente. Dio ci chiama a una trasformazione molto più radicale di quanto possa fare qualsiasi tipo di mutilazione corporea.
6. (10) Un ulteriore riferimento alla nostra responsabilità di proteggere i piccoli di Dio.
«Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccoli, perché io vi dico che gli angeli loro vedono continuamente nei cieli la faccia del Padre mio, che è nei cieli».
a. Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccoli: Poiché la mente e gli occhi di Dio sono sempre sui Suoi piccoli, faremo bene a trattarli con amore e rispetto. Dio protegge gli umili.
b. Gli angeli loro: Questo viene spesso considerato un riferimento agli “angeli custodi”. Certamente, abbiamo degli angeli che vegliano su di noi e ci ministrano (Ebrei 1:14), ma non c’è bisogno di limitare questo a un solo “angelo custode” in particolare.
7. (11-14) I discepoli devono avere lo stesso cuore e la stessa cura di Gesù per i singoli individui.
«Poiché il Figlio dell’uomo è venuto per salvare ciò che era perduto. Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore ed una di esse si smarrisce, non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? E se gli capita di ritrovarla, io vi dico in verità che si rallegrerà più di questa, che delle novantanove che non si erano smarrite. Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neppure uno di questi piccoli perisca».
a. Non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? Questa storia dimostra il valore che Dio dà ai singoli individui. Gesù ci esorta a riflettere la stessa cura.
i. Questa parabola è simile seppur differente dalla parabola della Pecora Smarrita presente in Luca 15:3-7. “Le prove suggeriscono che si tratti di due parabole simili, entrambe insegnate da Gesù, ma con due obiettivi differenti.” (Carson)
ii. Qui Gesù enfatizza l’amore e la cura che dovremmo avere per tutti quelli nella comunità cristiana. “La prima tentazione è quella di disprezzarne una, perché è solo una; la seconda è quella di disprezzarne una, perché è tanto piccola; la terza, e forse la più pericolosa, forma di tentazione è disprezzarne una, perché si è smarrita.” (Spurgeon)
iii. Quella smarrita: “Oh, quanto dovremmo amare i peccatori, dato che Gesù ci ha amato ed è morto per noi mentre eravamo ancora peccatori! Deve importarci degli ubriaconi mentre si passano ancora il boccale; dei bestemmiatori anche mentre li sentiamo imprecare… Non dobbiamo aspettare di vedere qualcosa di buono in loro, ma dobbiamo sentire un interesse intenso per loro per ciò che sono – smarriti e perduti.” (Spurgeon)
b. Se gli capita di ritrovarla, io vi dico in verità che si rallegrerà più di questa: Il pastore era felice di aver ritrovato la pecora. Non era arrabbiato né amareggiato che il suo duro lavoro o il suo tempo fossero andati sprecati. La sua gioia era traboccante.
i. Barclay sottolinea che questa parabola ci mostra il carattere dell’amore di Dio, che somiglia alla cura che un pastore ha per una pecora smarrita.
·È un amore individuale.
·È un amore paziente.
·È un amore che cerca.
·È un amore che si rallegra.
·È un amore che protegge.
c. Così è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neppure uno di questi piccoli perisca: Alcuni fondano su questo la certezza che i bambini, prima dell’età della ragione, siano salvati. Ma ciò è assolutamente certo solo per i figli dei credenti (1 Corinzi 7:14). Per quanto riguarda gli altri, dobbiamo confidare nella misericordia di Dio e nella consapevolezza che il Giudice di tutta la terra opererà secondo giustizia (Genesi 18:25).
B. Affrontare il peccato nella Comunità del Regno.
1. (15) Se qualcuno pecca contro di te, va’ e affronta direttamente la parte colpevole.
«Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello».
a. Va’ e riprendilo fra te e lui solo: È essenziale che andiamo prima dal fratello che ha offeso – senza lamentarci e spettegolare di lui con gli altri, specialmente con la scusa di condividere una richiesta di preghiera o di cercare consiglio. Piuttosto, parla alla parte interessata direttamente.
i. Sarebbe sbagliato da parte di chiunque considerare queste parole dette da Gesù come un comando ad affrontare tuo fratello per ogni peccato che commette contro di te. La Bibbia dice che dovremmo sopportarci gli uni gli altri ed essere pazienti gli uni verso gli altri. Tuttavia, è chiaro che ci sono cose che non possiamo sopportare a lungo e che quindi dobbiamo affrontare.
ii. Possiamo affermare che Gesù ci dà due opzioni quando il nostro fratello ha peccato contro di noi. Puoi andare da lui direttamente e affrontare la questione, oppure puoi lasciar perdere in nome della pazienza e della sopportazione cristiana gli uni verso gli altri. Le altre opzioni – covare amarezza, vendicarsi, spettegolare con gli altri riguardo al problema – non sono ammesse.
iii. “Non dobbiamo permettere all’oltraggio di bruciare in noi mantenendo un silenzio arcigno, né ci è permesso di sbandierare a tutti l’accaduto. Dobbiamo cercare il trasgressore e informarlo della sua colpa come se non ne fosse consapevole; com’è possibile che effettivamente non lo sia.” (Spurgeon)
b. Se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello: Lo hai guadagnato in due modi. Primo, il problema è stato risolto. Magari tu ti sei reso conto che lui aveva ragione per certi versi e lui si è reso conto che tu avevi ragione per altri versi, ma il problema è stato risolto. Secondo, lo hai guadagnato perché non hai fatto il torto a tuo fratello di andare dagli altri con pettegolezzi e con solo metà della vostra disputa.
i. Una cosa importante è che Gesù non ha detto che tuo fratello deve essere d’accordo con te o deve ravvedersi immediatamente davanti a te. All’inizio, è sufficiente che ti ascolti.
2. (16-18) Se qualcuno nella chiesa è cocciutamente impenitente, sia allontanato dalla comunione fraterna.
«Ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità vi dico che tutte le cose che voi avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo.
a. Se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone: La cerchia di persone coinvolte nella situazione si allarga solo se colui che ha recato l’offesa rifiuta di ascoltare. Se l’atteggiamento caparbio e impenitente rimane, bisogna negargli la comunione fraterna (sia per te come il pagano).
i. È anche vero che una o due persone, dopo aver ascoltato la storia di entrambe le parti, possano risolvere la questione attribuendo a ciascuno la propria responsabilità in maniera diversa da come la persona offesa si era prefigurata.Il primo a perorare la propria causa sembra che abbia ragione; ma viene poi l’altro e lo esamina. (Proverbi 18:17) Il fine dev’essere il ristabilimento della relazione piuttosto che una dimostrazione di chi ha ragione.
ii. “Sebbene sia molto imprudente interferire nelle liti altrui, è chiaro da questo testo, tuttavia, che dovremmo essere disposti a essere uno dei due o tre chiamati ad aiutare nel risolvere la divergenza.” (Spurgeon)
b. Come il pagano e il pubblicano: La persona impenitente deve essere trattata proprio come tratteremmo il pagano e il pubblicano – con grande amore, con l’obiettivo di portare pieno ravvedimento e riconciliazione.
i. Quindi, se la questione non può essere risolta, allora bisogna considerare la persona come il pagano e il pubblicano. Tale concetto di vedersi negate posizione e partecipazione in toto nel corpo di Cristo è ciò che Paolo intendeva quando scrisse che quel tale sia consegnato a Satana (1 Corinzi 5:1-8, Nuova Riveduta). In un certo senso, la persona impenitente viene punita mediante la sua esclusione dalla benedizione e dalla protezione della comunione fraterna.
ii. “Non c’è, ovviamente, nessuna indicazione in questo versetto di come o da chi debba essere esercitata questa autorità della congregazione; non viene fatta menzione dei leader o degli anziani nella chiesa.” (France)
c. Tutte le cose che voi avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo: Se questo procedimento viene eseguito umilmente e in accordo alla Parola, diventa alquanto vincolante agli occhi di Dio, anche se la persona impenitente inizia a frequentare un’altra chiesa.
i. “Legare e sciogliere in senso generico = esercitare il giudizio in relazione alla condotta; qui in senso specifico = trattare il peccato come perdonabile o no.” (Bruce)
ii. “Ogni chiesa detiene le chiavi della propria porta. Quando quelle chiavi sono girate in maniera corretta dall’assemblea quaggiù, l’atto viene ratificato lassù.” (Spurgeon)
3. (19-20) La potenza e la benedizione nella comunione fraterna che vengono negate all’impenitente.
«Ancora io vi dico che, se due di voi si accordano sulla terra per domandare qualunque cosa, questa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
a. Se due di voi si accordano sulla terra: C’è vera potenza quando c’è accordo nella preghiera e nella presenza di Gesù. Questo è esattamente ciò che gli impenitenti si perdono.
i. In greco antico, si accordano significa letteralmente “armonizzarsi”. Gesù vuole che ci completiamo come una grande orchestra. “È una metafora ricavata da un insieme di strumenti musicali accordati alla medesima tonalità, che suonano la stessa melodia; qui indica un accordo perfetto dei cuori, dei desideri, delle volontà e delle voci di due o più persone che pregano Dio.” (Clarke)
b. Questa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli: Dobbiamo approfittare della potenza dell’essere concordi, che opera secondo il principio descritto in Levitico 26:8, dove cinque mettevano in fuga cento nemici, cento ne mettevano in fuga diecimila. Si parla di una differenza tra uno che ne sconfigge 20 e uno che ne sconfigge 100. C’è vera potenza, potenza esponenziale, nella preghiera fatta in accordo.
i. “Forse l’esatta richiesta da loro presentata non sarà, a quanto pare, concessa. Ricorda che Dio spesso ascolta la preghiera di tutte le nostre preghiere [sia fatta la tua volontà in terra come in cielo] e risponde a quella piuttosto che alle preghiere in sé.” (Spurgeon)
c. Dovunque due o tre sono riuniti: Qui Gesù ha voluto intendere che le riunioni del Suo popolo – incontri pieni di potenza e autorità e connessi con il cielo – non hanno bisogno di essere dei grandi raduni. Possono constare di due o tre dei Suoi seguaci alla volta.
i. “Gesù è presente tanto nelle piccole congregazioni quanto nelle grandi riunioni di massa… Egli non è schiavo dei numeri.” (Barclay)
ii. Una riunione di due o tre è facile da organizzare. C’è sempre qualcuno a portata di mano e non è difficile trovare un posto dove incontrarsi.
iii. “Due o tre vengono menzionati non per incoraggiare l’assenteismo, ma per rallegrare i pochi fedeli che non dimenticano la comune adunanza, come fanno alcuni.” (Spurgeon)
·Questo ci mostra che i grandi numeri non sono essenziali.
·Questo ci mostra che il rango delle persone non è essenziale.
·Questo ci mostra che il luogo specifico non è essenziale.
·Questo ci mostra che il tempo specifico non è essenziale.
·Questo ci mostra che la particolare forma che l’incontro potrebbe assumere non è essenziale.
d. Sono riuniti nel mio nome: Questo ci mostra che incontrarsi nel nome di Gesù è la cosa davvero essenziale.
·Riunirsi nel Suo nome significa che siamo conosciuti a motivo Suo e del Suo nome.
·Riunirsi nel Suo nome significa che Egli è il nostro punto di raccolta; ci riuniamo intorno a Gesù.
·Riunirsi nel Suo nome significa venire insieme in accordo al carattere e alla natura di Gesù.
·Riunirsi nel Suo nome significa venire insieme in un modo che Gesù approverebbe.
e. Io sono in mezzo a loro: Ciò vuol dire che Gesù non si trova lì davanti, vicino al ministro o ai leader. Egli è nel mezzo per essere vicino a tutti. Significa che deve essere proclamato e rivelato a tutti. Alcuni, finito il culto, escono dalla propria chiesa dicendo: “Hanno portato via il mio Signore, e io non so dove l’abbiano posto”.
i. “I nostri incontri sono nel nome di Gesù e perciò Lui è presente; vicino non solo al leader o al ministro, ma in mezzo e quindi vicino ad ogni adoratore.” (Spurgeon)
ii. Io sono in mezzo a loro: “Nessuno se non Dio avrebbe potuto proferire queste parole e pronunciarle in verità, perché Dio soltanto è presente ovunque, dato che queste parole si riferiscono alla Sua onnipresenza… Si osservi che Gesù non è in mezzo a loro per individuare i loro peccati, né per annotare le imperfezioni della loro adorazione; piuttosto, per illuminarli, fortificarli, consolarli e salvarli.” (Clarke)
C. Il perdono nella Comunità del Regno: Parabola del Servitore Spietato
1. (21-22) La domanda di Pietro riguardo al perdono e la risposta di Gesù.
Allora Pietro, accostatosi, gli disse: «Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte gli dovrò perdonare? Fino a sette volte?». Gesù gli disse: «Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette».
a. Fino a sette volte? Pietro, alla luce di quanto detto da Gesù sull’essere in accordo e sull’unità, sperava di sembrare particolarmente amorevole suggerendo di perdonare un fratello ravveduto fino a sette volte, quando tre volte era il limite accettato, come insegnato da molti rabbini giudei del tempo.
i. “I rabbini, dopo aver discusso della questione, raccomandavano non più di tre volte… Sebbene il sette volte di Pietro fosse dunque generoso, la risposta di Gesù abolisce tutti i limiti e i calcoli.” (France)
b. Fino a settanta volte sette: Gesù rispose inaspettatamente, dicendo che dobbiamo perdonare la persona pentita un numero illimitato di volte. Illimitato è sicuramente l’idea alla base di fino a settanta volte sette; sarebbe strano se Gesù si aspettasse da parte nostra di contare le offese recateci fino a 490 e alla 491ª di negare il perdono.
i. “La Sua allusione a Genesi 4:24 contrappone chiaramente la vendicatività illimitata di Lamek al perdono illimitato del discepolo.” (France)
2. (23-24) Il debito del primo servitore.
«Perciò il regno dei cieli è simile ad un re, il quale volle fare i conti con i suoi servi. Avendo iniziato a fare i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti».
a. Il quale volle fare i conti con i suoi servi: Il re di questa parabola si aspettava che i suoi servi fossero fedeli e onesti nel modo in cui conducevano i suoi affari. Per questo motivo, un giorno esaminò il loro lavoro e volle fare i conti con loro.
b. Che gli era debitore di diecimila talenti: I commentatori stimano il valore odierno di 10.000 talenti tra i 12 milioni e il miliardo di dollari americani. Chiaramente, la cifra rappresenta un debito inestinguibile.
3. (25-27) Il padrone condona il debito.
«E non avendo questi di che pagare, il suo padrone comandò che fosse venduto lui con sua moglie, i suoi figli e tutto quanto aveva, perché il debito fosse saldato. Allora quel servo, gettandosi a terra, gli si prostrò davanti dicendo: “Signore, abbi pazienza con me e ti pagherò tutto”. Mosso a compassione, il padrone di quel servo lo lasciò andare e gli condonò il debito».
a. Il suo padrone comandò che fosse venduto lui: Naturalmente, l’uomo non aveva di che pagare. Perciò, il padrone ordinò che fossero venduti il debitore, la sua famiglia e tutto ciò che possedeva. Ciò non avrebbe coperto l’intero debito; gli schiavi, nel migliore dei casi, venivano venduti a un talento ciascuno (e di solito venivano venduti per molto meno), però avrebbe portato una certa misura di giustizia.
i. “Il prezzo massimo di uno schiavo raggiungeva circa un talento, ma un decimo di quella somma o meno era più frequente.” (Carson)
b. Signore, abbi pazienza con me e ti pagherò tutto: La promessa del servo era assurda. Parlava come se tutto ciò di cui aveva bisogno fosse pazienza; disse che, se avesse avuto tempo a sufficienza, sarebbe riuscito realmente a pagare quel debito enorme. I discepoli che ascoltavano Gesù pensarono probabilmente che fosse divertente.
i. Tanti poveri peccatori sono molto ricchi di propositi. Questo servo-debitore credeva di aver bisogno solo di pazienza; in realtà, aveva bisogno di perdono!” (Spurgeon)
c. Mosso a compassione, il padrone di quel servo lo lasciò andare e gli condonò il debito: Condonando un debito che ovviamente non si sarebbe mai potuto restituire, il padrone mostrò misericordia suscitata dalla compassione – indipendentemente da tutte le promesse fatte dal servo.
4. (28-30) Il servitore perdonato si rifiuta di perdonare.
«Ma quel servo, uscito fuori, incontrò uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari; e, afferratolo per la gola, lo soffocava dicendo: “Pagami ciò che mi devi”. Allora il suo conservo, gettandosi ai suoi piedi, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto”. Ma costui non volle, anzi andò e lo fece imprigionare, finché non avesse pagato il debito».
a. Uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari: Il servo a cui era stato appena perdonato un debito inestinguibile, uscito fuori, incontrò la persona che gli doveva del denaro.Non appena lo incrociò, lo assalì immediatamente (afferratolo per la gola), pretendendo di essere pagato.
i. Il debito era reale. 100 denari equivalevano più o meno alla paga di 100 giornate di lavoro. Non si trattava di una somma trascurabile, ma, paragonata al debito condonatogli dal suo padrone, non era quasi nulla. Era sostanzialmente 1/600.000 del debito dovuto al padrone dal primo servo.
ii. Afferratolo per la gola: “Non c’è parola che io conosca che esprima così pienamente il significato dell’originale…come il termine anglosassone throttle: significava (come nel greco) quasi soffocare una persona, afferrandole la gola.” (Clarke)
iii. “Il debito era molto, molto esiguo, ma la pretesa era animata da un’intensa ferocia. Le nostre piccole pretese nei confronti dei nostri simili sono troppo inclini ad essere sollecitate con una severità spietata.” (Spurgeon)
b. Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto: L’uomo che doveva il debito minore fece la stessa supplica e la stessa promessa che portarono misericordia all’uomo dal debito maggiore. Ma non valsero a nulla, così il servo perdonato fece imprigionare il suo debitore.
5. (31-34) Giudizio del servo spietato.
«Ora gli altri servi, visto quanto era accaduto, ne furono grandemente rattristati e andarono a riferire al loro padrone tutto ciò che era accaduto. Allora il suo padrone lo chiamò a sé e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché mi hai supplicato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?”. E il suo padrone, adiratosi, lo consegnò agli aguzzini finché non avesse pagato tutto quanto gli doveva».
a. Gli altri servi, visto quanto era accaduto: Nella parabola non si dice se la coscienza del primo servo lo abbia accusato per la sua condotta. Furono gli altri servi ad accorgersi del male perpetrato.
i. “Altri videro la malvagità della sua condotta quando lui non ne era in grado.” (Spurgeon) A volte siamo terribilmente – e a nostra vergogna – ciechi di fronte alla nostra condotta peccaminosa e carnale.
b. Servo malvagio… lo consegnò agli aguzzini finché non avesse pagato tutto quanto gli doveva: Quando il padrone ne fu informato, comprensibilmente si arrabbiò. Era semplicemente sbagliato che un uomo a cui era stato perdonato davvero tanto fosse così spietato. Perciò, diede al primo servo ciò che si meritava – giustizia invece di misericordia.
6. (35) Il perdono autentico, dal cuore, è richiesto a tutti coloro che sono stati perdonati.
«Così il mio Padre celeste farà pure a voi, se ciascuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello i suoi falli».
a. Così il mio Padre celeste farà pure a voi: Il principio è chiaro. Dio ci ha perdonato un debito così grande che qualsiasi debito verso di noi è assolutamente insignificante in confronto. Non c’è persona che possa offendermi nella stessa misura in cui i miei peccati hanno offeso Dio. Questo principio dev’essere applicato non solo alle piccole cose che ci vengono fatte, ma anche alle grandi.
i. “Incorriamo in un’ira maggiore negando il perdono, che per tutto il resto dei nostri debiti.” (Spurgeon)
b. Se ciascuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello i suoi falli: Con questa affermazione Gesù insegnò un principio importante ma spesso trascurato che riguarda il perdono. Ci sono molti cristiani sinceri che rifiutano il perdono agli altri per i motivi sbagliati – e si sentono completamente giustificati nel farlo.
i. Il loro ragionamento è questo: Non dovremmo perdonare la persona che pecca contro di noi se non si è ravveduta come si deve. Questo perché il ravvedimento viene menzionato nel contesto dei comandamenti che abbiamo di perdonare (come in Luca 17:4) e perché il nostro perdono verso gli altri dev’essere secondo il modello del perdono di Dio verso di noi. Dal momento che Dio non ci perdona senza ravvedimento, anche noi dovremmo perdonare gli altri solo se si ravvedono adeguatamente nei nostri confronti. Abbiamo persino il dovere di trattenere tale perdono e di giudicare il loro pentimento, perché in definitiva, in questo modo, lo facciamo nel loro interesse.
ii. Questo modo di pensare – anche se in buona fede – è sbagliato e soprattutto pericoloso. Questa parabola ci mostra perché sbagliamo quando pensiamo: “Dio non mi perdona se non mi ravvedo; pertanto, devo rifiutare il perdono a coloro che peccano contro di me finché non si saranno ravveduti come si deve”. Un pensiero del genere è sbagliato, perché io non sono al posto di Dio e mai potrei esserlo. Dio è Colui che non è mai stato perdonato e non ha mai avuto bisogno di perdono; io invece sono colui che è stato perdonato e ha continuo bisogno di perdono.
iii. Perciò – quando possibile – dovremmo essere molto più veloci a perdonare di quanto lo sia Dio senza la precondizione del ravvedimento, perché siamo dei peccatori perdonati che devono, a loro volta, perdonare. Abbiamo un obbligo di perdonare molto maggiore di quello di Dio.
iv. Poiché ci è stato perdonato tanto, non abbiamo alcun diritto di rifiutare il perdono agli altri. Siamo dei debitori a cui è stato perdonato un debito quasi infinito; ci aggrapperemo ai piccoli debiti che gli altri ci devono? Se c’è qualcuno che ha il diritto di rifiutare il perdono, questo è Dio – ed Egli perdona in maniera più generosa e completa di chiunque altro. A quale diritto potremmo mai appellarci così da giustificare la nostra mancanza di perdono?
v. È altresì importante comprendere che si può e si dovrebbe fare una distinzione tra il perdono e la riconciliazione. La vera riconciliazione di una relazione può avvenire solo quando entrambe le parti sono concordi, rendendo possibilmente necessario il ravvedimento di una o di entrambe le parti del conflitto. Il perdono però può essere unilaterale.
vi. Inoltre, il perdono non protegge necessariamente qualcuno dalle conseguenze civili o pratiche del loro peccato. Per esempio, per quanto un padrone di casa possa perdonare personalmente l’uomo che gli ha svaligiato la casa, è pur sempre giusto che lo scassinatore sia arrestato e messo in prigione. A livello personale, il perdono è richiesto. A livello civile e sociale, l’uomo deve essere punito dai magistrati (Romani 13).
vii. Nondimeno, il principio chiaramente rimane. Nel contesto, questa parabola è stata data per renderci più inclini al perdono, non meno inclini. Nessuno potrebbe leggere ragionevolmente questa parabola e pensare che Gesù cercasse di limitare il perdono dei Suoi discepoli.
viii. Le persone che leggono: “Siate dunque un po’ taccagni con il perdono, come anche il Padre vostro che è nei cieli è un po’ taccagno con il perdono” mancano completamente il senso della parabola. Piuttosto, siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso (Luca 6:36).
ix. Di cuore: Questo rende il comandamento ancora più forte. “Se perdoniamo solo a parole e non di cuore, rimaniamo sotto la stessa condanna.” (Spurgeon)
c. Così il mio Padre celeste farà pure a voi: Sarebbe sbagliato dedurre da questo che la stessa mancanza di perdono sia il peccato imperdonabile. È meglio affermare invece che il perdono concesso è la prova del perdono veramente ricevuto e che una mancanza di perdono abituale può essere la dimostrazione di un cuore che non è mai stato veramente toccato dall’amore di Gesù.
i. “Coloro che non perdonano non possono aspettarsi di essere perdonati.” (France) Come scritto più tardi da Giacomo, il giudizio è senza misericordia contro chi non ha usato misericordia. (Giacomo 2:13, Nuova Riveduta)
ii. In aggiunta, ci ricordiamo della punizione subita dall’uomo spietato nella parabola di Gesù: il padrone lo diede in man de’ sergenti, da martoriarlo (Diodati). Ci sono molte povere anime che sono martoriate dalla loro stessa mancanza di perdono verso gli altri.
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