Matteo 19




Matteo 19 – Gesù Insegna sul Matrimonio, il Divorzio, le Ricchezze e il Discepolato

A. Gesù insegna sul matrimonio, il divorzio e il celibato.

1. (1-2) Gesù si dirige verso la Giudea e Gerusalemme.

Quando Gesù terminò questi discorsi, partì dalla Galilea e venne nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. Grandi folle lo seguirono, e là egli le guarì.

a. Partì dalla Galilea e venne nel territorio della Giudea: I resoconti di Matteo, Marco e Luca si concentrano sul ministero di Gesù in Galilea ed enfatizzano la Sua presenza a Gerusalemme soltanto poco prima della Sua crocifissione e resurrezione. Sarebbe però un errore credere che questo viaggio dalla Galilea al territorio della Giudea fosse insolito per Gesù. Il Vangelo di Giovanni ci racconta delle molte visite precedenti fatte da Lui in Giudea e a Gerusalemme.

i. “Al territorio della Giudea attraverso la Perea, cioè lungo la riva orientale del Giordano.” (Bruce) Marco 10:1 e Luca 9:51 indicano lo stesso viaggio.

ii. “Sembra molto probabile, dunque, che il percorso del viaggio di Cristo Lo abbia condotto lungo la sponda del fiume Giordano e non al di là. A conferma del fatto che la parola greca peran, specialmente nel caso genitivo come qui, assuma a volte questa connotazione, vedi Giovanni 6:22.” (Clarke)

b. Grandi folle lo seguirono, e là Egli le guarì: Matteo lo precisa affinché i suoi lettori comprendano che la popolarità e la potenza di Gesù non erano limitate alla sola Galilea. Erano visibili anche in Giudea.

i. “Egli le guarì, dice il testo; non dice però che credettero in Lui.” (Poole)

ii. Lo seguirono, “alcuni per essere ammaestrati, alcuni per essere guariti, alcuni per curiosità e alcuni per incastrarlo.” (Clarke)

2. (3) I farisei tentano di mettere in trappola Gesù.

Allora gli si accostarono alcuni farisei per tentarlo, e gli dissero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?».

a. Gli si accostarono alcuni farisei per tentarlo: Da qui continua il tema del conflitto e della controversia con i capi religiosi, i quali in Matteo già avevano interrogato Gesù mentre svolgeva la Sua opera in Galilea. Qui Egli venne interrogato da loro mentre si trovava in Giudea – e le loro domande non erano sincere. Gli fecero questa domanda per tentarlo. Speravano di poter incastrare Gesù.

b. È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie: Il divorzio era un argomento controverso ai tempi di Gesù, con due principali scuole di pensiero incentrate su due dei suoi sostenitori più famosi. La prima era la scuola del Rabbino Shammai (una visione più rigida e meno popolare) e la seconda era la scuola del Rabbino Hillel (una visione più flessibile e popolare).

i. Tra i Giudei del tempo il matrimonio era considerato un dovere sacro. Se un uomo fosse rimasto celibe dopo i 20 anni – eccetto che per concentrarsi sullo studio della legge – sarebbe stato considerato colpevole di aver infranto il comandamento di Dio “siate fruttiferi e moltiplicatevi”. Secondo Barclay, affermavano che un uomo, non avendo figli, uccideva la propria discendenza e aveva diminuito la gloria di Dio sulla terra.

ii. In teoria, i Giudei del tempo avevano un alto ideale di matrimonio, sebbene avessero una bassa considerazione delle donne. “I Giudei avevano le donne in bassissima stima… Una moglie veniva comprata, considerata una proprietà, usata al pari di una domestica e mandata via a piacimento.” (Bruce) Anche oggi gli uomini hanno una scarsa considerazione delle donne; tragicamente, anche le donne hanno una scarsa considerazione delle donne e spesso rifiutano l’idea che le donne, in qualche modo, debbano essere diverse dagli uomini.

iii. La loro scarsa considerazione della donna significava compromettere costantemente il loro alto ideale di matrimonio; quei compromessi diventavano poi leggi, come accadde con il pensiero del Rabbino Hillel, secondo il quale “un uomo avrebbe potuto ripudiare la propria moglie se questa gli avesse rovinato la cena, se avesse tessuto o camminato con i capelli sciolti o avesse rivolto la parola a qualche uomo per strada, se avesse parlato irrispettosamente dei genitori del marito in sua presenza o se fosse stata una donna litigiosa, la cui voce si poteva udire dalla casa accanto. Il Rabbino Akiba sosteneva addirittura… che un uomo avrebbe potuto ripudiare la propria moglie se avesse trovato una donna che gli piaceva di più e considerava più avvenente.” (Barclay)

iv. “Forse speravano anche che Gesù dicesse qualcosa che lo avrebbe coinvolto nella vicenda di Erode ed Erodiade, in modo che potesse affrontare la stessa sorte del Battista.” (Carson)

c. Per qualsiasi motivo: Queste parole erano il fulcro del dibattito. Ogni scuola di pensiero riconosceva che la Legge Mosaica dava il permesso di divorziare in Deuteronomio 24:1: Quando uno prende una donna e la sposa, se poi avviene che essa non gli è più gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso (qualche impurità, NKJV), scriva per lei un libello di ripudio, glielo dia in mano e la mandi via da casa sua. Entrambe le posizioni conoscevano e credevano a ciò che è scritto in Deuteronomio 24:1; la domanda era: “Che cosa si intende per vergognoso o impurità?

i. La scuola del Rabbino Shammai riteneva che impurità significasse immoralità sessuale e la considerava come l’unica ragione valida per il divorzio. La scuola del Rabbino Hillel riteneva che con impurità si intendesse qualsiasi tipo di indiscrezione, a tal punto che, secondo alcuni rabbini, bruciare la colazione del marito rappresentava una motivazione valida per ricorrere al divorzio.

ii. Barclay dice che i rabbini avevano molti detti sui cattivi matrimoni e sulle cattive mogli. Affermavano che l’uomo con una cattiva moglie non sarebbe mai finito all’inferno, perché aveva già pagato per i propri peccati sulla terra. Dicevano che l’uomo che viene dominato da sua moglie ha una vita che non è vita. Asserivano che una cattiva moglie era per suo marito come la lebbra, la cui unica cura si poteva trovare solo nel divorzio. Dicevano anche: “Se un uomo ha una cattiva moglie, è suo dovere religioso ripudiarla”.

d. Per tentarlo: Così, con la loro domanda i farisei tentavano di indurre Gesù a schierarsi con un insegnamento o con l’altro. Se avesse concordato con la scuola meno rigida del Rabbino Hillel, sarebbe stato chiaro che Gesù non prendeva la Legge di Mosè sul serio. Se avesse concordato con la rigida scuola del Rabbino Shammai, allora Gesù avrebbe potuto perdere di popolarità tra la moltitudine, alla quale, in linea di massima, piaceva avere accesso a un divorzio facile. I capi religiosi avevano ragione di credere di essere riusciti a incastrare Gesù con questo dilemma.

3. (4-6) Prima risposta di Gesù ai farisei: tornate al matrimonio.

Ed egli, rispondendo, disse loro: «Non avete voi letto che chi li creò da principio, li creò maschio e femmina? E disse: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la propria moglie, e i due diverranno una sola carne”. E così non sono più due, ma una sola carne; quello, dunque, che Dio ha unito insieme, l’uomo non lo separi».

a. Non avete voi letto: I farisei volevano parlare di divorzio e opinioni rabbiniche, mentre Gesù voleva tornare alle Scritture e parlare di matrimonio. Gesù partì dal primo matrimonio – quello tra Adamo ed Eva. Tale enfasi sulle Scritture e sul matrimonio, invece che sul divorzio, è un approccio saggio per tutti coloro che hanno l’interesse di tenere un matrimonio insieme.

i. “Nostro Signore onora la Sacra Scrittura traendo le proprie argomentazioni da essa. Scelse in modo speciale di mettere il proprio sigillo su una parte della storia della creazione – quella storia di cui i critici moderni parlano come se fosse una favola o un mito.” (Spurgeon)

ii. “Rispondendo alla domanda, senza rifarsi a Shammai o a Hillel, ma a Mosè, il nostro benedetto Signore sconfisse la loro malizia e confuse i loro inganni.” (Clarke)

iii. “Nel caso di Adamo ed Eva, il divorzio non solo era improponibile; non solo era sbagliato; era assolutamente impossibile, per la semplicissima ragione che non c’era nessun altro che avrebbero potuto sposare.” (Barclay)

iv. Il divorzio non va visto come un’opzione pronta quando le cose si fanno difficili nella vita di coppia. Il matrimonio è come uno specchio: esso riflette ciò che vi mettiamo dentro. Se uno o entrambi i coniugi pensano sempre al divorzio come a un’alternativa adeguata, è molto più probabile che divorzieranno.

v. “Se il matrimonio è radicato nella creazione, nel modo in cui Dio ci ha creati, allora non può essere considerato semplicemente alla stregua di una relazione basata su un patto che si spezza nel momento in cui le promesse di questo patto vengono infrante.” (Carson)

b. Chi li creò da principio, li creò maschio e femmina: Nella Sua citazione di Genesi 1:27, Gesù mostrò per prima cosa che Dio ha creato uomini e donne in modo diverso e che Dio unisce uomini e donne insieme nel matrimonio. Con questo Gesù affermò l’autorità di Dio sul matrimonio; è un’istituzione di Dio, non dell’uomo – quindi è giusto dire che si applicano le Sue regole.

i. Riportando la questione al fondamento scritturale del matrimonio, Gesù disse chiaramente che le coppie devono abbandonare la loro condizione di single (l’uomo lascerà il padre e la madre) e venire insieme in una relazione dove sono una sola carne, che è sia una realtà (sono… una sola carne) che un obiettivo (diverranno una sola carne).

ii. “La legge di Dio non diceva che un uomo avrebbe dovuto lasciare la propria moglie ogni volta che ne avesse avuto l’intenzione, ma che avrebbe dovuto lasciare suo padre e sua madre piuttosto che sua moglie; che si sarebbe dovuto unire a sua moglie, vivendo e abitando con lei.” (Poole)

c. Si unirà con la propria moglie, e i due diverranno una sola carne: Se torniamo alla creazione e alla dichiarazione di Adamo in Genesi 2:23, vediamo che gli uomini e le donne (in qualità di marito e moglie) sono diversi; eppure, si uniscono e diventano uno, completandosi l’un l’altro come una sola carne.

i. Adamo affermò questo al momento della creazione di Eva. Era come se Adamo avesse detto: “Sei diversa da me, ma sei stata fatta per me e da me. Non siamo uguali, ma siamo uno”. In Genesi Adamo ci dice che uomini e donne sono diversi in relazione alla creazione:

·Diverse fonti di creazione.

·Diversi metodi di creazione.

·Diversi momenti della creazione.

·Diversi nomi dati alla creazione.

ii. Nonostante queste differenze fondamentali e radicate nella creazione tra uomo e donna, Dio chiama marito e moglie a unirsi ed essere uno, come una sola carne. Questo processo di cose non simili che vengono insieme è parte della grande opera di Dio nel matrimonio: l’opera di santificazione e l’opera di mettere insieme una buona squadra genitoriale.

iii. Il concetto del diverranno una sola carne include l’unione sessuale, ma va anche al di là. “Il matrimonio è dato non affinché due persone facciano una sola cosa insieme, ma affinché facciano ogni cosa insieme.” (Barclay) “Rimani incollato a lei.” (Trapp)

iv. “Il riferimento è, innanzitutto, all’unione carnale e fisica. Ma la carne, nel pensiero ebraico, rappresenta l’uomo nella sua interezza e perciò un’unità ideale del matrimonio che comprende l’intera sua natura. È un’unità tanto dell’anima quanto del corpo: un’unità di sostegno reciproco, di interesse, di scopo.” (Bruce)

v. I due diverranno una sola carne proibisce, inoltre, la poligamia e mostra che questa proibizione è stata l’intenzione di Dio fin dal principio. Pur essendo concessa sotto l’Antico Testamento, la poligamia non è mai stata il meglio voluto da Dio – e gli uomini avrebbero dovuto saperlo guardando Genesi 2:24.

d. Quello… che Dio ha unito insieme: Gesù ricordò anche ai farisei che il matrimonio è spiritualmente vincolante davanti a Dio. Il matrimonio non è soltanto un contratto sociale e, siccome Dio ha unito, si aspetta che l’uomo onori ciò che Egli ha unito e tenga insieme il matrimonio.

i. Unito insieme: “Sunezeuxen, insieme sotto il giogo, come i buoi con l’aratro, dove ciascuno deve tirare in egual misura, così da farlo avanzare. Tra gli antichi, quando le persone erano appena sposate, sui loro colli veniva posto un giogo o una catena sulle loro braccia, per mostrare che dovevano essere uno, strettamente uniti, e dovevano tirare insieme in egual misura in tutte le questioni della vita.” (Clarke)

ii. “Una sola carne esprime vividamente una visione del matrimonio come qualcosa di più profondo di un vantaggio umano o di una convenzione sociale… Considerare il divorzio come l’uomo che annulla la parola di Dio fa vedere l’intera questione da una punto di vista radicalmente diverso.” (France)

4. (7-9) La controversia mosaica: seconda risposta di Gesù

Essi gli dissero: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via?». Egli disse loro: «Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non era così. Or io vi dico che chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio».

a. Perché allora Mosè ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via: I farisei pensavano erroneamente che Dio avesse ordinato il divorzio dove era presente dell’impurità. Un detto rabbinico del tempo diceva: “Se un uomo ha una cattiva moglie, è suo dovere religioso ripudiarla”. Tuttavia, Gesù evidenziò la differenza tra “ha ordinato” e “ha permesso”. Dio non ordina mai il divorzio, ma lo permette.

i. I farisei credevano che Mosè stesse creando o appoggiando il divorzio. In realtà, lo stava regolamentando.

b. Per la durezza dei vostri cuori: Il divorzio non viene mai comandato, ma viene permesso da Dio in alcune circostanze e per la durezza del cuore umano. Era come se Gesù avesse detto: “Questo è l’ideale; e questa è la concessione di Dio quando l’iniquità e la durezza del cuore dell’uomo hanno reso l’ideale irraggiungibile”.

i. La durezza dei vostri cuori: “Il pensiero non riguarda tanto la crudeltà degli uomini verso le loro mogli, quanto la loro insensibilità alla mente e alla volontà di Dio.” (France)

ii. A volte il cuore della parte colpevole è duro, la quale non farà ciò che dev’essere fatto per portare riconciliazione nella relazione. A volte il cuore della parte offesa è duro, la quale rifiuterà di riconciliarsi e di passare oltre l’offesa pur essendoci contrizione e pentimento. Spesse volte la durezza del cuore è da entrambe le parti.

iii. “Il divorzio non va mai ritenuto come ordinato da Dio, un’opzione moralmente neutrale, ma come riprova del peccato, della durezza del cuore.” (Carson)

c. Eccetto in caso di fornicazione: Gesù interpretò il significato della parola vergognoso nella Legge Mosaica, indicando che si tratta di un riferimento alla fornicazione, non semplicemente a qualsiasi cosa che possa contrariare il marito. Pertanto, il divorzio – e la libertà di risposarsi senza commettere peccato – è solo concesso in caso di fornicazione.

i. La parola in greco antico per fornicazione è porneia. È una parola dal significato ampio, che include svariati comportamenti sessuali inappropriati. Ci si può macchiare di porneia anche senza aver consumato un vero atto di adulterio. “Bisogna ammettere che la parola porneia in sé è molto ampia… Porneia racchiude l’intera gamma di tali peccati… il cui significato non dovrebbe essere limitato se non richiesto dal contesto.” (Carson)

ii. A questa concessione di divorzio l’apostolo Paolo aggiunge il caso di abbandono da parte del coniuge non credente (1 Corinzi 7:15).

iii. Sottolineiamo che l’incompatibilità, il non amarsi più, la violenza e l’infelicità non sono motivi di divorzio, anche se possono essere delle valide ragioni di separazione e di un conseguente “celibato all’interno del matrimonio”, come indicato da Paolo in 1 Corinzi 7:11. Queste parole di Paolo ci mostrano che una coppia cristiana potrebbe, in effetti, separarsi per delle ragioni che però non giustificano un divorzio biblico. Potrebbe essere dovuto a un errato senso di spiritualità; potrebbe essere a causa di un’infelicità generale, conflitti, abusi, miseria, dipendenza o povertà. Paolo riconosce (senza incoraggiare affatto) che, sebbene ci si possa separare in tali circostanze, non ci si può considerare divorziati, aventi il diritto di risposarsi, dal momento che il matrimonio non si è rotto per ragioni che giustificano un divorzio biblico.

iv. Questi problemi, che sono seri, ma non hanno il permesso biblico di sfociare nel divorzio, possono giustificare una separazione, ma ci si aspetta che i coniugi onorino i loro voti matrimoniali anche in una condizione di separazione, dato che, dal punto di vista di Dio, sono ancora sposati – il loro patto matrimoniale non è stato infranto da ciò che Dio considera motivazioni bibliche.

d. E ne sposa un’altra, commette adulterio: La ragione per cui una persona che non passa per un divorzio legittimo commette adulterio risposandosi è perché non è divorziata agli occhi di Dio. Dal momento che il suo vecchio matrimonio non è mai stato sciolto per ragioni bibliche, quel matrimonio è ancora valido ed è in realtà colpevole di bigamia e adulterio.

i. “Non concorda né con Shammai né con Hillel; perché, sebbene la scuola di Shammai fosse più rigida di quella di Hillel, permetteva di risposarsi quando il divorzio non era secondo la sua stessa Halakah (regole di condotta).” (Carson)

ii. Questo insegnamento di Gesù ci mostra che il matrimonio, quale promessa fatta a Dio, al nostro coniuge e al mondo, è una promessa vincolante che non può essere infranta a nostra discrezione. Se Dio non riconosce che la promessa è stata spezzata, allora non lo è.

iii. Bisogna ammettere che questo è un insegnamento duro da parte di Gesù. Sono molte le ragioni che le persone danno per giustificare il divorzio che non soddisfano le due concessioni bibliche.

iv. Inoltre, sono molte anche le situazioni in cui avviene la separazione o il divorzio per ragioni che non soddisfano i requisiti biblici per il divorzio, ma col passare del tempo uno o entrambi i coniugi si attribuiscono tale concessione, risposandosi o avendo rapporti sessuali con qualcun altro.

v. Ci ricordiamo inoltre che l’Apostolo Paolo scrisse in 1 Corinzi 7:17: Ciascuno continui a vivere… come il Signore lo ha chiamato. Nel contesto, una delle idee di Paolo dietro questa affermazione era un avvertimento contro il cercare di annullare il passato per quanto riguarda le relazioni; Dio ci dice di ravvederci di qualsiasi peccato ci sia e di andare avanti. Se sei sposato con la tua seconda moglie, dopo aver divorziato in maniera illegittima dalla prima, e diventi cristiano, non pensare di dover ora lasciare la tua seconda moglie e ritornare dalla prima nel tentativo di annullare il passato. Come il Signore ti ha chiamato, continua oggi a camminare così.

5. (10-12) La domanda dei discepoli sul matrimonio e il celibato.

I suoi discepoli gli dissero: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla moglie, non conviene sposarsi». Ma egli disse loro: «Non tutti sono capaci di accettare questo parlare, ma è per coloro ai quali è stato dato. Poiché vi sono degli eunuchi, che sono nati così dal grembo della madre; vi sono degli eunuchi che sono stati fatti eunuchi dagli uomini, e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi da se stessi per il regno dei cieli. Chi è in grado di accettarlo, lo accetti».

a. Se questa è la condizione… non conviene sposarsi: I discepoli avevano compreso chiaramente l’insegnamento di Gesù sul matrimonio e sul divorzio. Avevano capito che si trattava di un impegno da non prendere frettolosamente o alla leggera e conclusero che, essendo il matrimonio così vincolante davanti a Dio, allora forse non conviene sposarsi.

i. “Non è male sposarsi, ma è bene essere prudenti; è bene guardare prima di saltare.” (Trapp)

b. Non tutti sono capaci di accettare questo parlare, ma è per coloro ai quali è stato dato: Gesù riconobbe che il celibato è un bene per alcuni, per coloro che sono capaci di accettare questo (come, ad esempio, Gesù stesso e l’Apostolo Paolo, 1 Corinzi 7:7-9).

i. “Se c’è qualcuno che può ricevere questo parlare, che può tenere a freno la propria concupiscenza senza sposarsi e quindi vivere in uno stato solitario e senza vincoli, in modo da non peccare contro Dio con eccessi di concupiscenza, desideri e affezioni impure, e che può desiderare, e si prodigherà, di essere più spirituale, di servire Dio con meno distrazioni e di essere uno strumento più adatto a promuovere il regno di Dio nel mondo, che lo faccia pure.” (Poole)

ii. “Ma questa non è la felicità di ogni uomo; e quando lo è, il vanto della verginità non è un peccato meno ripugnante dell’impurità, dice Agostino.” (Trapp)

c. Poiché vi sono degli eunuchi, che sono nati così: Il termine eunuco veniva usato in senso figurato per indicare coloro che si astenevano volontariamente dal matrimonio. Gesù presenta qui tre tipi di eunuchi.

·Coloro che sono nati senza la capacità di avere rapporti sessuali e sposarsi.

·Coloro che sono stati fatti tali dagli altri, privandoli della capacità di avere rapporti sessuali e di sposarsi.

·Coloro che scelgono di vivere senza sesso e senza matrimonio per il regno dei cieli.

i. Paolo disse che la persona che non si sposa a motivo della chiamata deve essere santa nel corpo e nello spirito (1 Corinzi 7:34). Pertanto, gli eunuchi per il regno dei cieli dovrebbero giungere alla pace con il loro celibato sia fisicamente che spiritualmente; il loro stato non dovrebbe trasformarsi per loro in un tormento in nessuno di questi due aspetti.

6. (13-15) Gesù benedice i piccoli fanciulli.

Allora gli furono presentati dei piccoli fanciulli perché imponesse loro le mani e pregasse; i discepoli però li sgridavano. Ma Gesù disse: «Lasciate i piccoli fanciulli venire a me, perché di tali è il regno dei cieli». E, dopo aver imposto loro le mani, partì di là.

a. Allora gli furono presentati dei piccoli fanciulli: È meraviglioso come, nel mezzo dell’insegnamento di Gesù sul matrimonio, i genitori abbiano portato i propri figli per essere benedetti. Ancora oggi i genitori dovrebbero portare i propri figli a Gesù; Egli vuole benedirli e accoglierli nel regno dei cieli.

i. “Era usanza ebraica portare un bambino agli anziani la sera del Giorno dell’Espiazione ‘per benedirlo e pregare per lui’ (Mishnah Sopherim 18:5).” (France)

ii. “Luca usa le parole, Luca 18:15, ta brefh, infanti, bambini molto piccoli.” (Clarke)

b. Lasciate i piccoli fanciulli venire a me: Questo ci mostra anche qualcosa di straordinario riguardo al carattere di Gesù. Egli era il genere d’uomo che piaceva ai bambini, i quali spesse volte sono dei giudici astuti del carattere.

c. Dopo aver imposto loro le mani: Così Gesù benediceva i bambini. L’imposizione delle mani viene usata biblicamente come mezzo per trasferire su un altro la benedizione (Atti 6:6, Atti 8:17, Atti 9:17, 1 Timoteo 5:22, 2 Timoteo 1:6).

i. “Non li battezzò, però li benedisse.” (Spurgeon)

B. Gesù insegna riguardo alle ricchezze e al seguire Lui.

1. (16-17) Un uomo chiede a Gesù come ottenere la vita eterna.

Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro buono, che devo fare di buono per avere la vita eterna?». Ed egli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non uno solo, cioè: Dio. Ora, se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti».

a. Che devo fare di buono per avere la vita eterna: Tale domanda è la dimostrazione che quest’uomo, come ogni persona per natura, era orientato verso il conseguimento della vita eterna. Voleva sapere quale opera buona o gesto nobile avrebbe potuto fare per avere la vita eterna.

i. Tutti e tre i vangeli (Matteo, Marco e Luca) ci dicono che era un uomo ricco. Matteo ci dice che era giovane (Matteo 19:22) e Luca che era un capo.

b. Perché mi chiami buono? Con queste parole Gesù non negava la propria bontà. Anzi, in realtà chiese all’uomo: “Capisci quello che dici quando mi chiami buono?

i. Era come se Gesù avesse detto: “Vieni da me a chiedermi ciò che devi fare di buono per ereditare la vita eterna. Ma che cosa sai veramente riguardo alla bontà?” “Il concetto è chiaro: o Gesù era buono, o l’uomo non avrebbe dovuto chiamarlo buono; tuttavia, non essendoci nessuno di buono se non Dio, Gesù, che è buono, deve essere Dio.” (Spurgeon)

c. Se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti: La risposta di Gesù alla domanda dell’uomo fu diretta. Se vuoi ottenere la vita eterna mediante le tue azioni, devi osservare i comandamenti – tutti e nella loro piena essenza.

i. “A colui che vuole essere salvato per le proprie opere Cristo impone di fare ciò che nessun vivente può fare, mostrandogli così il suo errore.” (Trapp)

2. (18-20) Gesù lo mette alla prova mediante gli aspetti della Legge Mosaica che hanno a che fare con i rapporti interpersonali.

Egli gli disse: «Quali?». Gesù allora disse: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre e ama il tuo prossimo come te stesso». Quel giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza; che mi manca ancora?».

a. Non uccidere: Gesù elencò all’uomo i comandamenti che, in primo luogo, hanno a che fare con i rapporti tra un uomo e l’altro. Rispondendo, il giovane affermò: “Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”, asserendo in questo modo di adempiere tutti i comandamenti di Dio riguardo al modo in cui dobbiamo trattare gli altri.

i. Entrambe le tavole della legge esamineranno ogni persona davanti a Dio. Non basta fare del bene nei confronti del proprio prossimo ed essere della gente per bene; dobbiamo comportarci rettamente davanti a Dio e dargli la gloria e l’onore che merita.

b. Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza: È lecito chiedersi se quest’uomo avesse davvero osservato questi comandamenti. È probabile che li avesse effettivamente osservati in un modo che lo rendeva giusto agli occhi degli uomini, nello stesso modo in cui Paolo poteva dire: “Quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile” in Filippesi 3:6. Ma certamente non li aveva osservati appieno e perfettamente come insegnato da Gesù nel Sermone sul Monte.

i. Marco 10:21 ci dice che, come conseguenza della risposta dell’uomo, Gesù lo amò. Gesù ebbe compassione dell’uomo, che era fuorviato al punto da pensare di potersi davvero giustificare davanti a Dio.

c. Che mi manca ancora? Questo basta a farci capire che il giovane non aveva osservato la legge in maniera perfetta, perché sapeva che c’era qualcosa che mancava nella sua vita e che lo portava a domandare: “Che mi manca ancora?” C’era ancora qualcosa che mancava nella sua vita, che rifletteva la parte mancante nella sua relazione con Dio.

i. “La vita esemplare più l’insoddisfazione significavano tanto… ‘Sono sulla strada giusta, secondo il tuo insegnamento; perché allora non raggiungo ciò che resta della vita vera e santa?’” (Bruce)

3. (21-22) Gesù lo mette alla prova mediante gli aspetti della Legge Mosaica che hanno a che fare con il rapporto dell’uomo con Dio.

Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma il giovane, udito questo parlare, se ne andò rattristato, perché aveva molte ricchezze.

a. Vendi ciò che hai, dallo ai poveri e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi: La chiamata ad abbandonare tutto e a seguire Gesù è una chiamata a mettere Dio al primo posto in ogni cosa. È la piena ubbidienza alla prima tavola della legge, che riguardava la relazione tra l’uomo e Dio.

i. Qui si possono fare due errori. Il primo è credere che ciò valga per tutti, quando invece Gesù non l’ha mai reso un comandamento generale per tutti coloro che Lo seguono, ma era inteso specificamente per questo giovane ricco, le cui ricchezze erano un chiaro ostacolo al suo discepolato. Anzi, molti ricchi possono fare maggiormente del bene nel mondo continuando a fare soldi e usando le proprie risorse per la gloria di Dio e per il bene degli altri. Il secondo errore è credere che ciò non valga per nessuno, quando è chiaro che oggi ci sono persone per le quali la cosa migliore che potrebbero fare per sé stesse spiritualmente è abbandonare radicalmente il materialismo che le sta rovinando.

ii. Eppure, notiamo che Gesù chiamò il giovane semplicemente ad essere Suo discepolo quando gli disse: “Seguimi”. Usò parole simili quando chiamò molti dei Suoi discepoli (Matteo 4:19; 8:22; 9:9; Marco 2:14). Gesù chiamò quest’uomo semplicemente ad essere un Suo seguace; per quest’uomo, però, ciò significava lasciarsi alle spalle le ricchezze a cui aveva rivolto il proprio cuore.

iii. “Non pensare, dunque, come molti fanno, che non ci sia altro inferno che la povertà, né un paradiso migliore dell’abbondanza.” (Trapp)

b. Se ne andò rattristato, perché aveva molte ricchezze: In questo il ricco interlocutore fallì completamente. Il denaro era il suo dio; era colpevole di idolatria. Questo è il motivo per cui Gesù, conoscendo il cuore del giovane, gli chiese di rinunciare a ciò che aveva.

i. “Voleva essere salvato per le opere; eppure, non voleva soddisfare appieno con le proprie opere i requisiti della legge. Non riusciva a intravedere lo spirito della seconda e della prima tavola della legge. Non amava il suo povero fratello come sé stesso; non amava Dio in Cristo Gesù con tutto il cuore e con tutta l’anima.” (Spurgeon)

ii. Il principio rimane: Dio può sfidare e richiedere a un individuo di rinunciare per amore del Suo regno a qualcosa che invece concede a qualcun altro. Ci sono molti che periscono perché non rinunciano a ciò a cui Dio dice loro di rinunciare.

iii. Rattristato, perché aveva molte ricchezze: “E cos’erano queste in confronto alla pace di coscienza e al riposo mentale? Oltretutto, aveva la prova inconfutabile che queste non contribuivano per niente al suo conforto, perché è tuttora miserabile, persino mentre le possiede! E lo sarà anche ogni anima che mette i beni terreni al posto del Dio supremo.” (Clarke)

4. (23-26) Le ricchezze come ostacolo al regno.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli. E ve lo ripeto: È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». All’udire ciò, i suoi discepoli, furono grandemente sbigottiti e dissero: «Chi, dunque, può essere salvato?». E Gesù fissando lo sguardo su di loro, disse: «Per gli uomini questo è impossibile, ma per Dio ogni cosa è possibile».

a. In verità vi dico: Non dobbiamo sminuire la forza delle parole di Gesù, né trascurare la loro applicazione nella nostra società benestante. Chi tra noi non sarebbe considerato più ricco di quanto non lo fosse questo giovano capo?

b. Un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli: Le ricchezze sono un problema, perché tendono a farci accontentare di questa vita, invece di farci bramare l’età a venire. In maniera simile, a volte la ricerca delle ricchezze va a discapito della ricerca di Dio.

i. L’illustrazione usata da Gesù – è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago – voleva essere in qualche modo umoristica. La consideriamo subito una cosa impossibile.

ii. “Il cammello, il più grande animale comune, che cerca di passare attraverso il più piccolo foro immaginabile.” (France)

iii. Uno dei problemi delle ricchezze è che incoraggiano uno spirito di falsa indipendenza, molto similmente alla chiesa di Laodicea: “Io sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla” (Apocalisse 3:17).

c. Furono grandemente sbigottiti: Il grande sbigottimento dei discepoli derivava dal fatto che le ricchezze venivano sempre considerate un segno della benedizione e del favore di Dio.

i. Probabilmente avevano sperato che seguire Gesù li avrebbe resi ricchi e influenti, dei leader di spicco nel Suo governo messianico. “In una cultura dove la ricchezza era ritenuta un segno della benedizione di Dio e dove perciò ci si aspettava che un insegnante religioso fosse almeno moderatamente ricco, lo stile di vita di Gesù e dei Suoi discepoli era nettamente diverso.” (France)

d. Per Dio ogni cosa è possibile: È possibile che un ricco sia salvato. La grazia di Dio è sufficiente per salvare l’uomo ricco; abbiamo gli esempi di persone come Zaccheo, Giuseppe di Arimatea e Barnaba. Questi erano tutti uomini ricchi che furono comunque in grado di mettere Dio al primo posto, non le proprie ricchezze.

i. “Gesù non stava dicendo che solo i poveri e nessun ricco entrano nel regno dei cieli. Ciò escluderebbe Abrahamo, Isacco e Giacobbe, per non parlare di Davide, Salomone e Giuseppe di Arimatea.” (Carson)

5. (27-30) La domanda secca di Pietro: Che ne avremo noi per averti seguito?

Allora Pietro gli rispose, dicendo: «Ecco, noi abbiamo abbandonato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?». Gesù disse loro: «In verità vi dico che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, anche voi che mi avete seguito sederete su dodici troni, per giudicare le dodici tribù d’Israele. E chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle, padre, madre, moglie, figli o campi per amore del mio nome, ne riceverà il centuplo ed erediterà la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi saranno primi».

a. Che ne avremo dunque? A differenza del giovane ricco, i discepoli avevano lasciato ogni cosa per seguire Gesù – perciò, quale sarebbe stata la loro ricompensa? Gesù parlava di un onore speciale per i discepoli: voi che mi avete seguito sederete su dodici troni, per giudicare le dodici tribù d’Israele. I discepoli avranno un ruolo speciale nel giudizio futuro, probabilmente inteso come un ruolo di amministrazione nel Regno millenario.

i. Similmente, gli apostoli ebbero l’onore di aiutare a gettare un fondamento unico per la chiesa (Efesini 2:20) e ricevono un tributo speciale nella Nuova Gerusalemme (Apocalisse 21:14).

ii. “Ciò che Pietro disse era vero, ma non fu proferito in modo saggio. Ha una connotazione egoistica e di avidità… Dopotutto, che cos’ha ognuno di noi da perdere per Gesù se paragonato a ciò che otteniamo con Lui?” (Spurgeon)

b. Chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle: Ma ci sarà un onore universale per tutti coloro che si sacrificano per amore di Gesù; tutto ciò a cui si è rinunciato per Lui ci sarà restituito cento volte tanto – insieme alla vita eterna.

i. Ovviamente, centuplo non è letterale in senso materiale; altrimenti, Gesù avrebbe promesso cento madri e cento mogli. Gesù farà di più che restituirci solo quello a cui abbiamo rinunciato per amor Suo, ma la restituzione può essere spirituale invece di materiale. Indubbiamente, centuplo è letteralmente vero in senso spirituale.

ii. Matthew Poole descrive alcuni dei modi in cui riceviamo il nostro centuplo:

·Gioia nello Spirito Santo, pace di coscienza, percezione dell’amore di Dio.

·Appagamento. Avranno uno stato d’animo soddisfatto.

·Dio susciterà il cuore di altri per soddisfare le loro esigenze, e questo sarà loro più dolce di quanto lo fosse la loro abbondanza.

·Dio a volte li ripaga in questa vita, così come ha fatto con Giobbe dopo la sua prova, donandogli ricchezze maggiori.

iii. Il principio rimane: Dio non sarà debitore di nessuno. Ci è impossibile dare a Dio più di quanto Lui ci restituisca.

c. Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi saranno primi: In precedenza, Gesù aveva promesso che coloro che si fossero sacrificati per amor Suo e del Suo regno sarebbero stati ricompensati. In seguito, disse però che avrebbero ricevuto la ricompensa in un modo diverso da quello che di solito ci si aspetta, perché tendenzialmente crediamo che i primi saranno primi e gli ultimi saranno ultimi. La parabola nel capitolo seguente illustrerà questo principio.

i. “Gesù stabilisce che ci saranno sorprese nella valutazione finale… È possibile che coloro che sono stati umili sulla terra saranno grandi nei cieli e che coloro che sono stati grandi in questo mondo saranno umiliati nel mondo a venire.” (Barclay)

ii. “Ricordate l’antica leggenda cattolica, che contiene una grande verità. C’era un fratello che predicava con molta forza e che aveva vinto molte anime per Cristo, a cui fu rivelato una notte, in sogno, che in cielo non avrebbe ricevuto nessuna ricompensa per tutto quello che aveva fatto. Lui chiese a chi sarebbe andata la ricompensa; l’angelo gli disse che sarebbe andata a un uomo anziano che soleva sedere sulle scale del pulpito e pregava per lui. Beh, magari sarà così, ma è più probabile che entrambi riceveranno lode dal loro Maestro. Non saremo ricompensati, tuttavia, semplicemente in relazione al nostro successo apparente.” (Spurgeon)

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